A che condizioni l’Ets2 può rappresentare non una nuova tassa ma uno strumento di redistribuzione

La transizione energetica è l’occasione per rafforzare la competitività, la sicurezza e l’autonomia energetica dell’Italia, ma occorre ripensare la fiscalità e i criteri di spartizione di oneri e parafiscalità dell’energia. Se in uno studio ad hoc su quanto viene tassata nel nostro Paese l’elettricità (troppo) e quanto i combustibili fossili (troppo poco), Ecco ha messo in luce un paradosso tutto italiano, in altri due studi il think tank per il clima mostra come l’Ets2 (Emission trading scheme 2) che entrerà in vigore nel 2027 possa rappresentare non un’ulteriore tassa che va a pesare sulle tasche dei contribuenti, ma uno strumento di redistribuzione e di sostegno ad ampie fasce della popolazione.
Nello studio dal titolo “Ets2 e costi dell’energia: qual è la convenienza per i consumatori?”, i ricercatori di Ecco illustrano innanzitutto le caratteristiche del sistema europeo di scambio delle emissioni che punta a ridurre le emissioni di settori chiave – trasporti, riscaldamento e Pmi – finora esclusi dal mercato del carbonio dell’Unione europea. In particolare, vengono evidenziati tre punti. Il primo: l’Ets2, nel periodo 2027-2032, metterà a disposizione in Europa una dotazione finanziaria compresa tra i 184 e 483 miliardi di euro per finanziare politiche per la decarbonizzazione. Questo, grazie ai proventi della vendita di quote di CO2, nell’ipotesi di un prezzo delle stesse rispettivamente di 45 e 100€/t. Secondo punto: alla dotazione indicata vanno aggiunti 65 miliardi riservati al finanziamento del Fondo sociale clima (Fsc). Terzo: per l’Italia le risorse rese disponibili da Ets2 sono stimabili tra 21 e 55 miliardi di euro, ai quali aggiungere 7 miliardi di euro del Fsc.
Si legge nello studio che l’impatto sui prezzi, nell’attuale contesto politico europeo, caratterizzato da una crescente opposizione alle politiche del Green deal, rende Ets2 uno strumento oggetto di critica. «Diverse sono le iniziative per modificare l’impianto del meccanismo o chiederne la sospensione. In realtà, la Direttiva stessa introduce misure per contenere l’impatto sui consumatori e gli Stati dispongono di numerose opzioni per applicare Ets2 senza impattare negativamente sulla spesa energetica delle famiglie e delle imprese». Di più; scrivono i ricercatori di Ecco: «L’impatto sui prezzi di Ets2 deve essere visto nel quadro complessivo dei costi fiscali, e degli oneri parafiscali e ambientali che gravano nel settore dell’energia. In quest’ ottica Ets2 interviene a bilanciare, in modo particolare in Italia, un divario impressionante di imposizione che grava sull’elettricità e in misura molto inferiore su gas, diesel e benzina. La penalizzazione del vettore elettrico, che paga Ets1 dal 2005, fa sì che una frazione significativa della maggiore efficienza delle tecnologie elettriche (auto elettriche e pompe di calore sono mediamente quattro volte più efficienti della combustione di fossili), sia assorbita da costi fiscali e parafiscali e non vada a beneficio del consumatore».
Nei casi esaminati dallo studio, il vettore elettrico paga un’imposizione fiscale e oneri tre volte superiore al gas naturale e circa due volte maggiore di diesel e benzina. «Nell’adozione di una pompa di calore, ad esempio, il 63% della maggiore efficienza viene sottratta al consumatore con un’incidenza di fisco e oneri stimati in 10,7 c€/KWh rispetto ai 3,4 c€/kWh del gas».
L’Ets2, concludono i ricercatori, può dunque offrire l’opportunità di rivedere e aggiornare la fiscalità e la distribuzione dei costi della parafiscalità su tutti i vettori energetici in maniera coerente con gli obiettivi della politica energetica e i vantaggi del consumatore. Ma questo può avvenire solo rispettando determinate condizioni, a cominciare dal fatto che i governi dell’Unione europea dovranno utilizzare il 100% dei ricavi della vendita delle quote di CO2 per finanziare politiche per favorire rinnovabili ed efficienza nei trasporti e nel civile, oltre a compensare gli eventuali aumenti dei costi per cittadini e imprese. «Questo permetterà di finanziare politiche redistributive, rendendo possibile anche ai meno abbienti l’accesso a tecnologie e usi energetici più efficienti, e quindi più economici», sottolineano i ricercatori di Ecco. Il meccanismo Ets2 genererà tra 183 e 483 miliardi di euro di risorse a livello europeo tra il 2027 e il 2032, di cui fino a 55 miliardi per l’Italia, vincolati ad essere usati per il sostegno a rinnovabili, efficienza ed elettrificazione, e al sostegno delle fasce più vulnerabili nella transizione. Il Fondo sociale clima (Fsc) sarà lo strumento chiave per garantire che nessuno resti indietro nella transizione, dato che l’esistenza di questo strumento dipende proprio dall’Ets2.
La questione viene ulteriormente approfondita nel secondo studio pubblicato dal think tank italiano per il clima, dal titolo “Verso una transizione sostenibile: il piano sociale clima”. In una ventina di pagine viene mostrato come le risorse raccolte attraverso Ets2, vadano ad alimentare il Fondo sociale per il clima rendendo possibili politiche dedicate ai cittadini e alle imprese più vulnerabili, rendendo sopportabili gli eventuali impatti nel costo energetico della transizione e accessibili le tecnologie green, favorendo inclusione, innovazione e crescita. «L’entrata in vigore dell’Ets2 e del suo Fondo sociale clima e i proventi che generano per lo Stato sono un’occasione per rivedere in modo organico la fiscalità sull’energia perché imprese e cittadini possano accedere alle tecnologie più pulite e più efficienti, riducendo la dipendenza dai combustibili fossili e i costi della bolletta».
Nel dettaglio, scrivono i ricercatori di Ecco, «i fornitori di carburanti fossili dovranno acquistare quote di emissione, generando un gettito stimato in Italia tra 21 e 55 miliardi di euro entro il 2032, a cui si aggiungeranno entrate fiscali indirette. Queste risorse sono vincolate. Infatti, devono finanziare politiche per la riduzione dei consumi fossili e per il sostengo di famiglie e imprese nella transizione. Parte dei fondi andrà al Fondo sociale clima (Fsc), con una dotazione per l’Italia pari a 9,3 miliardi di euro (2026-2032), di cui 7 direttamente stanziati dal fondo europeo».
La conclusione a cui giunge l’analisi è che l’Ets2 «non è una tassa ulteriore»: «Si tratta, al contrario, di uno strumento che restituisce integralmente ai cittadini il gettito raccolto, sotto forma di investimenti in efficienza energetica, rinnovabili e sostegno fiscale o finanziario. Il Fsc ha l’obiettivo di rendere la transizione più equa, permettendo anche alle famiglie vulnerabili e alle microimprese di accedere alle tecnologie pulite. I maggiori costi stimati per le famiglie vulnerabili (0,6-1,3 miliardi €/anno, con costo di quota CO2 di 45-100€/t) sono ampiamente compensati dalla dotazione annua del Fondo, pari a 1,55 miliardi €/anno. Tale dotazione può essere incrementata dagli Stati membri attraverso i maggiori proventi di Ets2 in caso di prezzi della quota più elevati».
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