Addio al tetto di 240.000 € per i dipendenti pubblici: la Corte Costituzionale cambia le regole

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La Corte Costituzionale ha abolito il tetto di 240.000 € per i dipendenti pubblici, una misura che punta all’equità. Cosa cambierà?
Con la sentenza n. 135 del 2025, pubblicata il 28 luglio 2025, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità del limite annuo rigido di 240.000 Euro per gli stipendi pubblici, introdotto nel 2014 come misura emergenziale. La sentenza ha sollevato un vivace dibattito sulla sostenibilità e sulla giustizia della remunerazione nella pubblica amministrazione.
Perché il tetto è stato sbloccato
La Consulta ha ritenuto che un limite uniforme, applicato indistintamente a tutte le cariche pubbliche, non rispetta i principi costituzionali di uguaglianza e proporzionalità, previsti dagli articoli 3 e 36 della Costituzione. La sentenza esorta il legislatore a riformare il sistema con regole che tutelino sia l’interesse pubblico sia la dignità retributiva dei dirigenti statali.
Quanto guadagna un pubblico dipendente nel 2025?
Un’analisi della Corte dei Conti mostra una spesa complessiva per i salari nella PA italiana di 201 miliardi di euro, con un aumento del 2,3% rispetto al 2024. La spesa crescerà ulteriormente nei prossimi anni: +2,4% (2026), +0,5% (2027), +1,7% (2028).
Retribuzione media lorda annuale (2023):
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PA complessiva: circa 39.890 €
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Funzioni centrali (ministeri, agenzie): 41.710 €
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Sanità: 43.883 €
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Settore autonomo: 52.469 €
Stima media dell’INPS 2025:
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PA generale: 34.153 € lordi annui (ca. 1.985 € netti/mese)
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Amministrazioni locali: 29.746 € lordi annui (ca. 1.809 € netti/mese)
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Scuola: 24.617 € lordi annui (ca. 1.591 € netti/mese)
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Sanità: 40.996 € lordi annui (ca. 2.141 € netti/mese).
Sblocco del tetto di 240.000 € per i dipendenti pubblici: cambieranno anche gli stipendi base?
L’abolizione del tetto di 240.000 € per i dipendenti pubblici riguarda solo le retribuzioni ai vertici. Tuttavia, la PA sta già sperimentando aumenti per i dipendenti in servizio, grazie a misure attuate nel 2025:
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Ministeri e agenzie delle entrate: fino a 480 € mensili in più tramite armonizzazione del salario accessorio.
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Incrementi contrattuali del +1,7% nell’anno, secondo l’ISTAT, sebbene inferiori alla crescita del privato (+3,9%) .
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Indennità di vacanza contrattuale (IVC) in vigore: +0,6% ad aprile e +1% a luglio 2025, tradotti in aumenti da 13 a oltre 90 € lordi in busta paga, a seconda della categoria e del comparto.
Per esempio:
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Scuola: dirigenti scolastici +36 €, collaboratori +13 €
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Sanità: dirigente medico +36 €, operatore sanitario +17 €
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Forze dell’ordine/Enti locali: aumenti variabili tra 15 € e 53 €.
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Enti locali (funzioni locali): indennità mensili aggiuntive fino a +36 € per dirigenti e fino a +15 € per operatori.
Addio al tetto di 240.000 € per i dipendenti pubblici: conta questo cambiamento?
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Ripristino dinamico: Il nuovo tetto sarà agganciato allo stipendio del Primo Presidente della Corte di Cassazione, rendendolo variabile e più equo.
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Nuove retribuzioni più giuste: La struttura rigida del passato penalizzava ruoli con maggior responsabilità e complessità.
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Recupero del potere d’acquisto: I salari reali sono arretrati rispetto all’inflazione: la PA registra ancora un -8% rispetto al 2021.
Obiettivo equità
L’eliminazione del tetto di 240.000 € per i dipendenti pubblici ridisegna la platea della discussione sugli assetti retributivi pubblici. Mentre i dirigenti potrebbero vedere la revisione dei loro emolumenti, la vera sfida resta il recupero economico per i dipendenti base: aumenti legati a rinnovi contrattuali e IVC segnano un’inversione di tendenza, ma il divario tra comparti e con il settore privato rimane significativo. Per garantire equità e funzionalità, è urgente costruire un modello retributivo trasparente, proporzionato e dinamico.
Leggi anche: Ferie dipendenti pubblici: come si calcolano i tre anni per l’incremento dei giorni?
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