PNRR e varianti, quando i ribassi di gara diventano leva finanziaria
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La recente sentenza del TAR Lazio, Sezione III bis, 16 ottobre 2025, n. 17793, riporta al centro del dibattito giuridico un tema cruciale per le stazioni appaltanti: la possibilità di utilizzare le economie derivanti dai ribassi d’asta per finanziare varianti in corso d’opera negli interventi PNRR.
Si tratta di una decisione di rilievo, che, pur collocandosi in un contesto speciale legato al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, offre spunti di riflessione di più ampia portata sull’equilibrio tra flessibilità progettuale, vincoli di finanza pubblica e principio di legalità contrattuale.
Il caso
La questione si innesta nel cuore della disciplina delle varianti, istituto da sempre oscillante fra la necessità di adeguare l’opera a eventi sopravvenuti e l’esigenza di evitare alterazioni arbitrarie dell’equilibrio contrattuale. Il caso esaminato dal TAR Lazio prende le mosse da un intervento di edilizia scolastica finanziato con fondi PNRR, nel quale un ente locale, a seguito dell’aumento improvviso dei costi dei materiali da costruzione, aveva dovuto stralciare parte delle opere per mantenere la compatibilità con il finanziamento assegnato. Successivamente, grazie alle economie derivanti dai ribassi di gara, lo stesso ente aveva tentato di reintrodurre le opere eliminate, predisponendo una variante progettuale e chiedendone l’autorizzazione ministeriale. Il Ministero dell’Istruzione, tuttavia, aveva negato il nulla osta, sostenendo che l’anomalo incremento dei costi non rientrasse tra gli eventi imprevedibili richiesti per la legittimità delle varianti.
Il parere del TAR
Il TAR Lazio ha ribaltato questa impostazione, riconoscendo che, in base al quadro normativo speciale introdotto dal D.L. 13/2023 e successivamente integrato dal D.L. 45/2025, l’aumento straordinario dei prezzi dei materiali costituisce a tutti gli effetti una circostanza imprevedibile, idonea a giustificare la modifica progettuale e l’utilizzo delle economie di gara. La decisione si fonda su un’interpretazione sistematica della normativa emergenziale che, al fine di salvaguardare la piena attuazione degli interventi PNRR, consente di reimpiegare i ribassi d’asta per coprire le varianti rese necessarie dal rincaro dei costi, purché riferite al medesimo intervento e funzionali alla sua realizzazione.
Sotto il profilo giuridico, la pronuncia valorizza la concatenazione normativa tra l’articolo 106, comma 1, lettera c) del previgente d.lgs. 50/2016 – norma cardine sulla modificazione dei contratti pubblici – e la disposizione interpretativa contenuta nel D.L. 36/2022, che ha incluso tra le circostanze impreviste e imprevedibili anche l’anomalo incremento del costo dei materiali. La successiva evoluzione legislativa, culminata con l’articolo 3-quater del D.L. 45/2025, ha poi esteso tale possibilità anche alle modifiche intervenute nella fase di sviluppo progettuale di appalti già aggiudicati, consolidando la logica di fondo: garantire la piena realizzazione delle opere PNRR, anche a costo di temperare rigidità formali del sistema delle varianti.
Le novità alla luce del nuovo Codice Appalti
Si tratta di una soluzione che, se da un lato appare coerente con l’esigenza di non disperdere i fondi europei per ragioni meramente contabili, dall’altro pone interrogativi non secondari sulla sua compatibilità con il diritto comune dei contratti pubblici, oggi ridisegnato dal d.lgs. 36/2023. Il nuovo Codice, infatti, abbandona la visione emergenziale e ricompone la materia delle varianti e delle revisioni economiche in un quadro di certezza e di distinzione funzionale. L’articolo 120 del d.lgs. 36 disciplina le modifiche contrattuali in corso d’esecuzione, riprendendo la logica dell’articolo 106 del vecchio codice ma depurandola da ogni ambiguità: tra le “circostanze imprevedibili” che possono legittimare una variante non figura l’incremento dei prezzi di mercato, che trova invece la propria sede fisiologica nelle clausole di revisione prezzi obbligatorie ex articolo 60.
Le motivazioni dei giudici
La scelta del legislatore è chiara: la variazione economica non è una “variante” ma una fattispecie distinta, governata da un meccanismo automatico di riequilibrio contrattuale, predeterminato e non discrezionale. In altre parole, laddove il rincaro dei materiali incida sul sinallagma economico, l’ente deve attivare la revisione prezzi, non introdurre varianti progettuali per compensare la perdita di capacità finanziaria. Solo eventi di natura tecnica, normativa o geologica – quelli elencati dall’articolo 120, comma 1, lettera c) – possono giustificare la modifica del progetto e, quindi, del contratto.
Ne consegue che la soluzione avallata dal TAR Lazio rimane confinata al regime speciale degli interventi PNRR, sorretto da una finalità pubblicistica eccezionale: l’attuazione tempestiva degli investimenti europei. La disciplina emergenziale, in tal senso, ha natura derogatoria e non esportabile nel diritto ordinario. Tuttavia, la decisione assume valore sistemico per un altro aspetto: riafferma la centralità della discrezionalità tecnica dell’amministrazione nella gestione dei fondi vincolati e, soprattutto, nella modulazione delle risposte organizzative agli shock di mercato.
Indicazioni operative per le stazioni appaltanti
Per le stazioni appaltanti, la lezione è duplice. Primo, nei progetti finanziati con risorse PNRR, la possibilità di finanziare varianti con i ribassi di gara sussiste solo se la modifica riguarda opere già previste e funzionali al medesimo intervento, non opere nuove o aggiuntive. In secondo luogo, nel regime del d.lgs. 36/2023, la gestione degli aumenti di costo non può più trovare soluzione nella leva delle varianti, ma solo attraverso la corretta applicazione delle clausole di revisione prezzi, che costituiscono presidio di equità contrattuale e strumento di salvaguardia dell’interesse pubblico alla continuità dell’esecuzione.
Dal punto di vista operativo, ciò implica un cambio di paradigma nella progettazione e nella conduzione degli appalti. La nuova impostazione del Codice dei contratti pubblici impone una pianificazione finanziaria più rigorosa, in cui la clausola di revisione prezzi diventa elemento sostanziale dell’equilibrio contrattuale, e non più un’appendice eventuale. I RUP e i dirigenti tecnici devono assicurarsi che i quadri economici contengano margini di flessibilità e che le varianti – quando legittime – siano circoscritte alle ipotesi tipizzate.
Una lezione di metodo
Il TAR Lazio, nella sua decisione, fornisce dunque una lezione di metodo: la legittimità amministrativa non si misura solo sulla coerenza formale, ma sulla capacità di leggere la norma alla luce della sua finalità. Laddove la finalità è assicurare l’attuazione di un intervento strategico per il Paese, la deroga può avere senso. Ma nel diritto ordinario, la tenuta del sistema richiede coerenza e prevedibilità. Il d.lgs. 36/2023, nel riportare la distinzione tra revisione e variante, restituisce certezza al rapporto contrattuale, separando le dinamiche economiche da quelle tecnico-progettuali.
In conclusione, la pronuncia del TAR Lazio rappresenta un episodio significativo di quel diritto amministrativo “di missione” che accompagna il PNRR, ma non ne riscrive le regole di fondo. Nei contratti pubblici ordinari, la coerenza sistemica impone che il rincaro dei materiali resti terreno della revisione prezzi, mentre la variante conservi la sua natura di strumento tecnico di adattamento funzionale. La sfida, per le stazioni appaltanti, sarà coniugare entrambe le logiche: la duttilità necessaria per non perdere le risorse PNRR e la disciplina giuridica indispensabile per non smarrire il principio di legalità contrattuale.
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