Come si muovono gli italiani? Lo descrive il Rapporto Isfort 2025

Dicembre 3, 2025 - 12:30
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Come si muovono gli italiani? Lo descrive il Rapporto Isfort 2025

Capire come evolve il modo di spostarsi di un Paese aiuta a comprenderne lo stato di salute e la sua sostenibilità economica e sociale: ecco la fotografia che il 22esimo Rapporto Isfort mostra dell’Italia

Facciamo qualche riflessione. Come ogni anno è stato presentato presso il Dipartimento di Ingegneria Informatica, Automatica e Gestionale (Diag) di Sapienza Università di Roma, il rapporto di Isfort sui dati per la mobilità degli italiani (qui ne trovate una sintesi).

Qui di seguito si riportano i dati principali dello studio di Audimob – Rapporto sulla mobilità degli italiani, redatto con il supporto scientifico di Agens e Asstra e con il sostegno della Fondazione Nazionale delle Comunicazioni.

Anche per quest’anno il rapporto evidenzia un leggerissimo aumento della mobilità sostenibile. Anche se spesso nella parola sostenibile confluiscono anche le auto elettriche che di sostenibile, specie in città, hanno veramente poco.

Il leggero aumento dell’1,3% è dovuto al recupero del trasporto pubblico e a una maggiore diffusione di biciclette e motociclette. Calano gli spostamenti in auto (bene) e a piedi (male).

Tuttavia l’auto rimane il mezzo preferito, o quanto meno dominante, per il trasporto privato che nel 1º semestre del 2025 è stato utilizzato per il 60,8%. E questo, come vedremo dopo, ha due motivi ben definiti: orografia e fascino dell’auto.

In sostanza, secondo i dati di Isfort, il trasporto in auto scende dal 63,1 al 60,8% e il trasporto a piedi passa dal 21,3 al 20,6%, mentre il trasporto pubblico passa dall’8,0 all’8,9% e il trasporto in bicicletta passa dal 4,1 al 5,2%.

Quest’ultimo è un dato importante che può essere letto, specie nelle grandi città, come il risultato degli investimenti di molte Amministrazioni comunali nel settore della mobilità leggera.

Anche se l’equazione non è così lineare, possiamo pensare che meno auto in movimento, strade più sicure, più infrastrutture dedicate, portino più persone a usare la bicicletta.

Come sempre in maniera impietosa, il grafico 4 evidenzia la bugia delle lunghezze degli spostamenti, quella cui fanno riferimento in molti quando si appellano alla distanza per non usare un mezzo diverso dalla vettura privata.

rapporto isfort 2025
fonte: Isfort

La verità è sotto gli occhi imparziali della statistica: il 32,8% degli spostamenti sono entro i 2 km, quelli che possono essere facilmente percorsi anche a piedi, mentre il 48,5% arriva al massimo a 10 km, quelli che con una bicicletta si percorrono in 30 minuti. Oltre i 10 km e fino ai 50 km, la percentuale crolla al 16%.

Si legge nel rapporto 2025: “Il peso prevalente, e in rafforzamento, della breve distanza è confermato dal dato di ripartizione tra mobilità urbana e mobilità extraurbana. Nel primo semestre del 2025 ben il 73,2% degli spostamenti si effettua nella scala urbana – 32,8%+48,5% = 81,3% entro i 10 km – ndr – , un valore in crescita dal 72,3% del 2024 e, ancora di più, dal 67,9% del 2023“.

Anche per quel che riguarda il motivo dello spostamento i dati sono interessanti, diciamo grossolanamente divisi in 3 settori quasi paritari: 33,6% per lavoro, 32,2% per gestione familiare, 28,8% per tempo libero.

Quel che salta all’occhio è la gestione familiare nella quale probabilmente convergono anche gli spostamenti per portare i bambini a scuola, in palestra, per andare a far la spesa e così via. Tutti quegli spostamenti in genere di piccolo raggio che influiscono in maniera pesante specie nelle grandi città sulla congestione del traffico.

Qualche altra considerazione: il rapporto Isfort rileva anche una minore disparità territoriale, che comunque rimane ampia, anche legata fortemente alla orografia del Paese (evidentemente non sono paragonabili gli spostamenti in grandi città con Tpl e metropolitane se confrontate con la mobilità di un paese negli Appennini), e un miglioramento della soddisfazione degli utenti verso i mezzi di trasporto.

Però deve essere chiaro che il fascino dell’auto (alimentato da concetti desueti come potenza, velocità… che, specie in città, dovrebbero essere banditi dal lessico comune) fatica a essere scalfito, nonostante spesso chi si muove in automobile in città, paga lo scotto delle code, del traffico lento e dello stress della ricerca del parcheggio.

Altro dato impressionante che emerge dal rapporto 2025 è che sul suolo italiano sono presenti 41,3 milioni di auto, usate come mezzo preferito e soprattutto abbastanza vecchie.

Su questo tema si potrebbe aprire un dibattito interessante perché se il vecchio incide sull’inquinamento locale e sulla assenza di dispositivi di sicurezza (che falsano totalmente la percezione delle velocità e delle capacità di chi guida), è anche vero che vecchio spesso risulta abbinato ad auto più leggere, che incidono meno su usura pneumatici e usura strade, generando una quantità inferiore di polveri sottili in sospensione.

Il tutto a vantaggio dell’inquinamento locale e dei polmoni dei cittadini. La cosa che colpisce abbastanza sono i costi, indicati sempre nel rapporto, sostenuti dalle famiglie italiane che si sono dovute sobbarcare una spesa di circa 334 euro a testa per l’auto, con un costo complessivo di 8,75 miliardi di euro al mese e di 105 miliardi l’anno.

Altro tema, parlando di mobilità statica riguarda quanto si muovano le auto.

È opportuno sottolineare che l’elevato possesso di autovetture non si traduce in un utilizzo proporzionato: le auto risultano ferme per il 93-95% della giornata. Tale dato conferma la necessità di promuovere politiche che incentivino l’ottimizzazione dell’uso dei veicoli incrementando i tassi di occupazione (car pooling o sharing)“.

Quindi, tutte queste vetture individuate dal rapporto Isfort, rimangono ferme per circa il 95% del tempo. Occupando in gran parte spazio pubblico, preteso gratis specie nelle grandi città, ridotte spesso a orribili parcheggi a cielo aperto.

Le auto elettriche continuano a essere poco diffuse. Soprattutto a causa del costo elevato, nonostante il mercato drogato da incentivi statali, che tra l’altro sono andati esauriti nell’ultima tornata in men che non si dica.

Rimane molto elevato il problema del trasporto pubblico locale che fatica a ripartire in maniera adeguata, anche alla causa della progressiva riduzione legata all’insufficienza degli investimenti economici.

Un altro dato che nel rapporto non è scritto, ma evidentemente pesa, è quello legato alla quantità di suolo consumato ogni anno per sostenere il trasporto privato, che costa al Paese oltre che milioni di euro, migliaia di chilometri quadrati di strade asfaltate e parcheggi, per arrivare in ogni luogo immaginabile, alimentato dal paradosso delle Opere di Compensazione chieste dai comuni interessati dal passaggio per esempio di una superstrada.

Anzichè chiedere una compensazione con altro verde per il verde perduto, molti chiedono rotonde e altre infrastrutture sul territorio già compromesso. Un cortocircuito spiegabile solo pescando nel bisogno di alimentare le scelte per mantenere inalterata una situazione che, seppur in leggera e lenta modifica, ogni giorno appare sempre meno sostenibile, per i costi, per l’inquinamento e per i morti sulle strade.

Da ultimo le zone a bassa velocità e la visione zero. Sul fronte sicurezza, cita il rapporto, “Le statistiche mettono in luce anche fattori di rischio specifici: velocità, distrazione e mancato uso dei dispositivi di protezione. In ambito urbano, l’80% delle vittime italiane sono pedoni, contro una media europea del 71%.

Gli anziani over 65 costituiscono il gruppo più vulnerabile: rappresentano il 65% dei pedoni deceduti, la quota più alta d’Europa. Anche tra gli automobilisti, l’incidenza degli anziani è superiore alla media Ue, segno di una fragilità demografica che amplifica il rischio stradale“.

Anche se sul fronte sicurezza, i dati non migliorano e il tasso di mortalità resta elevato con 51,4 vittime per milione di abitanti, superiore alla media europea (44,8); c’è però da rilevare l’ottimo risultato raggiunto dalla città di Bologna.

Il rapporto, infatti, così si esprime: “Nel panorama nazionale, l’esperienza più significativa è quella di Bologna, primo grande comune italiano a introdurre in modo organico il modello di città 30 km/h, dopo le sperimentazioni di Olbia, Cesena e di altri centri a livello di quartiere come Milano, Roma e Torino.

La campagna a favore del provvedimento, sostenuta da urbanisti e associazioni di mobilità dolce, ha alimentato un ampio dibattito politico e tecnico, promuovendo anche proposte di aggiornamento normativo sui controlli e sulla gestione della velocità urbana.

Bologna si candida così a modello per altre città – come Firenze e Bergamo – intenzionate a seguire la stessa strada in attesa di quadri regolativi nazionali ad hoc (modello Spagna e Grecia).

Le prime valutazioni confermano l’efficacia del traffic calming adottato: la riduzione delle velocità ha comportato un calo delle situazioni di pericolo, una maggiore fluidità del traffico e una diminuzione delle emissioni tra il 4 e il 17%, con benefici più marcati per ossidi d’azoto e polveri sottili.

I dati, rilevati tramite scatole nere installate sui veicoli, evidenziano anche una riduzione del 50% delle frenate brusche e del 31% delle accelerazioni anomale, mentre i tempi di percorrenza medi risultano pressoché invariati (meno di 30 secondi in più per tragitti di dieci minuti).

Secondo le stime, i risparmi complessivi in termini di costi sociali – tra collisioni, feriti e decessi evitati – superano i 150 milioni di euro in soli sei mesi di attuazione.

Nel complesso, l’esperienza delle zone 30 km/h combinata con altre misure di trasporto urbano può rappresentare un passo concreto verso la nuova regolazione stradale in senso sostenibile per tutti, in cui la prossimità e la moderazione della velocità diventano strumenti centrali per ridurre le disuguaglianze di accesso, migliorare la vivibilità e avvicinare la città all’obiettivo della Vision Zero“.

Crediti immagine: Depositphotos

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Marco FardelliMarco Fardelli architetto e designer, ogni anno percorre circa 3.500 km in bicicletta in città, in ogni stagione, per "razionalizzare la mobilità urbana cambiandone l'orientamento, i mezzi e i metodi di spostamento" | Facebook | CityBustoBike

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