Dipendenti pubblici: anche lo straordinario non autorizzato va pagato

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Lavoro straordinario per i dipendenti pubblici, una recente sentenza della Cassazione sostiene che va pagato anche nei casi in cui non risulti autorizzato: la decisione ruota attorno al concetto di “consenso implicito“.
Una recente ordinanza della Suprema Corte fa chiarezza sul diritto al compenso per le ore extra lavorate nei giorni festivi, anche in assenza di una formale autorizzazione. Al centro della decisione, il principio del consenso implicito e il rispetto delle esigenze della Pubblica Amministrazione.
Una tutela importante per i lavoratori del settore pubblico, che svolgono attività oltre l’orario ordinario in contesti organizzativi in cui la formalizzazione preventiva non sempre risulta possibile.
Dipendenti pubblici: anche lo straordinario non autorizzato va pagato
Con l’ordinanza n. 13661 del 21 maggio 2025, la Corte di Cassazione – Sezione Lavoro – ha ridefinito i confini giuridici della retribuzione per lavoro straordinario nel pubblico impiego, affrontando il tema dell’“arricchimento senza causa” da parte dell’amministrazione quando un dipendente presta servizio oltre l’orario ordinario.
La decisione della Suprema Corte segna un punto fermo nella giurisprudenza sul lavoro pubblico: il diritto al compenso per lo straordinario non può essere negato solo perché manca un atto formale, se l’amministrazione era a conoscenza delle prestazioni e non vi si è opposta.
Il principio guida: niente compensi per iniziativa personale, ma…
Secondo l’orientamento consolidato della giurisprudenza, la retribuzione per il lavoro straordinario presuppone una previa autorizzazione da parte del datore di lavoro pubblico. Tale autorizzazione – si legge – serve a garantire che le ore aggiuntive siano effettivamente necessarie e utili, in coerenza con le esigenze della struttura e sotto la supervisione di un dirigente.
Tuttavia, la Cassazione ha chiarito che il diritto al pagamento sussiste anche quando l’autorizzazione non risulta formalizzata per iscritto, purché il servizio avvenga con il consenso, anche tacito, dell’amministrazione. Non è dunque necessaria un’approvazione esplicita, se l’ente datore di lavoro è consapevole e non si oppone all’attività svolta fuori orario.
Straordinario nei festivi: il nodo del contenzioso
Il caso giunto all’attenzione della Corte riguardava una serie di prestazioni lavorative effettuate nei giorni festivi, per le quali era stata negata la remunerazione, in assenza di una specifica autorizzazione formale. Il Ministero competente aveva distinto, già in appello, tra straordinario feriale e straordinario festivo, sostenendo che solo il primo fosse da ritenersi autorizzato.
La Suprema Corte ha respinto questa impostazione, ritenendo che la distinzione non rappresenti una nuova eccezione processuale tardiva, ma un’articolazione legittima della difesa sui fatti. Dunque, si ritiene corretto che la Corte territoriale avesse affrontato la questione, esaminando separatamente le due tipologie di lavoro extra.
Il consenso implicito e l’irrilevanza dell’assenza di ordine scritto
Nel secondo e terzo motivo di ricorso, il lavoratore ha sostenuto che, poiché il servizio reso nei giorni festivi era considerato essenziale e obbligatorio, si dovesse ritenere implicita l’autorizzazione, senza ulteriori verifiche. La Cassazione ha escluso che tale deduzione possa valere come fatto non contestato, rientrando piuttosto tra le valutazioni istruttorie del giudice.
Ma è proprio sul terzo punto che la Corte ha accolto le argomentazioni del ricorrente: sebbene l’autorizzazione formale manchi, il fatto che i lavoratori abbiano svolto servizio nei festivi con la consapevolezza del datore di lavoro implica il consenso implicito. Di conseguenza, il compenso per quelle ore risulta dovuto, in applicazione di precedenti sentenze (Cass. n. 23506/2022 e n. 18063/2023), secondo cui la mancanza di opposizione da parte dell’ente è sufficiente a configurare l’autorizzazione necessaria alla remunerazione.
La sentenza cassata: ora il giudice dovrà rivalutare il caso
Alla luce di questi principi, la Cassazione ha annullato la decisione della Corte territoriale, chiedendo al giudice del rinvio di esaminare se il lavoro prestato nei giorni festivi rientri tra le tipologie di straordinario previste dal contratto collettivo di comparto (in particolare l’articolo 26 del CCNL del 16 febbraio 1999), e se sussistano quindi i presupposti per riconoscere le differenze retributive richieste.
Le ricadute sul ricorso incidentale del Ministero
La Corte ha infine dichiarato inammissibile il ricorso incidentale presentato dal Ministero, che contestava il pagamento dello straordinario feriale sulla base della sola annotazione nella “banca delle ore”, ritenendo tale registrazione insufficiente in assenza di un’autorizzazione formale o implicita. Il giudizio sulla legittimità di tale compenso resta subordinato alla verifica della concreta sussistenza di una previa approvazione, anche implicita, da parte del datore di lavoro.
Il testo della Sentenza
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