Dottorati industriali: la via italiana all’innovazione che connette università e impresa

Settembre 23, 2025 - 08:00
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Dottorati industriali: la via italiana all’innovazione che connette università e impresa

RICERCA E IMPRESA

Dottorati industriali: la via italiana all’innovazione che connette università e impresa



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Il modello italiano dei dottorati industriali si è evoluto in una proposta strutturata che mira a sfruttare pienamente il capitale umano formato dalle università, avvicinandolo all’industria. I dati dimostrano una crescita significativa del numero di borse finanziate e delle candidature, Le criticità che permangono sono legate alla scala – ancora ridotta – del fenomeno e alla (in)capacità del sistema industriale di utilizzare efficacemente queste competenze…

Pubblicato il 22 set 2025



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Interested multiethnic scientists gathering around 3-D printer and watching process of model production in laboratory.

Negli ultimi anni il modello italiano di dottorati industriali ha assunto un ruolo di rilievo nel panorama della formazione avanzata e della collaborazione tra mondo accademico e sistema produttivo. Sostenuto dal Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR), dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) e Confindustria, il programma mira a rafforzare le competenze specialistiche, accelerare l’innovazione tecnologica e migliorare l’occupabilità dei dottori di ricerca, allineandoli con le esigenze industriali del Paese.

Ma vediamo quali sono i dati ufficiali, i meccanismi operativi, i protagonisti, i casi di successo e il confronto con gli altri paesi europei.

Il modello italiano: i numeri di un successo

Il modello dei dottorati industriali si fonda su un cofinanziamento paritetico, in cui il CNR e le imprese coprono ciascuno il 50% dei costi. Il valore varia tra 29.000 e 36.000 euro per borsa triennale, comprensivo di tasse previdenziali, spese per esperienze all’estero e assicurazione.

Il ciclo XXXVII dei dottorati industriali ha visto il finanziamento di 38 borse, in aumento del 27% rispetto alle previsioni iniziali, evidenziando un interesse crescente da parte delle imprese e degli atenei.

Complessivamente le manifestazioni di interesse sono più che raddoppiate dal 2021, passando da 65 a 131, a conferma della validità del sistema.

La piattaforma digitale dottorati-imprese.mur.gov.it facilita l’incontro tra domanda e offerta, contribuendo a superare le barriere di un passato caratterizzato da un’adesione sporadica e frammentata.

Come funziona la collaborazione

La piattaforma “Dottorati Imprese” è un hub operativo che consente alle università di proporre programmi di dottorato e alle imprese di manifestare interesse per progetti di ricerca specifici, con procedure semplificate per la stipula di convenzioni triennali.

Il processo inizia con la presentazione non vincolante di manifestazioni d’interesse da parte delle aziende, che poi co-progettano con CNR e atenei il piano di ricerca. Le aziende individuano un proprio tutor che affianca il dottorando in azienda, mentre l’università garantisce la supervisione accademica.

Dal punto di vista finanziario, l’erogazione liberale sostenuta dalle imprese gode di deducibilità fiscale secondo l’art. 1, comma 353, della Legge 23 dicembre 2005, n. 266. I dottorandi possono essere selezionati anche tra i dipendenti dell’impresa, valorizzando così competenze interne e facilitando la costruzione di progetti a lungo termine.

I protagonisti del modello

Il CNR ricopre un ruolo di coordinamento scientifico e finanziario pubblico, partecipando con risorse proprie a fianco delle università e delle imprese.

Confindustria veicola l’interesse e la domanda delle imprese, snellendo i contatti con i centri accademici e promuovendo l’adesione di grandi, medie e piccole aziende.

Le università italiane – con Sapienza, Bologna e Bicocca protagoniste – presentano offerte di dottorato caratterizzate da elevati standard scientifici, valutate da commissioni dedicate.

Gli ambiti di ricerca coinvolgono comparti strategici, quali automotive, biotech, ICT e manifatturiero avanzato. Il riconoscimento copre discipline che coinvolgono sia scienze hard che applicazioni industriali, garantendo ampia trasversalità.

Case studies di successo

La connessione tra università e impresa si traduce in iniziative concrete che testimoniano l’efficacia del modello.

Leonardo sfrutta la digitalizzazione attraverso digital twins per la gestione del patrimonio culturale, combinando realtà virtuale e intelligenza artificiale.

Goppion sviluppa metodologie per la conservazione preventiva, in particolare con l’analisi di composti organici volatili per la protezione dei beni artistici.

HRCoffee applica intelligenza cognitiva agli ambienti di lavoro, ottimizzandone l’efficienza e la sicurezza.

Si tratta di esempi che evidenziano l’adozione di tecnologie avanzate, ma anche l’eterogeneità settoriale dei dottorati, che coinvolgono finanza, ICT e scienze della vita, settori trainanti della produttività italiana.

Il confronto internazionale

L’analisi comparata mostra come Germania, Francia e Regno Unito abbiano sviluppato modelli maturi di dottorati industriali.

La Germania si distingue per il sistema duale e le Fachhochschulen, con una forte integrazione aziendale nel percorso di dottorato individuale, in cui i candidati sono considerati lavoratori con contratti specifici, e la proprietà intellettuale tende a restare in capo all’impresa.

In Francia il programma CIFRE favorisce tesi svolte in convenzione d’azienda, con finanziamenti pubblici e selezioni gestite dall’azienda stessa, senza bando pubblico formale.

Il Regno Unito, con modelli più flessibili, prevede borse di ricerca finanziate da fondi pubblici e privati, oltre a dottorati professionali con forte orientamento al mercato. Rispetto ai partner europei, il sistema italiano si segnala per una selezione pubblica obbligatoria e per un minor numero di iscritti a livello nazionale, con una rete di collaborazione tra industria e università ancora da potenziare, nonostante il recente progresso (Rapporto CNR, Aspen Institute).

PNRR e rilancio: verso i 5.000 dottorati innovativi

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza rappresenta uno strumento fondamentale per il rilancio dei dottorati innovativi in Italia.

Con il decreto MUR 352/2022 e i successivi decreti ministeriali 117 e 118 del 2023 sono stati stanziati fondi per oltre 18.700 nuove borse di dottorato, di cui una quota significativa destinata ai dottorati industriali con cofinanziamento paritetico pubblico-privato (MUR).

L’obiettivo al 2030 è ambizioso: formare 500.000 tecnici specializzati capaci di affrontare le sfide tecnologiche e di innovazione del Paese, integrando la formazione universitaria con quella degli ITS Academy e del sistema educativo nazionale. Le sfide future includono la sostenibilità economica e il potenziamento della capacità del tessuto produttivo di assorbire queste competenze qualificate.

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