I fitness tracker e il mercato miliardario delle nuove ossessioni

Agosto 27, 2025 - 01:30
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I fitness tracker e il mercato miliardario delle nuove ossessioni

«Più lo si analizza, questo corpo moderno, più lo si esibisce, meno esso esiste. Di un altro corpo ho tenuto il diario quotidiano; del nostro compagno di viaggio, della nostra macchina per essere», scriveva Daniel Pennac nel libro “Storia di un corpo”. Nel volume lo scrittore ripercorre la storia della sua vita in un diario che parla del suo corpo, a partire dall’età di dodici anni, fino alla sua morte. Oggi il corpo non si racconta più in un diario, ma attraverso grafici e statistiche: i fitness tracker sono diventati la nuova memoria del nostro benessere.

Secondo i dati contenuti in un report di Fortune Business Insights il mercato dei fitness tracker nel 2024 aveva un valore stimato di 62,03 miliardi di dollari. Per il 2025 si stima che gli incassi cresceranno, raggiungendo i 72,08 miliardi, e che raggiungerà i 290,85 miliardi entro il 2032. 

Un americano su cinque utilizza regolarmente strumenti per monitorare i propri parametri, con aziende come Apple e Fitbit che dominano il mercato; in Giappone il crescente utilizzo di questi strumenti si registra soprattutto nella popolazione più anziana, che li usa per monitorare la frequenza cardiaca, analizzare la qualità del sonno o gestire malattie croniche. In Cina brand come Xiaomi o Huawei hanno lanciato prodotti funzionali ed economicamente accessibili, che dominano gli e-commerce; mentre in Europa si registra un aumento nell’utilizzo di gadget e app di fitness dovuto a un aumento di consapevolezza nel monitoraggio dei parametri di salute. In Inghilterra più di un quarto della popolazione adulta possiede un fitness tracker. 

Secondo il report questi strumenti sono diventati molto popolari soprattutto tra le generazioni più giovani. Non è un caso che la Gen Z sia considerata “la generazione più sana di sempre”, cioè quella che ha abbandonato il consumo di alcool, ma anche quella che si allena di più, quella che mangia meglio, che va più spesso dallo psicologo, che fuma meno tabacco – ma svapa di più –, ma anche quella che si preoccupa di più per la propria salute. 

Come dimostra una ricerca di mercato condotta dal World Economic Forum, già nel 2023 il sessantasei per cento delle persone della Gen Z utilizzava strumenti digitali come app per il benessere o fitness tracker per monitorare la propria salute, contro un quaranta per cento registrato nelle altre generazioni. Il ventiquattro per cento degli intervistati della Gen Z ha dichiarato di indossare fitness tracker e strumenti per il monitoraggio del sonno, il diciotto per cento di seguire un piano di allenamento online e il diciassette per cento di fare uso di app per monitorare la propria alimentazione. 

Quasi il doppio degli intervistati della Generazione Z rispetto agli intervistati di generazioni diverse ha dichiarato di fare uso di applicazioni per monitorare la propria salute generale. E lo ha fatto a qualsiasi condizione. Mentre baby boomer, boomer e millenial tendono a condividere questo tipo di informazioni solo con il proprio medico o con l’ospedale, le generazioni più giovani sarebbero meno preoccupate per la loro privacy, e disposte a condividere i propri dati personali ad assicuratori, cliniche e applicazioni, e lo farebbero soprattutto per ottenere degli sconti. 

Da una ricerca pubblicata su The Lancet è emerso che le persone che utilizzano dispositivi indossabili hanno fatto mediamente milleottocento passi in più al giorno, quaranta minuti in più di camminata al giorno e hanno aumentato l’attività fisica intensa di sei minuti al giorno.  

Grazie ad applicazioni e fitness tracker oggi possiamo controllare quasi ogni aspetto della nostra salute, ricevendo al bisogno notifiche che ci ricordano di bere più acqua, di dormire più a lungo, o di fare più passi per raggiungere il nostro obiettivo giornaliero. Così ogni giornata viene programmata in base a quelle numerose piccole salutari abitudini che ancora non lo sono. Ma i fitness tracker ci stanno mantenendo più in salute, o ci stanno solo rendendo più ossessionati? 

La discussione si è aperta su Reddit. «Se cammino senza il mio smartwatch mi sento male che i passi non siano stati registrati», scrive un utente. «Per questo motivo ho dovuto abbandonare il mio. Questo, il contare furiosamente la spesa calorica rispetto alle calorie che stavo mangiando, e assicurarmi che ogni allenamento fosse contato al minuto», scrive un altro, raccontando come l’utilizzo di questi dispositivi gli abbia causato molto stress. «Ma questo sono solo io – specifica –, sono sicuro che a molte persone piace». «Stiamo già perdendo le nostre capacità innate e intuitive di ascoltare il nostro corpo e ancora di più quando aumentiamo la nostra dipendenza da un dispositivo per farci dire come ci “sentiamo” – scrive qualcun altro, aggiungendosi alla conversazione –. Penso che inizialmente servano a un buon scopo, ma a lungo andare guardare e controllare costantemente per un lungo periodo di tempo disconnette una persona dal proprio corpo, più che tenerla in contatto». 

Utilizzare questi strumenti può contribuire a rendere le persone più preoccupate per la loro salute. Una ricerca pubblicata Journal of the American Heart Association ha dimostrato che le persone che utilizzano strumenti per monitorare la propria frequenza cardiaca sono tendenzialmente più ansiose rispetto alle persone che non li utilizzano. In un articolo pubblicato su National Geographic, Kate Miskevics – terapista matrimoniale e familiare, specializzata in ansia, DOC e disturbi alimentari – sottolinea che nonostante il monitoraggio di questi dati possa essere motivante per raggiungere i propri obiettivi, in alcuni casi può generare ossessioni malsane. 

Secondo la legge di Goodhart – formulata nel 1975 dall’economista inglese Charles Goodhart in riferimento alle dinamiche monetarie in Inghilterra – quando una metrica si trasforma in un obiettivo, allora smette di essere una buona metrica. Secondo questa teoria, applicabile anche nella vita quotidiana, il problema è che la misura scelta non sia più un indicatore, ma diventi un obiettivo in sé e per sé, diventano prioritaria rispetto agli obiettivi reali. 

Nel caso dell’utilizzo di fitness tracker e app per la salute questa teoria torna utile quando si guarda alla nascita di nuove patologie, come l’ortoressia – una preoccupazione patologica nei confronti del cibo salutare, visto come strumento per ottenere un benessere duraturo – e l’ortosomnia, un disturbo riscontrato nelle persone che si preoccupano costantemente di ottenere una qualità del sonno ottimale, ossessione causata dall’utilizzo di dati di monitoraggio del sonno. 

In un celebre articolo del 2010 pubblicato sul New York Times il giornalista Gary Wolf coniava il termine “the quantified self”, proponendo una riflessione sulla crescente necessità umana di monitorare costantemente i propri parametri. «Dietro il fascino del sé quantificato si cela l’ipotesi che molti dei nostri problemi derivino semplicemente dalla mancanza degli strumenti per capire chi siamo – scriveva –. La nostra memoria è scarsa; siamo soggetti a una serie di pregiudizi; riusciamo a concentrare la nostra attenzione solo su una o due cose alla volta. Non abbiamo un contapassi nei piedi, né un etilometro nei polmoni, né un misuratore di glucosio installato nelle vene. Ci mancano sia l’apparato fisico che quello mentale per fare il punto su noi stessi. Abbiamo bisogno dell’aiuto delle macchine».

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