I nuovi format della ristorazione

Novembre 18, 2025 - 09:30
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I nuovi format della ristorazione

È da tempo che sentiamo dire che la ristorazione sta cambiando, che i modelli di business stanno portando imprenditori e creativi verso nuove forme di ospitalità e quello che succede nel settore non può che trasformare questa sensazione in una vera e propria conferma. È un dato di fatto. Ogni giorno che passa vediamo nuovi menu, nuove formule, proposte estemporanee, edizioni limitate di piatti, panini, guarnizioni, quasi come se avere un menu che cambia stagionalmente non solo non avesse più senso ma sembrasse quasi retrogrado. Siamo passati oltre.

In molti casi siamo arrivati a preferire una forma di intrattenimento, con annessa spettacolarizzazione, che, occorre dirlo, non è mai appartenuta agli esercizi commerciali votati alla somministrazione. «Sembra che per convincere un potenziale cliente a sceglierci la proposta base del locale non sia più sufficiente». «Siamo nati come pizzeria, però da domani abbiamo un menu speciale per kebab e falafel», oppure capita di leggere «Da domani, per una settimana trovi lo sfogliato speciale by Tizio Caio, oltre alla nostra classica proposta».

La classica proposta, ovvero ciò che dovrebbe costituire la colonna portante del business, non è più appealing. Resta forse la referenza più venduta ma non è per quello che l’utente sceglie quel determinato indirizzo. Ristoranti che diventano vegetariani per un giorno, cocktail bar che diventano chioschi tropicali per una sera, piccoli indirizzi di street food dove dall’oggi al domani un hamburger può diventare un tacos così come un onigiri.

La parola collaborazione, meglio ancora collab, è entrata a tutti gli effetti a far parte del lessico della comunicazione gastronomica, quasi come se senza questa non avesse realmente senso esserci. Prendiamo il caso di Fame Club, un progetto nato da cinque amici con un passato connesso al mondo della musica, del digital e della cultura visuale in senso ampio. Marco De Crescenzio, uno dei co-founder de Il Milanese Imbruttito, si è unito con Pietro Sgaramella, Claudia Valente, Alessandro Nicoletti e Michele Stanca per creare serate-evento dove musica e ristorazione si fondono insieme. Ogni occasione è quindi un richiamo verso la community di amici, operatori di settore, food lovers che li segue e li supporta, per rendere un momento oggi normalizzato come un aperitivo, una colazione o un brunch, un’occasione più sociale, divertente, condivisa. In pieno stile happening.

Locali, ristoranti, birrerie, chioschi, cocktail bar, un format che si presta particolarmente qualora applicato ai nuovi modelli di imprenditoria che abbiamo visto svilupparsi in città negli ultimi anni. «Fame Club è un’intuizione semplice, ma dirompente: il dj non è più un protagonista distante, relegato dietro una console. Al contrario, si siede al tavolo con gli ospiti, condividendo il cibo, le conversazioni e le emozioni. La selezione musicale è studiata per seguire i ritmi della convivialità: accompagna ogni fase del pasto, dalla colazione alla cena. Questo modello rompe le barriere tradizionali, creando un ambiente intimo e interattivo, dove dj e pubblico diventano parte di un’unica esperienza condivisa» ci hanno raccontato i ragazzi.

C’è un altro esempio a Milano che fa al caso nostro e che si nasconde dietro un nome goloso come Liquirizia Studio. Giulia Casali, Roberta Guerini ed Elena Straccamore hanno fondato la loro agenzia ormai due anni fa con l’intento di presentarsi sul mercato come ufficio stampa e pr per il settore enogastronomico. Quello che consapevolmente – ma forse non sempre – si sono ritrovate a fare con frequenza ed efficacia è sviluppare una modalità partecipativa e interattiva del rapportarsi con i loro clienti e un pubblico potenziale. Le liquerizie, come ci piace chiamarle tra gli addetti ai lavori, esplorano le possibili collaborazioni tra prodotti e produttori, tra artigiani e territorio, costruendo serate che mettono al centro ingredienti, visioni concrete e qualità. Una modalità conviviale, un’atmosfera informale dove a fare la forza è l’unione di una collettività anziché il focus sul singolo nome. Una bella scossa per le agenzie tradizionali.

Guardando il fenomeno dal punto di vista degli esercizi commerciali c’è chi, grazie ad un reparto comunicazione interno e a una buona esperienza nel mondo degli eventi, è riuscito a realizzare format ormai riconoscibili e di successo. Pensiamo a PANI.CO, coniato dal team di Davide Longoni per gli spazi del laboratorio di via Tertulliano, a Milano. L’evento vede protagonista della serata uno chef (chiaramente noto e possibilmente in trend con il momento storico), prestato alla farcitura di panini o focacce, piuttosto che nella presentazione di un paio di piatti (più o meno riconoscibili). Il tutto viene irrorato con vino, fermentati analcolici e ottimi dj set.

Il cocktail bar Norah Was Drunk, che segna uno dei confini più remoti del bere bene nell’area metropolitana, ha lanciato Martini e Tramezzini. L’appuntamento si svolge l’ultima domenica del mese e chiama a raccolta i Martinisti, ovvero i bevitori appassionati di questo drink senza tempo e piuttosto forte in gradazione, accompagnando il tutto con fantasiosi tramezzini.

Tutti i locali più raccontati del momento tendono a unirsi ad altre realtà più o meno affini per creare eventi spot, condividersi utenza e communities, trasformare semplici giorni infrasettimanali in momenti di intrattenimento (per l’appunto) e happening socio-culturale. Pensiamo a realtà come Bar Paradiso che ha appena ospitato Jacopo Ticchi e la sua richiestissima trattoria Da Lucio. Gloria, l’eclettico ristorante di Big Mama Group davanti al Piccolo Teatro Strehler, che ha realizzato una serata con Savatore Giugliano, chef e titolare insieme a padre e alla famiglia di Mimì alla Ferrovia, istituzione napoletana della cucina di tradizione.

https://www.instagram.com/p/DQt8p5bjCud/

Totost, lo street concept firmato Ostreria Fratelli Pavesi + Davide Longoni, ha invitato amici ristoratori a farcire i propri toast invadendo via Bonvesin della Riva di nerd della gastronomia e mangiatori seriali.

L’Altro Tramezzino, il concept verticale sul tramezzino contemporaneo ideato da Marta Matilde Favilli, ha all’attivo un portfolio di serate con brand differenti, dallo Champagne all’iconica affettatrice Berkel, con la chef Chiara Panozzo, il ristorante milanese Onda, l’insegna ligure Balin e tanti altri. In primavera, il maestro della pizza Salvatore Salvo ha invitato grandi chef del territorio quali Fabrizio Mellino, Peppe Guida, Nino di Costanzo e il siciliano Corrado Assenza a confrontarsi con bartender da tutta Italia, in occasione di serate a quattro mani dedicate al pairing con cocktail e distillati. Per chi ci legge da Roma, la storica Salumeria Malinconico di Napoli il 15 novembre sarà da Santo Palato, a Roma. Che invidia per chi potrà esserci!

Gli esempi sono infiniti. Non vi sono limiti o confini alla creatività sottesa a questo genere di collaborazioni. Una nuova modalità di vivere la tavola, il cibo e la socialità contagiosa a esso connessa. Quanto è importante ciò che si mangia rispetto a ciò che ci interessa fotografare, filmare, mostrare e condividere? Mai quanto dovrebbe esserlo. Un confine sempre più sottile ormai, che sta trovando terreno fertile e un volano di comunicazione molto potente tra le generazioni più iPhone-addicted. Chi sopravviverà? Una cosa è certa: noi come redazione continueremo a documentare il fenomeno.

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