La mortalità del lupo in Italia: tra il 2019 e il 2023 rinvenuti 1.639 esemplari senza vita

Novembre 27, 2025 - 21:28
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La mortalità del lupo in Italia: tra il 2019 e il 2023 rinvenuti 1.639 esemplari senza vita

Un trend in aumento, un numero impensabile, una percentuale altissima di cause riconducibili all’uomo. Stiamo parlando della mortalità del lupo in Italia. Nei cinque anni compresi tra il 2019 e il 2023, nel nostro Paese sono stati rinvenuti 1.639 lupi morti, un numero che racconta in modo inequivocabile, e per la prima volta, la portata minima e reale del fenomeno su scala nazionale e che mostra un andamento in costante crescita: si passa dai 210 casi registrati nel 2019 ai 449 del 2023, più di un lupo morto ogni giorno. Alla questione è dedicata la relazione “La mortalità del lupo in Italia 2019-2023”, pubblicata oggi dall’Associazione Io non ho paura del lupo Aps dopo un esteso lavoro di raccolta dati svolto in un anno e mezzo di lavoro con oltre 60 richieste di accesso civico generalizzato inviate a Regioni, Province autonome, Asl, Istituti zooprofilattici, Isprae altri enti.

La relazione, ricca di dati, tabelle e focus regione per regione, ricostruisce per la prima volta un quadro complessivo minimo, della mortalità del lupo a scala nazionale, basato sui rinvenimenti registrati dalle istituzioni competenti.

Le cause di morte sono state suddivise in quattro categorie principali: le cause indirettamente riconducibili all’uomo, che comprendono gli investimenti stradali e ferroviari, risultano di gran lunga le più frequenti e rappresentano circa il 60% soltanto dei casi noti. Seguono le cause indeterminate, che costituiscono il 19% delle registrazioni, una quota che rivela la difficoltà di individuare e accertare le condizioni del decesso. Il bracconaggio, indicato come causa direttamente riconducibile all’uomo, incide per circa il 12% dei casi, mentre le morti naturali risultano essere una minoranza.

Secondo Daniele Ecotti, presidente di Io non ho paura del lupo Aps, «oltre il 70% delle morti note è riconducibile ad attività umane. Ma ciò che preoccupa di più è la possibilità che questa sia solo una sottostima reale del fenomeno, in particolare per gli atti di bracconaggio e per le cause naturali, entrambe difficili da rilevare».

Piemonte, Abruzzo ed Emilia-Romagna sono le regioni che riportano il maggior numero di lupi rinvenuti morti, con valori che oscillano fra 266 e 280 casi nel quinquennio analizzato. Anche Marche, Toscana e Umbria presentano numeri elevati.

In altre parti d’Italia, invece, il dato precipita: nella maggior parte delle regioni il numero di lupi recuperati non supera i 60 casi totali in cinque anni. Questa discontinuità non riflette soltanto le differenze ecologiche o demografiche della popolazione lupina, ma evidenzia soprattutto un problema strutturale. Alcune regioni confinanti, che condividono ecosistemi, presenza della specie e dinamiche di espansione, mostrano scarti enormi nei numeri, difficilmente giustificabili se non attraverso la lente di una raccolta dati incompleta, frammentaria o gestita con criteri diversi.

Questa asimmetria territoriale è uno degli elementi più critici emersi dallo studio dell’associazione: indica che, in Italia, conoscere quanti lupi muoiono dipende ancora troppo da chi raccoglie i dati, da quali enti sono coinvolti e da quanto efficiente sia la filiera di recupero e registrazione delle carcasse. Una specie che attraversa quotidianamente i confini amministrativi si trova così monitorata in modo incoerente, con ripercussioni evidenti sulla possibilità di comprenderne davvero lo stato di conservazione.

Il confronto tra i diversi dataset inviati dagli enti pubblici all’associazione, mostra una forte disomogeneità nelle modalità di registrazione: spesso mancano informazioni essenziali, come sesso, età, località precisa o causa di morte. In alcuni casi, per lo stesso evento, vengono indicate informazioni discordanti. È emerso inoltre nel corso dell’indagine, spiegano gli autori, che la maggior parte degli enti non detiene un archivio completo dei dati di propria competenza. La relazione conclude quindi che in Italia oggi esistono profonde carenze su scala regionale nel rinvenimento di lupi morti e che non esiste oggi un sistema unico, standardizzato e completo per la registrazione della mortalità del lupo.

Per Ecotti, questa è una delle questioni più urgenti da affrontare: «Senza dati affidabili su consistenza, mortalità e distribuzione, ogni decisione gestionale rischia di essere arbitraria. Oggi discutiamo di abbattimenti e deroghe, ma non abbiamo ancora un sistema nazionale che raccolga e verifichi in modo uniforme i dati più elementari. È un paradosso che l’Italia deve affrontare con urgenza».

Il monitoraggio del lupo non è un semplice esercizio statistico, ma rappresenta il fondamento per comprendere l’evoluzione di una popolazione in continuo cambiamento. Solo integrando le informazioni relative a consistenza numerica, distribuzione geografica, mortalità e relative cause dei decessi è possibile definire strategie di gestione realmente efficaci, trasparenti e coerenti con gli obblighi di conservazione previsti dalle normative nazionali e internazionali.

Spiegano gli autori dell’indagine che la relazione realizzata da Io non ho paura del lupo Aps e trasmessa oggi anche a tutti gli enti interessati, incluso il ministero dell'Ambiente e della sicurezza energetica, rappresenta un primo passo verso una maggiore standardizzazione nazionale nella raccolta dei dati.

L’associazione sottolinea la necessità di adottare procedure uniformi in tutte le regioni, creare un database centralizzato e pubblico, migliorare la trasparenza nella gestione delle informazioni e rafforzare il coordinamento scientifico. «Il monitoraggio - ribadisce Ecotti - è la base per qualsiasi politica pubblica responsabile. Senza dati, non esiste gestione. Questa relazione vuole colmare un vuoto e allo stesso tempo dimostrare quanto lavoro ci sia ancora da fare».

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