Il Consiglio di Stato obbliga le strutture ricettive al riconoscimento diretto degli ospiti
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Con una decisione destinata a incidere profondamente sul settore dell’ospitalità, il Consiglio di Stato ha annullato la sentenza con cui, lo scorso maggio, il TAR del Lazio aveva bloccato la circolare del Ministero dell’Interno relativa all’identificazione diretta degli ospiti nelle strutture ricettive.
La pronuncia del 21 novembre 2025 chiude definitivamente il contenzioso e riafferma la piena validità dell’obbligo di riconoscimento “de visu” previsto dall’articolo 109 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS).
Il contesto della vicenda
La controversia trae origine dalla circolare del 18 novembre 2024, firmata dal Capo della Polizia. Il documento, emanato in un momento caratterizzato da un forte incremento dei flussi turistici e da una grande attenzione alla sicurezza pubblica – complice la molteplicità di eventi politici, culturali e religiosi programmati in Italia, Giubileo compreso – richiamava tutti i gestori di strutture ricettive all’obbligo di verificare di persona l’identità degli ospiti.
Secondo il Viminale, la crescente diffusione delle cosiddette locazioni brevi, spesso gestite tramite piattaforme digitali, aveva favorito pratiche di check-in automatizzato e a distanza. Sistemi considerati non compatibili con la normativa vigente, soprattutto alla luce delle potenziali criticità sul fronte del controllo del territorio e della prevenzione di attività illegali. Per questo, la circolare ribadiva che ogni gestore dovesse confrontare direttamente il volto della persona che accede all’alloggio con il documento presentato, per poi trasmetterne i dati alla Questura nei modi stabiliti dal decreto ministeriale del 2021.
Il ricorso delle associazioni del settore extralberghiero
La Federazione Associazioni Ricettività Extralberghiera (FARE), che rappresenta dal 2021 un ampio segmento del turismo non alberghiero, aveva impugnato il provvedimento davanti al TAR del Lazio. Secondo l’associazione, la circolare avrebbe introdotto un obbligo non previsto dalla legge, imponendo ai gestori un compito assimilabile a una vera e propria identificazione formale delle persone ospitate. Un’attività che, a loro dire, non rientrerebbe nelle responsabilità degli operatori turistici.
FARE sosteneva inoltre che la disposizione fosse in contrasto con l’evoluzione normativa degli ultimi anni, in particolare con le modifiche introdotte nel 2011 – che avevano alleggerito gli adempimenti amministrativi – e con la normativa europea più recente. Un altro punto critico riguardava la presunta disparità di trattamento rispetto ad altri settori, come quello del noleggio auto, dove è ammessa l’identificazione preliminare.
Secondo la Federazione, l’obbligo di verifica diretta avrebbe inoltre penalizzato pesantemente il mondo delle locazioni brevi, riducendone la competitività a vantaggio dell’hotellerie tradizionale. L’associazione parlava persino di un possibile “collasso del mercato”, soprattutto per chi gestisce appartamenti senza reception fisica.
Il TAR e il primo ribaltamento
Nel maggio 2025 il TAR del Lazio aveva accolto il ricorso, dichiarando illegittima la circolare. I giudici avevano ritenuto che il documento ministeriale eccedesse i limiti di un atto puramente interpretativo, finendo per introdurre un onere aggiuntivo non esplicitamente previsto dalla normativa. A loro avviso, la reintroduzione di un obbligo rigido di identificazione faceto-face sarebbe stata sproporzionata rispetto agli obiettivi di sicurezza.
La decisione del Consiglio di Stato
La sentenza del Consiglio di Stato ribalta completamente quella pronuncia. Secondo i giudici, l’obbligo di verificare l’identità delle persone ospitate non è affatto una novità, ma costituisce un elemento strutturale del sistema di sicurezza pubblica sin dal 1931, anno di introduzione del TULPS. L’evoluzione normativa intervenuta negli anni – dalla scheda di dichiarazione degli alloggiati ai sistemi informatici attuali – non avrebbe mai eliminato la necessità del riconoscimento diretto da parte del gestore.
La circolare contestata, quindi, non introdurrebbe alcun nuovo adempimento, ma si limiterebbe a ribadire ciò che la legge già prevede. Per questo, il Consiglio di Stato la definisce un atto meramente interpretativo, destinato agli organi periferici del Ministero e privo di effetti immediatamente lesivi per i privati. Proprio questa natura sarebbe sufficiente, secondo i giudici, a rendere il ricorso originario inammissibile.
La sentenza chiarisce inoltre che la ratio dell’intero impianto normativo è la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica. Tale finalità, spiegano i giudici richiamando anche precedenti della Corte costituzionale, giustifica pienamente l’obbligo di identificazione degli ospiti, attività che consente alle forze dell’ordine di avere in tempi brevi una mappatura affidabile delle presenze sul territorio.
Le conseguenze per gli operatori
Con questa decisione, l’obbligo di riconoscimento diretto torna pienamente operativo e vincolante per tutti i gestori: hotel, B&B, affittacamere e anche chi offre locazioni brevi. Le pratiche di check-in da remoto, sempre più diffuse negli ultimi anni, non potranno quindi sostituire l’incontro fisico tra gestore – o un suo delegato – e ospite.
Il settore extralberghiero, che aveva puntato molto sulla digitalizzazione delle procedure, dovrà ora rivedere prassi consolidate. Resta da capire come verranno adattati i modelli organizzativi delle locazioni brevi, soprattutto nei casi in cui l’host non risieda vicino all’alloggio o gestisca numerose unità immobiliari.
Una sentenza che farà discutere
La decisione del Consiglio di Stato chiude una lunga disputa amministrativa, ma potrebbe aprire un nuovo fronte di dibattito tra operatori del turismo, amministrazioni locali e associazioni di categoria. Da un lato c’è chi vede nel riconoscimento diretto uno strumento essenziale per la sicurezza; dall’altro chi teme un freno alla modernizzazione e alla competitività di un settore in continua espansione.
Quel che è certo è che, con questa pronuncia, il quadro normativo torna a essere chiaro: chiunque offra ospitalità, in qualsiasi forma, deve accertare personalmente che l’ospite che varca la porta dell’alloggio sia effettivamente la persona indicata nel documento fornito.
La sentenza del Consiglio di Stato obbliga le strutture ricettive al riconoscimento diretto degli ospiti
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