L’Italia è muta contro chi non rispetta i diritti e le libertà fondamentali in Europa

Ottobre 30, 2025 - 02:30
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L’Italia è muta contro chi non rispetta i diritti e le libertà fondamentali in Europa

Il recente incontro a Roma tra Giorgia Meloni e Viktor Orbán non può essere interpretato come una semplice visita di cortesia tra due leader alleati: fotografa una fase delicata e potenzialmente destabilizzante per l’Europa, in cui le fragilità democratiche e la tutela dei diritti civili rischiano di essere strumentalizzate per interessi politici e strategici divergenti. Orbán, da anni protagonista di un consolidato processo di erosione delle libertà fondamentali in Ungheria, ha ribadito la sua visione antieuropeista: «L’Unione europea non conta nulla». Contestualmente ha annunciato la volontà di influenzare la politica estera statunitense affinché vengano revocate le sanzioni alla Russia. Queste affermazioni non sono semplici opinioni contrastanti, ma parte di una strategia sistematica che mira a destabilizzare dall’interno l’architettura comunitaria, minando la coesione politica dell’Unione europea in un contesto internazionale già segnato da conflitti e tensioni geopolitiche.

Il silenzio sui diritti civili durante l’incontro è altrettanto eloquente. In Ungheria, la libertà di stampa è fortemente limitata, con media indipendenti che affrontano restrizioni e pressioni economiche; la magistratura ha perso progressivamente autonomia, con nomine politiche che minano l’indipendenza giudiziaria; le minoranze, comprese quelle Lgbt+, subiscono discriminazioni legali e culturali; l’accesso alla giustizia è sempre più selettivo e condizionato da criteri politici. Il fatto che tali questioni non siano state minimamente affrontate dimostra come la diplomazia italiana abbia scelto prudenza tattica al posto della fermezza sui principi fondamentali. In un’Europa che si fonda sulla protezione dei diritti e sulla democrazia, il mancato richiamo a norme e principi condivisi rappresenta un chiaro segnale di subordinazione dei valori civili a interessi politici contingenti.

Le ambiguità emergono ancora più chiaramente se confrontate con le dichiarazioni di Antonio Tajani, secondo cui le posizioni italiane sarebbero “diverse” da quelle ungheresi, mentre la premier Meloni ha preferito un atteggiamento di silenziosa ambivalenza. Tale strategia, comprensibile sul piano diplomatico, rischia però di legittimare governi autoritari all’interno dell’Unione, indebolendo la capacità dell’Italia di esercitare un ruolo di leadership coerente e rispettoso dei principi democratici. La neutralità apparente diventa terreno fertile per la diffusione di pratiche illiberali, normative discriminatorie e politiche nazionaliste che possono estendersi oltre i confini nazionali.

Orbán, infatti, non mira semplicemente a perseguire interessi nazionali divergenti: la sua agenda è strutturata per creare precedenti giuridici e politici emulabili da altri governi illiberali, minando la capacità dell’Unione europea di reagire in modo coerente alle sfide interne e internazionali. La retorica nazionalista, l’allineamento strategico verso Mosca, il sostegno implicito a politiche che indeboliscono le sanzioni e gli attacchi costanti alle istituzioni europee non sono episodi isolati, ma parte di una strategia continua per erodere la solidità politica dell’Unione. In questo contesto, il ruolo dell’Italia diventa cruciale: la capacità di assumere una posizione chiara e coerente non riguarda solo la reputazione internazionale del Paese, ma la tutela dei principi fondanti della democrazia europea. Le conseguenze pratiche di una normalizzazione dei rapporti con leader che disconoscono diritti civili e principi democratici sono concrete e immediate.

La diffusione di modelli illiberali a livello europeo potrebbe tradursi in leggi discriminatorie, restrizioni alla libertà di stampa, marginalizzazione delle minoranze, interferenze politiche nella magistratura e riduzione della tutela dei cittadini più vulnerabili. La posta in gioco non è soltanto geopolitica o economica: riguarda direttamente la libertà dei cittadini, la protezione dei diritti fondamentali e la credibilità morale delle istituzioni europee. In questo contesto, silenzio o ambiguità non sono strategie neutre, ma azioni che indirettamente legittimano comportamenti autoritari e ne facilitano la diffusione. Difendere l’Europa significa difendere la libertà, la giustizia e i diritti civili senza compromessi. Significa esercitare pressione diplomatica e politica su governi che violano principi fondamentali, sostenere istituzioni europee indipendenti e rafforzare strumenti di tutela dei cittadini, dalle minoranze ai più vulnerabili. L’incontro di Roma deve essere letto come un monito urgente: la leadership italiana non può più permettersi esitazioni o strategie ambigue che mettano in secondo piano la protezione dei valori fondamentali. La coesione europea, la libertà dei cittadini e la solidità delle istituzioni dipendono dalla capacità dei governi di richiamare all’ordine chi viola regole e principi condivisi.

Solo un’Europa forte, unita e coerente, capace di difendere diritti civili e libertà fondamentali, può resistere alle derive autoritarie e garantire protezione a tutti i cittadini. Il ruolo dell’Italia, in questo contesto, non può limitarsi alla diplomazia di facciata: deve essere un presidio attivo dei valori europei, un promotore di norme e pratiche che rafforzino la democrazia e la tutela dei diritti umani. L’incontro tra Meloni e Orbán rappresenta dunque un monito chiaro: senza una leadership ferma e un impegno concreto per la difesa dei diritti, l’Unione europea rischia di essere piegata da logiche nazionaliste e autoritarie, con conseguenze tangibili per la libertà, lo stato di diritto e la coesione politica del continente. La tutela dei valori fondamentali non è un optional diplomatico, ma il cuore stesso della credibilità europea.

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