Macron riceve von der Leyen per parlare di Europa e geopolitica, mentre la Francia è in fiamme

Bruxelles – In vista del vertice dei leader dei Ventisette in programma per la prossima settimana, il presidente francese Emmanuel Macron si è incontrato stamattina (17 ottobre) con la numero uno della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, il presidente del Consiglio europeo, António Costa, e il cancelliere tedesco Friedrich Merz.
L’unica presente fisicamente all’Eliseo era il capo dell’esecutivo comunitario, mentre gli altri due si sono collegati in videochiamata. Sui social, von der Leyen ha ringraziato monsieur le Président “per un approfondito scambio di opinioni sulla situazione geopolitica e sulla competitività europea“, due dei principali piatti sul tavolo dei capi di Stato e di governo.
“Ci attende un’agenda fitta di impegni: accelerazione del nostro programma di semplificazione e decarbonizzazione, sostegno risoluto all’Ucraina, rafforzamento delle nostre capacità di difesa europee, ruolo dell’Unione europea nel promuovere una pace duratura a Gaza e la sua ricostruzione”, precisa la presidente della Commissione, che si è intrattenuta con Macron per un bilaterale ai margini dell’incontro con Costa e Merz.
Merci à @EmmanuelMacron de m’avoir accueillie à l’Élysée pour un échange approfondi sur la situation géopolitique et la compétitivité européenne, en amont du Conseil européen de la semaine prochaine.
Un agenda dense nous attend : accélération de notre agenda de simplification… pic.twitter.com/hiEBtmj13k
— Ursula von der Leyen (@vonderleyen) October 17, 2025
Al centro delle discussioni giovedì prossimo (23 ottobre) ci saranno parecchi temi scottanti, come anticipato dallo stesso Costa. Sul versante della guerra in Ucraina si parlerà sicuramente del faccia a faccia tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky alla Casa Bianca, in corso proprio in queste ore. Dovrebbe andare meglio di quello burrascoso dello scorso febbraio e assomigliare piuttosto al loro recente incontro, al quale il presidente ucraino si è fatto scortare da una mezza dozzina di alleati del Vecchio continente.
Ma la principale richiesta di Zelensky – quella di ottenere dagli Usa i missili a lunga gittata Tomahawk – potrebbe cadere nel vuoto per l’ennesima volta. Per quanto il tycoon paia aver cambiato posizione riguardo al conflitto, del resto, a Kiev e a Bruxelles si continua a guardare con sospetto alla vicinanza dell’amministrazione a stelle e strisce col Cremlino. E col suo capo, Vladimir Putin, come evidenziato nelle ultime ore da una nuova telefonata tra i due presidenti nonché, soprattutto, dalla decisione di organizzare un bilaterale a Budapest quanto prima, senza Zelensky.
Il primo ministro ungherese sta già suonando la grancassa della propaganda, ed è estremamente probabile che questo spinoso argomento sia stato affrontato stamane dalla vecchia guardia europea all’Eliseo, anche se non è stato confermato ufficialmente. Parallelamente, il leader magiaro (insieme al suo sodale slovacco Robert Fico, espulso oggi dal Partito del socialismo europeo) continua a bloccare l’adozione del 19esimo pacchetto di sanzioni ai danni di Mosca e a puntare i piedi contro i piani dell’Ue di abbandonare gli idrocarburi della Federazione.
A Bruxelles, i leader dei Ventisette discuteranno anche di Medio Oriente, un quadrante cruciale dove Macron ha tutta l’intenzione di lasciare un’impronta come parte essenziale della sua eredità politica. Ormai oltre la metà del suo secondo e ultimo mandato, il presidente francese sembra ossessionato da questa idea. Prova ne sia, da un lato, il suo attivismo (per molti versi essenzialmente cosmetico) sul riconoscimento dello Stato di Palestina.
Dall’altro, il fatto che lo scorso lunedì (13 ottobre) se n’è volato a Sharm el-Sheikh per presenziare alla firma degli storici accordi di pace (sic) tra Israele e Hamas mentre in patria si avvitava la peggior crisi politica della Quinta Repubblica. Tre premier bruciati nel giro di 15 mesi e il quarto, Sébastien Lecornu, sopravvissuto per una manciata di voti a una doppia censura nell’Assemblée nationale più balcanizzata della storia moderna francese.
Una crisi innescata dallo stesso Macron l’anno scorso con lo scioglimento anticipato del Parlamento, e che minaccia di rendere pericolosamente disfunzionale la seconda economia continentale. Con debito e deficit pubblici fuori controllo e un’instabilità politica che sembra sul punto di cronicizzarsi, la traiettoria di Parigi pare raccontare un’altra storia: il macronismo ha perso la sua spinta propulsiva e, anzi, ha gettato benzina sul fuoco del conflitto sociale, anziché placarlo o arginarlo.
Sia come sia, al prossimo summit europeo lo scranno della Francia sarà occupato ancora da Macron. Lì, con Merz, Costa e gli altri capi di Stato e di governo, discuterà anche di difesa europea (sulla scorta della strategia Readiness 2030 recentemente presentata dall’esecutivo a dodici stelle), competitività e semplificazione, transizione verde e digitale, crisi abitativa e migrazione.
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