Messina (Intesa Sanpaolo): Bene la tenuta dei conti pubblici, ma fare di più per la crescita dell’Italia
L’amministratore delegato di Banca Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, in una intervista al “Sole 24 Ore” spiega perché è importante l’uscita dell’Italia dalla procedura d’infrazione europea: “È una priorità strategica per il Paese. Significa la discesa del deficit sotto la soglia del 3 per cento sul prodotto interno lordo, che consentirà al governo di avere disponibilità adeguate per incidere sull’eccesso di diseguaglianze esistente oggi in Italia”. Il presidente del Consiglio Meloni ha dichiarato che Messina era d’accordo sul contributo che le banche potevano dare al risanamento dei conti pubblici: “Senza dubbio negli ultimi anni a favore del sistema bancario hanno giocato diversi fattori, a partire dai tassi d’interesse elevati. Anche per questo le banche da subito si sono dette disponibili a dare una mano. Grazie all’ottimo lavoro di Giorgia Meloni sui conti pubblici, l’uscita dalla procedura d’infrazione comporterà un miglioramento delle condizioni strutturali del Paese di cui beneficia anche il settore bancario. Ma questo – osserva l’amministratore delegato – non significa essere messi sotto scacco come sta accadendo da almeno un paio di mesi, accusati di pensare soltanto agli utili immediati. Si trascura il fatto che siamo il pilastro del Paese e che il nostro settore rappresenta un’eccellenza in Europa”. Non solo: “Banche e assicurazioni hanno avuto, hanno e avranno un ruolo fondamentale per la tenuta dei conti pubblici. Sarebbe bene non dimenticarlo”.
Quanto al contributo decisivo: “Abbiamo sostenuto il debito pubblico in momenti difficili, quando era fuori controllo e lo spread puntava quota 500. Il giudizio delle agenzie di rating era negativo e l’indice di gradimento dei titoli di Stato italiani era ai minimi. Banche e assicurazioni hanno fatto la loro parte quando i collocamenti di titoli pubblici andavano deserti. Così come, in tempi più recenti, abbiamo sottoscritto emissioni a tassi molto bassi, con conseguenti minusvalenze che ancora oggi nel bilancio di Intesa Sanpaolo superano i benefici di cui ho parlato prima”. E attualmente: “La richiesta dei supervisori europei è di ridurre la quantità dei titoli di Stato italiani che abbiamo in portafoglio. E insistono molto nel chiederlo. In Europa siamo un unicum. Banche e assicurazioni tedesche, ma anche francesi, sono a livelli di circa la metà. Questa è la ragione principale per cui non si fa l’unione bancaria. Senza il ruolo svolto da banche e assicurazioni nel finanziare il debito, lo Stato italiano si troverebbe in condizioni molto più complesse”. Secondo Messina “le banche andrebbero considerate come risorse, non indebolite. Prendiamo l’esempio di Intesa Sanpaolo. Siamo un grande promotore della coesione sociale: riteniamo giusto che una parte degli utili servano per contrastare le diseguaglianze. Nel periodo 2023-2027 quelli trasferiti dagli azionisti alla comunità saranno pari a 1,5 miliardi. E sarebbe un peccato doverli ridurre. Forse non tutti sanno che ogni anno destiniamo risorse rilevanti per aiutare i più deboli”.
Nella Manovra in arrivo occorre fare di più per lo sviluppo economico: “Il nostro Paese deve crescere di più. Solo con un aumento del prodotto interno lordo dell’1,5 per cento, record per l’Italia, nei prossimi 20 anni, arriveremmo a un rapporto tra debito e Pil intorno al 100 per cento”. “Di sicuro – osserva il manager – il Pnrr è servito e serve ancora ma non basta. Fondamentale è il rapporto con la Germania, da cui dipende un terzo dell’industria manifatturiera italiana. Dopo due anni di recessione, la Germania imboccherà la strada della ripresa ed è prevedibile un’accelerazione. Per noi può significare una spinta equivalente a quella data dal Pnrr. Occorre inoltre approvare incentivi pubblici per sostenere gli investimenti delle imprese, esattamente come avviene in tutto il mondo: dagli Stati Uniti alla Cina, dalla Germania alla Francia. Ciò – conclude Messina – dev’essere previsto nella Manovra finanziaria in arrivo, insieme a interventi radicali per la sburocratizzazione e per la riduzione del costo dell’energia. Occorre uno sforzo di semplificazione. L’importante è che queste risorse arrivino a chi ne può fare un motore di sviluppo, cioè alle imprese”.
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