Piano Nazionale Anticorruzione 2025: il contributo di Spazioetico alla consultazione

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Il nuovo Piano Nazionale Anticorruzione (PNA) 2025 è in consultazione pubblica. E c’è una novità importante: per la prima volta ANAC ha scelto di articolare il PNA in linee strategiche, obiettivi, azioni, risultati attesi e indicatori. È un passo avanti non banale. Significa provare a trasformare un documento tradizionalmente percepito come “manuale d’adempimenti” in uno strumento di programmazione, monitoraggio e valutazione delle politiche di integrità.
Noi di Spazioetico non possiamo che riconoscere questo sforzo. È la direzione giusta: dare alla prevenzione della corruzione la dignità di una strategia nazionale, con un orizzonte pluriennale (2026-2028), indicatori e target da misurare.
Ma se la forma è nuova, resta un nodo di sostanza: una strategia, per essere davvero tale, non può fondarsi solo sul patrimonio di vigilanza ANAC. Deve leggere i fenomeni, anticipare le tendenze, interrogarsi sulla capacità del sistema. Ed è qui che abbiamo concentrato le nostre principali osservazioni nella consultazione.
Perché il PNA deve partire dai fenomeni
Il PNA 2025 valorizza, nelle sezioni “Premessa” ed “Esiti delle valutazioni”, i dati che ANAC raccoglie attraverso l’attività di vigilanza: livelli di conformità, criticità ricorrenti, aree di inadempienza. In questo modo, il PNA fotografa il livello di adempimento, ma non illumina il contesto in cui i rischi nascono, evolvono oppure si trasformano.
Eppure, una strategia ha bisogno di entrambe le cose. Senza un’analisi multilivello del contesto, il rischio è che la prevenzione diventi una sorta di liturgia documentale: schede, mappature e monitoraggi che spiegano il “come” ma non il “perché”.
I fenomeni da presidiare non mancano. Proprio le vicende più recenti, di cui sono piene le cronache nazionali, hanno riportato in primo piano dinamiche complesse:
- Il sequestro della funzione pubblica: processi decisionali che vengono piegati da pressioni relazionali e funzionali, senza che sia necessario un illecito conclamato. È la cronaca dell’urbanistica milanese, ma non solo.
- Le Porte Girevoli (Revolving Doors) in senso ampio: non solo pantouflage in uscita, ma anche ingressi dal privato verso il pubblico, che generano asimmetrie informative e relazionali capaci di condizionare la macchina amministrativa.
- Il conflitto di interessi: un rischio non riducibile alla verifica di moduli e dichiarazioni, ma che ha bisogno di criteri di valutazione, che sarebbero assai utili per le amministrazioni che si trovano ad affrontarlo, spesso senza alcun strumento di analisi. Sono dinamiche che richiederebbero linee di indirizzo specifiche (che peraltro già esistono e sono già applicate in molte amministrazioni – vedi Policy di gestione del conflitto di interessi realizzata dalla SNA nell’ambito dell’OGP).
- Questi fenomeni toccano ogni giorno gli RPCT, i dirigenti e gli uffici, che seguono processi ad alta complessità ed elevato impatto su interessi particolari (PNRR, urbanistica, regolazione, vigilanza, partenariati, servizi pubblici locali, sanità, ecc…). Eppure il PNA 2025 non li tematizza, lasciando le amministrazioni senza strumenti concettuali e operativi. Una vera strategia nazionale deve sfidare la realtà, non inseguire l’adempimento.Se il PNA vuole essere strategico, deve interrogarsi su due aspetti:
- Gli effetti reali delle strategie fin qui adottate. Non basta dire quante amministrazioni hanno un piano, quanti adempimenti sono stati rispettati. Serve chiedersi: queste strategie hanno ridotto i rischi? hanno cambiato i comportamenti? hanno reso i processi più imparziali e trasparenti? Questa valutazione non risulta mai tematizzata nei PNA: il rischio è che si producano oneri documentali senza sapere se funzionano.
- La capacità del sistema di reggere agli shock esterni. Gli eventi di cronaca mostrano che i meccanismi di prevenzione attuali sono facilmente aggirati. E, su scala più ampia, le grandi sfide alla democrazia – interferenze sui processi di decisione politica e amministrativa in materie strategiche come energia, riarmo, politiche industriali – ci dicono che la partita non è più confinata al “piccolo illecito amministrativo”, ma riguarda ambiti assai più complessi.
La posta in gioco, dunque, è la tenuta stessa della nostra democrazia. Negli ultimi anni, il rapporto tra amministrazioni pubbliche e soggetti privati è cambiato: le cronache mostrano una progressiva asimmetria a favore del privato, mentre le amministrazioni finiscono spesso per percepirsi come mere esecutrici degli interessi più forti o meglio organizzati. È un fenomeno che mina alla radice la legittimità delle istituzioni e che il PNA non può ignorare. Torna centrale la definizione di integrità dell’OCSE (2017), che dovrebbe costituire l’architrave della strategia anticorruzione:
“L’allineamento coerente di valori, principi e azioni per sostenere e dare priorità all’interesse pubblico rispetto agli interessi privati”.
Se il PNA 2025 vuole essere davvero strategico, deve avere il coraggio di ripartire da questa definizione: rimettere al centro la capacità delle istituzioni di resistere alle pressioni, di governare le interazioni con i portatori di interessi e di orientare le decisioni al bene comune, non a logiche di breve periodo o a convenienze particolari.
Una strategia (per ora) senza motore
Il PNA 2025 si struttura attorno a sei linee strategiche, ognuna articolata in obiettivi e azioni, con risultati attesi e indicatori di monitoraggio. È la parte più innovativa del documento, perché per la prima volta la prevenzione della corruzione viene tradotta in un linguaggio di policy pubblica, con traguardi pluriennali (2026-2028).
- Linea 1 – Trasparenza come accessibilità dei dati. Si punta a razionalizzare la pubblicazione dei dati, digitalizzando e rendendo interoperabili le banche dati, e incrementando la qualità della sezione “Amministrazione Trasparente”.
- Linea 2 – Semplificazione della programmazione. Obiettivo: ridurre gli oneri delle amministrazioni nella predisposizione dei PIAO/PTPCT, attraverso digitalizzazione e strumenti sperimentali.
- Linea 3 – Valore pubblico e integrità. Qui ANAC propone di legare prevenzione della corruzione e programmazione organizzativa, facendo del valore pubblico il quadro di riferimento unificante.
- Linea 4 – Incarichi e conflitti. Focus sulla corretta applicazione delle norme su inconferibilità e incompatibilità e sul rafforzamento dei controlli negli affidamenti.
- Linea 5 – Appalti digitali. Digitalizzare l’intero ciclo di vita dei contratti, integrando banche dati e processi, per semplificare e ridurre i rischi.
- Linea 6 – Whistleblowing e partecipazione. Consolidare canali interni ed esterni di segnalazione, sensibilizzando personale e stakeholder, in linea con la nuova normativa.
In un documento di programmazione, le linee strategiche dovrebbe indicare la direzione di fondo di una politica pubblica: la visione di lungo periodo, il quadro di priorità, l’asse su cui si innestano obiettivi e azioni. Non è un elenco di attività, ma la traduzione di un disegno strategico in scelte coerenti e riconoscibili.
Nel PNA 2025, le linee strategiche definiscono ambiti importanti. Tuttavia, molte di esse si muovono sul terreno della gestione procedurale: puntano a semplificare, digitalizzare, razionalizzare e integrare. Sono scelte utili, ma non raccontano fino in fondo dove vogliamo arrivare nella prevenzione della corruzione, né come affrontare i fenomeni che oggi condizionano i processi decisionali. Per questo, pur riconoscendo i passi avanti fatti, abbiamo formulato proposte precise per colmare questa lacuna.
Le integrazioni che abbiamo proposto
Abbiamo suggerito ad ANAC di introdurre una linea strategica autonoma che metta al centro la comprensione dei fenomeni e la capacità della strategia anticorruzione nazionale e locale di adattarsi alla realtà ed ai rischi attuali. Gli obiettivi che abbiamo delineato sono tre:
- X.1 – Analisi multilivello dei fenomeni: un rapporto biennale che incroci dati di vigilanza, studi accademici, casi-studio, evidenze disciplinari e giudiziarie, osservatori indipendenti. Non per duplicare le ricerche, ma per tradurle in linee di indirizzo concrete per le amministrazioni.
- X.2 – Capacità di risposta: stress test dell’architettura attuale (RPCT, PIAO, trasparenza), individuazione delle vulnerabilità e proposta di correttivi organizzativi e di policy.
- X.3 – Competenze: raccordo con SNA e con le comunità di pratica dei RPCT per costruire percorsi mirati, non formazione generica. Si tratta di dotare i ruoli-chiave della PA di strumenti per leggere le dinamiche, gestire interferenze indebite, usare (non solo) la trasparenza come presidio dei processi decisionali.
Rafforzare la sezione sul Valore pubblico
In uno dei passaggi del PNA 2025 si introduce il tema del valore pubblico, in coerenza con il DM 132/2022 che lo definisce come miglioramento della qualità della vita e del benessere economico, sociale e ambientale della collettività. È un passo in avanti, perché finalmente la prevenzione della corruzione viene collocata in un orizzonte più ampio, quello delle finalità ultime dell’azione amministrativa.
Tuttavia, nel documento in consultazione, questa definizione viene trattata soprattutto come una cornice organizzativa: il valore pubblico diventa la finalità di riferimento del PIAO, un concetto da “operazionalizzare” attraverso la programmazione della performance, la mappatura dei processi e il monitoraggio integrato. Il rischio, così, è di ridurre il valore pubblico a una somma di indicatori, schede e obiettivi misurabili, senza coglierne la natura sostanziale.
Nel nostro contributo abbiamo voluto spostare il baricentro. Il valore pubblico, infatti, non si esaurisce nella performance o negli strumenti di programmazione: è la capacità delle amministrazioni di conseguire risultati tangibili preservando, al tempo stesso, l’integrità dei processi decisionali. Per sostenere questa prospettiva, abbiamo proposto che il PNA 2025 richiami esplicitamente la definizione di integrità dell’OCSE: integrità come “allineamento coerente di valori, principi e azioni per sostenere e dare priorità all’interesse pubblico rispetto agli interessi privati”.
In altre parole: il valore pubblico non è dato solo dal risultato, ma dal modo in cui il risultato viene raggiunto. Un’opera realizzata sacrificando l’imparzialità del processo decisionale, ad esempio, può apparire un successo immediato ma, nel medio-lungo periodo, genera effetti distorsivi: selezione avversa degli operatori economici, formazione di monopoli di fatto, sequestro della funzione pubblica e, soprattutto, erosione del rapporto fiduciario con i cittadini.
Abbiamo quindi suggerito di arricchire la sezione del PNA con misure concrete che rafforzino l’integrità dei processi decisionali, accanto a quelle organizzative già previste. Tra queste:
- Agende aperte e disclosure sistematica delle interazioni con i portatori di interessi, per rendere trasparenti le dinamiche di influenza.
- Criteri operativi per la valutazione e gestione dei conflitti di interessi, che vadano oltre la mera dichiarazione formale e guidino i decisori nelle situazioni più complesse.
- Standard di comportamento per i decisori pubblici nei rapporti con gli interessi organizzati, valorizzando il lavoro già sviluppato dalla SNA con il laboratorio sul Codice di comportamento nell’ambito del VI Piano OGP.
Con queste integrazioni, la sezione “Valore pubblico” diventerebbe non solo una cornice organizzativa, ma una vera piattaforma per la governance dell’integrità, in grado di orientare i comportamenti quotidiani di chi prende decisioni e di rafforzare nel tempo la fiducia dei cittadini.
Conflitto di interessi nei contratti pubblici
Un altro punto critico che abbiamo affrontato nella consultazione riguarda la parte speciale del PNA 2025 dedicata ai contratti pubblici. ANAC individua correttamente il conflitto di interessi come uno snodo cruciale, ma lo tratta prevalentemente in termini descrittivi e formali: richiamo delle norme vigenti, indicazioni sulla necessità della dichiarazione, raccomandazione di vigilanza interna.
Questo approccio ha due limiti evidenti:
- Resta sulla superficie del problema, riducendo la gestione del conflitto di interessi a un obbligo dichiarativo.
- Non offre strumenti concreti a chi, nella pratica, deve gestire situazioni complesse — in primo luogo i RUP e gli RPCT — che spesso si trovano davanti a conflitti non tipizzati, difficili da valutare e ancor più difficili da documentare.
Nel nostro contributo abbiamo sottolineato che il conflitto di interessi è un rischio. Nei contratti pubblici esso può emergere lungo tutta la filiera: dalla progettazione alla valutazione delle offerte, dall’esecuzione alla fase delle varianti. Si pensi al recente caso della commissione urbanistica di un grande Comune, o alle consulenze tecniche prestate da professionisti che poi partecipano a gare, o alle imprese legate a ex dipendenti che rientrano come fornitori, o ancora alle strutture pubbliche che gestiscono in house servizi e contemporaneamente svolgono funzioni di regolazione o controllo.
Abbiamo quindi proposto di arricchire la sezione del PNA con alcune misure operative, già sperimentate in diverse amministrazioni e sostenute dalla comunità di pratica dei RPCT della SNA:
- Criteri sostanziali di valutazione: linee guida che aiutino a valutare l’effettivo rischio di condizionamento, basate su variabili come ruolo, poteri esercitati, intensità e temporalità delle relazioni, impatto della decisione.
- Uso del canale whistleblowing come strumento per intercettare anche segnalazioni esterne (ad esempio da operatori economici concorrenti), con garanzie di riservatezza, in modo da ridurre l’asimmetria informativa che spesso rende invisibili i conflitti.
- Collegamento con la Policy SNA sulla gestione dei conflitti di interessi, elaborata nell’ambito dell’Open Government Partnership: un patrimonio già disponibile che può essere valorizzato e diffuso.
- Tracciabilità delle decisioni: procedure per documentare come un conflitto è stato gestito (astensione, sostituzione, motivazione rafforzata), così da proteggere non solo l’amministrazione ma anche i funzionari coinvolti.
Il messaggio è chiaro: non basta che il PNA dica che i conflitti vanno dichiarati. Deve offrire strumenti operativi e criteri sostanziali, altrimenti RPCT e RUP continueranno a muoversi in un terreno incerto, dove la paura di sbagliare porta a due esiti opposti e ugualmente dannosi: la sottovalutazione del rischio o l’iper-formalismo paralizzante.
Conclusione: dal manuale degli adempimenti alla politica per l’integrità
Il PNA 2025 non deve accontentarsi di essere il manuale degli adempimenti anticorruzione. Deve piuttosto diventare il punto di incontro tra diverse politiche pubbliche: prevenzione della corruzione, trasparenza, antiriciclaggio, contrasto alle frodi e gestione dei conflitti di interessi. Un terreno comune che non appartiene solo ad ANAC, ma a tutto il sistema pubblico.
Una strategia che sappia leggere i fenomeni non rafforza soltanto la compliance: rafforza la capacità delle amministrazioni di scegliere bene anche sotto pressione. Significa non lasciare soli RPCT, dirigenti e singoli funzionari, ma costruire un linguaggio comune di integrità che renda le istituzioni meno vulnerabili e più affidabili.
E significa anche investire nel rapporto con i cittadini: perché il valore pubblico non si misura solo con tabelle di performance, ma con la fiducia che la collettività riconosce alle decisioni pubbliche. Ed è questa fiducia che oggi va ricostruita. ANAC ha aperto la strada con le linee strategiche. Ora serve riempirle di contenuto: fenomeni, contesto, integrità sostanziale. Solo così il PNA diventerà davvero una politica nazionale dell’integrità.
Scarica qui il contributo integrale di Spazioetico alla consultazione sul PNA 2025: piano-nazionale-anticorruzione-2025-716754
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