Riso rosso fermentato, un’alternativa alle statine con molte incertezze

Novembre 16, 2025 - 08:30
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Riso rosso fermentato, un’alternativa alle statine con molte incertezze

Negli scaffali delle farmacie e dei supermercati, il riso rosso fermentato è spesso presentato come un rimedio «naturale» per abbassare il colesterolo: un’alternativa più leggera alle statine. Nonostante ne condivida il principio attivo però, controllo, sicurezza ed efficacia non sono affatto equiparabili.

Il riso rosso fermentato (Red Yeast Rice) è ottenuto facendo fermentare il riso con un lievito, il Monascus purpureus. Durante il processo di fermentazione si formano diverse sostanze, tra cui la monacolina K, chimicamente identica alla lovastatina, un farmaco ipolipemizzante usato da decenni.

Dal punto di vista biochimico, dunque, l’effetto del riso rosso fermentato è quello di una statina: inibisce l’enzima HMG-CoA reduttasi, riducendo la sintesi epatica di colesterolo.

Il nodo centrale della questione tuttavia è un altro: una statina farmacologica – come la simvastatina o l’atorvastatina – è un medicinale controllato: il principio attivo è puro, la dose è nota e costante, e ogni compressa deve rispettare standard di qualità e sicurezza stabiliti dall’Agenzia europea per i medicinali (Ema) e dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa).

Un integratore di riso rosso, invece, non è un farmaco ma un prodotto alimentare. Questo significa che:

  • la quantità reale di monacolina K può variare enormemente da un lotto all’altro (alcuni studi hanno documentato differenze fino a sessanta volte tra marche);
  • il prodotto può contenere altre monacoline o impurità tossiche, come la citrinina, una micotossina potenzialmente nefrotossica;
  • l’etichetta non garantisce la reale quantità di principio attivo né la sua biodisponibilità.

In altre parole, due confezioni di riso rosso acquistate nello stesso negozio possono non avere lo stesso effetto né la stessa sicurezza.

Essendo la monacolina K una statina a tutti gli effetti, anche gli effetti indesiderati possono essere i medesimi: dolori muscolari, aumento delle transaminasi e, nei casi più gravi, miopatie o rabdomiolisi. Proprio per questo, nel 2022 l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) ha concluso che non è possibile stabilire una dose sicura di monacolina K: anche tre milligrammi al giorno possono provocare effetti avversi gravi in soggetti suscettibili.

A seguito di questa valutazione, la Commissione europea, con regolamento UE 2022/860, ha imposto un limite massimo di tre milligrammi di monacoline totali al giorno negli integratori e, nel 2024, il regolamento UE 2024/2041 ha revocato il claim salutistico che permetteva di scrivere «la monacolina K contribuisce al mantenimento di normali livelli di colesterolo LDL».

Dunque la differenza sostanziale tra riso rosso e statina non è chimica, ma regolatoria e clinica. Una statina è un farmaco: va prescritta, monitorata e inserita in un percorso di prevenzione cardiovascolare personalizzato. Il riso rosso fermentato, invece, è un integratore: non garantisce standard di purezza e controllo, e non può sostituire la terapia farmacologica nei pazienti a rischio.

Il paradosso è dunque evidente: l’alternativa naturale scelta di chi vuole evitare il farmaco è comunque una statina, ma non controllata, senza le garanzie e la prevedibilità di un medicinale.

Le principali società scientifiche europee e italiane oggi considerano il riso rosso solo in casi selezionati, e sempre sotto controllo medico:

  • può essere valutato nei soggetti con rischio cardiovascolare basso o moderato, quando il medico ritiene di non dover iniziare una statina;
  • non è raccomandato nei pazienti con malattia cardiovascolare, diabete o ipercolesterolemia familiare;
  • è sconsigliato in gravidanza, allattamento, in persone con più di settant’anni e in associazione con farmaci ipolipemizzanti.

Il riso rosso fermentato rappresenta dunque un caso emblematico di come il confine tra integratore e farmaco possa diventare sfumato.

In un’epoca in cui molti cercano alternative «naturali», è bene ricordare che la natura non sostituisce la farmacologia, e che l’origine non è sempre e per forza sinonimo di sicurezza.

 

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