Scoppia la protesta degli agricoltori contro i "trafficanti di grano"

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Venti mila agricoltori hanno invaso le piazze italiane con le loro proteste per denunciare i cosiddetti “trafficanti di grano”: un sistema che, a loro dire, li costringe a lavorare in perdita mentre i mercati premiano le importazioni estere.
La mobilitazione, organizzata da Coldiretti, ha avuto il suo epicentro a Bari e Palermo, con presidi paralleli a Firenze, Rovigo e Cagliari. Sacchi di grano vuoti avvolti nel tricolore, cartelli e cori hanno dato voce alla rabbia di chi vede il proprio reddito eroso da quotazioni considerate insostenibili.
Il settore cerealicolo, soprattutto nel Sud, si trova oggi in una situazione che gli stessi agricoltori definiscono drammatica: oltre 140mila aziende rischiano di chiudere i battenti.
Prezzi in caduta libera, spese in aumento
Il nodo principale è il crollo del valore del grano duro, sceso a 28 euro al quintale, con una perdita del 30% in appena dodici mesi. A fronte di questo ribasso, i costi di produzione continuano a crescere: dal 2021 l’aumento medio è stato del 20%. La sproporzione è evidente se si guarda alla filiera: per ogni chilo di pasta venduto sugli scaffali a circa due euro, agli agricoltori restano soltanto 28 centesimi.
Un divario che, secondo i produttori, mette in ginocchio un comparto fondamentale per l’economia agricola nazionale e mina la sostenibilità delle imprese familiari.
Le richieste del settore
Dal palco di Bari, il presidente di Coldiretti Ettore Prandini ha chiesto più controlli per fermare speculazioni e pratiche scorrette, ricordando che la legge vieta espressamente la vendita sotto i costi di produzione. Per lui, il modello delle borse merci locali non funziona più e va sostituito con una Commissione Unica Nazionale (CUN) che garantisca regole chiare e trasparenti nella formazione dei prezzi.
Il segretario generale Vincenzo Gesmundo ha ampliato il discorso, sottolineando come la questione non riguardi soltanto i bilanci delle aziende agricole, ma anche la tutela dei consumatori e la sovranità alimentare del Paese. “Non possiamo permettere – ha spiegato – che il grano nazionale venga sottopagato, mentre sugli scaffali arriva prodotto estero trattato con sostanze vietate in Europa, come il glifosato canadese o i pesticidi utilizzati in Turchia e Russia”.
Per Gesmundo servono investimenti in infrastrutture di stoccaggio e nella creazione di bacini idrici, in modo da costruire riserve strategiche di cereali e acqua, cruciali in un contesto di cambiamenti climatici e instabilità internazionale.
Il piano in sette mosse
Per affrontare l’emergenza, Coldiretti ha presentato una piattaforma di interventi che si articola in sette punti:
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Commissione Unica Nazionale per il grano duro – superare il sistema delle borse merci locali e garantire criteri uniformi e trasparenti per le quotazioni.
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Trasparenza sui costi – pubblicazione periodica e immediata dei dati ufficiali sui costi medi di produzione, in modo da avere parametri certi per i controlli.
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Contratti di filiera – incremento delle risorse ministeriali fino a 40 milioni di euro, con l’obiettivo di tutelare 400mila ettari di coltivazioni.
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Stop alle importazioni irregolari – bloccare l’ingresso di grano trattato con sostanze vietate nei Paesi UE.
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Reciprocità delle regole – vincolare le importazioni al rispetto degli stessi standard ambientali e sanitari imposti ai produttori italiani.
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Origine obbligatoria in etichetta – estendere a livello europeo la normativa italiana che obbliga a indicare la provenienza del grano sulle confezioni di pasta.
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Piano nazionale per stoccaggi e invasi – potenziare infrastrutture e sistemi di conservazione per garantire la sicurezza alimentare a lungo termine.
Una battaglia per il futuro
La protesta, oltre a denunciare le difficoltà economiche, mette in evidenza un problema più ampio: il rischio che l’Italia perda progressivamente la capacità di controllare la propria filiera cerealicola. Una perdita che non riguarderebbe solo i produttori, ma l’intera collettività, chiamata a scegliere tra qualità e dipendenza da mercati esteri.
La Coldiretti insiste sulla necessità di restituire dignità al lavoro agricolo, perché – sottolineano – non si tratta soltanto di garantire il reddito agli agricoltori, ma di difendere il valore del made in Italy e la sicurezza alimentare dei cittadini.
Con il crollo dei prezzi e la concorrenza sleale di grano straniero a basso costo, la partita si gioca non solo nei campi, ma anche nelle istituzioni, chiamate a decidere se e come sostenere un settore strategico per l’economia e per la cultura del Paese.
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