Sentenza storica: usare ChatGPT in tribunale può costare caro

Settembre 29, 2025 - 19:00
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Sentenza storica: usare ChatGPT in tribunale può costare caro

lentepubblica.it

Il Tribunale di Torino ha rigettato un ricorso redatto con l’ausilio dell’intelligenza artificiale e condannato la parte per lite temeraria, evidenziando i rischi dell’uso acritico dell’IA negli atti processuali.


Con la sentenza n. 1018/2025, pronunciata il 16 settembre 2025, il Tribunale di Torino ha affrontato un caso alquanto singolare, ossia un’opposizione a intimazione di pagamento fondata su otto avvisi di addebito, ma redatta con il supporto dell’intelligenza artificiale.

La decisione non si è limitata a rigettare le eccezioni sollevate, ma ha affrontato anche il tema della responsabilità aggravata per lite temeraria, evidenziando come l’uso improprio dell’IA negli atti processuali possa essere indice di colpa grave.

La vicenda processuale

La ricorrente depositava opposizione avverso un’ingiunzione di pagamento notificata il 20 gennaio 2025, sostenendo di non essere debitrice delle somme richieste – oltre 25.000 euro – in ragione di eccezioni quali la prescrizione, la decadenza, la nullità dei titoli, l’incompetenza territoriale e persino la formazione del silenzio-assenso ex l. 228/2012.

Le convenute contestavano le eccezioni e producevano documentazione a supporto della regolare notifica degli avvisi di addebito, di precedenti intimazioni di pagamento non impugnate e di atti interruttivi della prescrizione. Eccepivano altresì l’inammissibilità del ricorso, essendo decorso il termine decadenziale di 40 giorni previsto dall’articolo 24 del d.lgs. 46/1999.

La decisione del Tribunale

Il giudice ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e la ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese di lite (oltre 8.000 euro complessivi). Inoltre, ai sensi dell’art. 96 c.p.c., la stessa è stata ulteriormente condannata al pagamento di 500 euro in favore di ciascuna convenuta e di ulteriori 500 euro alla Cassa delle ammende.

È proprio quest’ultima parte della sentenza a contenere il passaggio più interessante. Infatti, il Tribunale ha rilevato che il ricorso era stato predisposto “col supporto dell’intelligenza artificiale, risultando un insieme disorganico di citazioni giuridiche astratte, prive di connessione con il caso concreto e dunque manifestamente inconferenti.

IA e responsabilità processuale: la portata innovativa della sentenza

La decisione del Tribunale di Torino segna un punto di svolta. Non perché vieti l’uso dell’intelligenza artificiale negli atti processuali, ma perché evidenzia i rischi connessi a un impiego superficiale e acritico di questi strumenti.

Più nel dettaglio, l’art. 96, comma 3, c.p.c. punisce la lite temeraria con la condanna a una somma equitativamente determinata.

Tradizionalmente, la norma risulta applicata nei casi di azioni infondate o dilatorie. Nel caso di specie, invece, la colpa grave si ravvisa anche nella forma e nella struttura del ricorso: un elaborato incoerente, redatto tramite IA senza ricorrere ad un adeguato filtro umano, incapace di collegare norme e giurisprudenza ai fatti concreti. Il giudice, dunque, non ha sanzionato l’uso dell’IA in sé, ma il modo in cui la stessa è stata utilizzata, ovvero come un surrogato del ragionamento critico e non come uno strumento di supporto.

È bene ribadire un concetto fondamentale: l’intelligenza artificiale non ha personalità giuridica né responsabilità autonoma. La responsabilità dell’atto prodotto in giudizio permane in capo all’autore che lo deposita. Un ricorso è sempre un atto umano, che porta con sé implicazioni deontologiche e professionali. L’IA può suggerire, integrare, facilitare, ma non sostituire la valutazione critica dell’avvocato o della parte.

Il testo della sentenza del Tribunale di Torino

Qui il documento completo.

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