Stalking, è reato anche in condominio
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Rapporti tesi coi vicini, dispetti e scaramucce. Ma quando si arriva all’intrusione negli spazi privati del vicino, come un giardino o una strada privata si può configurare il reato di stalking.
La Corte di Cassazione ha recentemente ribadito, con una sentenza, come questi comportamenti, che avvelenano la quotidianità, quando superano il confine della maleducazione possono divenire un vero reato. In particolare si può verificare il reato di stalking condominiale. La sentenza alla quale fare riferimento in proposito è la n. 26757 del 22 luglio 2025 che ha stabilito un principio dai confini molto rigidi: per configurare lo stalking, possono bastare anche solo due episodi, persino se avvenuti a distanza di anni l’uno dall’altro.
Cos’è un ‘atto persecutorio’
A livello normativo, il reato di “atti persecutori” noto anche come stalking è previsto dall’articolo 612-bis del Codice Penale. Questo comportamento non si individua in un singolo atto, ma in un comportamento reiterato, che prevede episodi di minacce o molestie e deve provocare nella vittima almeno tre “eventi” specifici:
- un perdurante e grave stato di ansia o di paura, una condizione psicologica seria e continuativa;
- un timore – fondato – per la propria incolumità o per quella di un parente prossimo, come un figlio, un genitore, il partner;
- l’imposizione a modificare le proprie abitudini di vita. Questo è un elemento sul quale non ci possono essere fraintendimenti. Si configura quando la vittima, per paura, è costretta a cambiare la strada che abitualmente percorre per andare al lavoro, a non uscire più da sola la sera, a cambiare numero di telefono, a installare sistemi di allarme.
Lo stalking
Il reato di stalking si configura nel momento in cui si verifichino almeno uno di questi tre eventi che si caratterizzano per “danno” o “pericolo”. In tutte le altre evenienze non si può parlare di stalking, ma al massimo di reati meno gravi come le minacce o le molestie. Fin qui tutto in linea con il panorama normativo di riferimento. La novità della sentenza della Cassazione in oggetto risiede però nell’interpretazione posta in essere rispetto alla dicitura “condotte reiterate”. La Suprema Corte, con la sentenza n. 26757/2025, ha stabilito con una interpretazione estensiva a favore della vittima che «anche due sole condotte di minaccia o di molestia sono sufficienti a costituire la reiterazione richiesta dalla norma». In aggiunta nel medesimo pronunciamento si scardina anche un ulteriore principio temporale, anche se tra un episodio e l’altro intercorre un ampio lasso di tempo questo non impedisce che si configuri comunque il reato.
La vicenda in oggetto
Per meglio comprendere il pronunciamento è interessante esaminare la vicenda all’origine della sentenza. Il caso riguarda un imputato, poi condannato per stalking nei confronti del suo vicino. La sua condotta persecutoria consisteva nell’introdursi abusivamente, forzando l’ingresso, nella strada privata di proprietà del vicino. Questo comportamento era stato reiterato, in tutto due volte, a distanza di più di un anno. La Suprema Corte ha così emesso la condanna. Nella motivazione della sentenza ha riportato come, anche se gli episodi erano solo due e molto distanti nel tempo, erano stati sufficienti a mostrare una “reiterazione” del reato. L’effetto sulla vittima era stato il permanere di una minaccia costante e non gestibile né prevedibile.
La violazione di domicilio
Secondo la Corte l’atto compiuto dall’imputato non era una semplice maleducazione, ma un vero e proprio reato, la violazione di domicilio, come individuato all’ art. 614 del Codice Penale. Inoltre, in base all’articolo 14 della Costituzione, la legge non protegge solo l’abitazione in senso stretto, ma anche le sue pertinenze. Una strada privata, un giardino, un cortile esclusivo sono considerati un’estensione della nostra casa, luoghi in cui abbiamo il diritto di sentirci sicuri e liberi da intrusioni. L’intrusione in questi luoghi equivale ad una introduzione nelle nostre case, è una condotta di particolare gravità, che lede il diritto fondamentale a sentirci sicuri e protetti nel proprio domicilio.
Una decisione di svolta
Una decisione che segna, probabilmente, un vero punto di svolta nella lotta allo stalking, specialmente in contesti, come quello condominiale, dove le persecuzioni sono spesso fatte di episodi apparentemente isolati. Violare una strada privata, un giardino, un terrazzo equivale a compromettere la “pace, la tranquillità e la sicurezza dei luoghi di privata dimora”, che sono condizioni necessarie per la libera espressione della nostra personalità. L’intrusione non può e non deve configurarsi come un semplice fastidio, ma va riconosciuto come un atto grave, che mina alla radice il senso di sicurezza della vittima nel suo stesso “nido”. Anche nei rapporti di vicinato il rispetto dei confini, fisici e personali, non è più da vivere come una questione di buona educazione, ma è a tutti gli effetti un obbligo giuridico la cui violazione può avere conseguenze penali molto serie.
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