Trattamento dati nei concorsi pubblici: le FAQ del Garante della Privacy
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Negli ultimi anni la digitalizzazione delle attività amministrative ha portato a un forte incremento della diffusione online di informazioni legate ai concorsi pubblici.
Le graduatorie, i risultati delle prove e altri documenti relativi ai candidati vengono oggi caricati sui portali istituzionali con estrema facilità. Questa trasformazione, se da un lato consente maggiore accesso e trasparenza, dall’altro espone i partecipanti a rischi mai visti prima: dati facilmente rintracciabili mediante i motori di ricerca, informazioni personali potenzialmente consultabili da chiunque e un controllo sempre più sfuggevole sulla loro permanenza in rete.
È in questo scenario che si inserisce il recente lavoro del Garante per la protezione dei dati personali, impegnato a chiarire le modalità corrette di trattamento dei dati dei candidati alle procedure concorsuali. Rispondendo a numerose segnalazioni e quesiti, l’Autorità ha raccolto le questioni principali in una serie di linee interpretative condivise con il Dipartimento della Funzione Pubblica, anche alla luce della normativa aggiornata sul Portale unico del reclutamento – conosciuto come Portale InPA – e della riforma del 2025, che ha rivisto le disposizioni in materia di pubblicità delle selezioni.
Il messaggio è chiaro: l’amministrazione pubblica può e deve trattare dati personali durante l’intero iter concorsuale, ma esclusivamente per finalità legittime e nel rispetto dei principi di liceità, proporzionalità e minimizzazione. La trasparenza non può trasformarsi in una diffusione ingiustificata e potenzialmente lesiva della reputazione dei cittadini.
Cosa può essere pubblicato online?
La regola fondamentale riguarda le graduatorie finali: solo i vincitori possono essere nominativamente indicati sui siti istituzionali. I dati ammessi comprendono nome e cognome, la posizione raggiunta e, in caso di omonimia, la data di nascita. Alcune amministrazioni scelgono di aggiungere anche il punteggio complessivo, purché ciò non comporti un’inutile esposizione di informazioni sensibili.
Il motivo di questa selettività è semplice: la pubblicità legale serve a rendere noti gli esiti e a consentire eventuali impugnazioni nei tempi previsti. Tutto ciò che va oltre non aggiunge trasparenza, ma aumenta i rischi per i soggetti coinvolti.
Di conseguenza non possono essere pubblicati online i dati degli idonei non vincitori, né quelli di candidati bocciati o assenti. Solo nel caso in cui una graduatoria venga scorsa e nuovi nominativi assumano il ruolo di vincitori, questi potranno essere resi pubblici.
Dove vengono pubblicate le informazioni?
A partire dal 2023, la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale non è più obbligatoria: il punto di riferimento è diventato il Portale InPA. Qui vengono caricati gli avvisi relativi alla pubblicazione delle graduatorie finali da parte delle amministrazioni sui propri siti web. Da quel momento decorrono i termini per eventuali ricorsi.
Restano ovviamente dovuti gli obblighi informativi verso i partecipanti, ma attraverso modalità più protette: aree riservate con autenticazione, consultabili solo dai candidati.
Quali dati possono vedere i partecipanti?
Chi ha preso parte a una selezione mantiene il diritto di conoscere l’esito delle prove e la posizione degli altri concorrenti, poiché si tratta di un interesse diretto e concreto. Tuttavia, anche in quest’area ristretta, l’amministrazione deve evitare la circolazione di informazioni superflue: solo nome, cognome, punteggio e posizione in graduatoria. Se esistono riserve o titoli preferenziali, la loro presenza può essere indicata in modo neutro – ad esempio con un simbolo – per impedire che si possa risalire a condizioni personali o familiari tutelate dalla privacy.
Non sono invece consultabili documenti che includono elementi più profondi e delicati del processo valutativo, come verbali, elaborati tecnici o motivazioni delle decisioni prese dalla commissione.
Informazioni vietate: salute, precedenze, condanne
Riveste particolare importanza il divieto di rendere pubblici dati da cui possano emergere:
- condizioni di salute,
- situazioni di invalidità proprie o dei familiari,
- appartenenza a categorie protette,
- precedenti penali,
- ammissioni con riserva legate a controversie giudiziarie.
Anche un semplice riferimento normativo, come quello alla legge 104 o 68, può rivelare aspetti sensibilissimi che non devono in alcun modo essere diffusi online.
La rete, infatti, amplifica potenziali danni in modo esponenziale: ciò che viene pubblicato può rimanere visibile per anni, riprodotto da soggetti privi di controllo e consultato in contesti completamente diversi da quello originale, con ricadute negative sulla vita lavorativa e personale dell’interessato.
La trasparenza non giustifica tutto
Il Garante ha ricordato con forza che nessun bando o regolamento interno può derogare al quadro normativo nazionale o introdurre forme di pubblicazione più estese rispetto a quanto previsto dalla legge. La disciplina italiana in materia di protezione dei dati e accesso ai concorsi è frutto di un bilanciamento preciso e non può variare da un’amministrazione all’altra, pena la violazione del principio di uguaglianza di trattamento dei cittadini.
Trattamento dati nei concorsi pubblici: le FAQ del Garante della Privacy
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