Accertamenti fiscali negli studi legali: la Cassazione rafforza il segreto professionale

Agosto 29, 2025 - 22:00
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Accertamenti fiscali negli studi legali: la Cassazione rafforza il segreto professionale

lentepubblica.it

 Con una nuova ordinanza la Cassazione fa chiarezza sugli accertamenti fiscali: bisogna tutelare il segreto professionale, no ad acquisizioni senza autorizzazione specifica.


Con l’ordinanza n. 17228 del 2025, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sul delicato equilibrio tra esigenze di accertamento fiscale e tutela del segreto professionale. La vicenda riguardava un avvocato destinatario di un avviso di accertamento fondato su documentazione extracontabile rinvenuta presso il suo studio, la cui acquisizione era stata contestata in quanto effettuata sulla base di un’autorizzazione preventiva e generica del Procuratore della Repubblica.

La Suprema Corte ha confermato la decisione dei giudici tributari di merito, ribadendo che l’autorizzazione prevista dall’art. 52, comma 3, del D.P.R. n. 633/1972 non può essere rilasciata in via anticipata, ma deve seguire l’eccezione del segreto professionale sollevata dal professionista e riferirsi specificamente ai documenti oggetto di contestazione.

 Accertamenti fiscali e segreto professionale: la vicenda fattuale

La controversia trae origine da un accertamento fiscale promosso dalla Direzione Provinciale di Cosenza dell’Agenzia delle Entrate nei confronti di un avvocato. L’Ufficio contestava la sottofatturazione e, in taluni casi, l’omessa fatturazione di compensi professionali per l’anno d’imposta 2009, con conseguente recupero a tassazione di maggiori imposte ai fini IRPEF, IRAP e IVA.

Le contestazioni fiscali si fondavano sull’esito di un accesso della Guardia di Finanza presso lo studio del professionista: i militari avevano rinvenuto un block notes riportante nominativi di clienti e importi percepiti, considerato quale vera e propria contabilità parallela. Tali elementi erano stati ritenuti idonei dall’Amministrazione a sorreggere l’avviso di accertamento.

Il contribuente, opponendosi, aveva eccepito la violazione del segreto professionale, sostenendo l’illegittimità dell’acquisizione documentale e la conseguente inutilizzabilità delle prove raccolte.

Lo svolgimento dei giudizi di merito

Inizialmente, la Commissione Tributaria Provinciale di Cosenza aveva rigettato il ricorso proposto dal contribuente.

In sede di appello, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria (sentenza n. 4015/2022), ha ribaltato la decisione di prime cure e annullava l’avviso di accertamento.

I giudici di appello hanno osservato che l’acquisizione del block notes e delle altre scritture era avvenuta in assenza di una valida autorizzazione giudiziaria. Questo perchè i militari della Guardia di Finanza avevano prodotto soltanto un’autorizzazione preventiva e generica del Procuratore della Repubblica di Paola, rilasciata prima ancora che il contribuente eccepisse il segreto professionale. Tale autorizzazione, priva di riferimento specifico ai documenti da acquisire, veniva, pertanto, giudicata inidonea.

La CTR, inoltre, aveva evidenziato che l’avviso di accertamento si fondava in misura determinante su dichiarazioni di terzi e sulla documentazione extracontabile così illegittimamente acquisita, elementi ritenuti non sufficienti, da soli, a sorreggere la pretesa impositiva.

Avverso tale decisione l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, lamentando, da un lato, la violazione dell’art. 52 del D.P.R. n. 633/1972 e dell’art. 103 c.p.p. (sostenendo la legittimità dell’autorizzazione preventiva) e, dall’altro, la violazione degli artt. 39 del D.P.R. n. 600/1973, 54 del D.P.R. n. 633/1972 e 2697 c.c., per avere i giudici di merito negato la valenza probatoria della contabilità parallela.

Accertamenti fiscali e segreto professionale: la decisione della Cassazione

Rigetto del ricorso e chiarimenti sull’autorizzazione giudiziaria

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, confermando la sentenza della CTR calabrese.

Sul primo motivo, la Suprema Corte ha chiarito che l’art. 52, comma 3, del D.P.R. n. 633/1972 richiede un’autorizzazione specifica del Procuratore della Repubblica (o dell’autorità giudiziaria più vicina) per l’esame dei documenti in relazione ai quali sia stato eccepito il segreto professionale. Tale autorizzazione non può essere preventiva e generica, ma deve intervenire successivamente all’opposizione del segreto, con puntuale riferimento ai documenti oggetto di tutela.

Nel caso di specie, invece, il segreto professionale era stato opposto durante l’accesso da parte della Guardia di Finanza, per cui i militari potevano esaminare i documenti esclusivamente in presenza di un’autorizzazione ad hoc, rilasciabile solo dopo l’eccezione del professionista, costituendo quest’ultima il presupposto per il rilascio del provvedimento medesimo.

Il precedente delle Sezioni Unite e il principio di specificità

La Corte ha poi richiamato un precedente delle Sezioni Unite (Cass. n. 11082/2010), in cui si è affermato che l’autorizzazione deve avere un “[…] contenuto motivazionale necessariamente correlato all’esigenza di esplicitare l’avvenuta comparativa valutazione delle contrapposte ragioni offerte dalle parti, ovverosia dei motivi per i quali il contribuente – professionista ha opposto il segreto professionale e delle ragioni che, secondo l’organo verificatore, rendono necessari e/o indispensabili, ai fini della verifica fiscale in atto, l’esame dei documenti e/o l’acquisizione delle notizie “secretati” […]”.

La Cassazione, pertanto, proprio in forza del sopra richiamato orientamento delle Sezioni Unite, ha affermato che l’autorizzazione di cui all’art. 52, co. 3, del D.P.R. 633 del 1972 possa essere legittimamente adottata “solo dopo che il segreto professionale è stato eccepito, e non anche in via preventiva, quando ancora non è dato sapere se, ed eventualmente in relazione a quali documenti, esso sarà opposto”.

Esclusione della contabilità parallela e garanzie processuali

Quanto al secondo motivo di ricorso, la Cassazione lo ha dichiarato inammissibile, rilevando che la CTR non aveva affatto affermato l’irrilevanza, in astratto, della “contabilità parallela” quale fonte di accertamento, ma si era limitata a constatare l’inutilizzabilità, a fini fiscali, della documentazione acquisita in violazione delle garanzie di legge (ossia il block notes).

L’ordinanza in esame riafferma un principio di grande rilievo in materia di accertamenti tributari presso gli studi professionali: che il segreto professionale, seppur non assoluto, non può essere superato tramite autorizzazioni generiche o preventive, ma richiede un vaglio giudiziario successivo e puntuale, in grado di bilanciare le contrapposte esigenze in gioco.

La Cassazione consolida così un orientamento garantista, volto a preservare la riservatezza dei rapporti fiduciari tra professionista e cliente, limitando l’azione accertatrice dello Stato ai soli casi in cui ci sia stata una valutazione comparativa seria e motivata.

Dal punto di vista operativo, la pronuncia conferma che la violazione delle garanzie processuali in sede di acquisizione documentale inficia l’intero accertamento basato su prove raccolte illegittimamente.

 

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