Applicazione IVA su onorari legali pagati dalla parte soccombente

Novembre 15, 2025 - 10:30
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Applicazione IVA su onorari legali pagati dalla parte soccombente

lentepubblica.it

Con una decisione destinata ad avere ripercussioni di rilievo per il mondo forense europeo, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha affrontato, nella causa C-744/23 del 23 ottobre 2025, un tema che da anni alimentava dubbi interpretativi: quando un avvocato offre assistenza gratuita al proprio cliente, ma riceve un compenso minimo dalla parte che perde la causa, tale somma deve essere considerata un corrispettivo imponibile ai fini IVA?


Il caso esaminato dai giudici europei trae origine da una vicenda sviluppatasi in Bulgaria, ma tocca un nodo di interesse generale per tutti gli operatori del diritto: capire se la presenza di un terzo pagatore, l’incertezza legata al risultato del processo e la natura obbligatoria del pagamento incidano sulla qualificazione dell’operazione come prestazione “a titolo oneroso”, dunque soggetta all’imposta sul valore aggiunto.

Il contesto normativo: quando una prestazione è “a titolo oneroso”

La Direttiva IVA del 2006 stabilisce che una prestazione di servizi rientra nel campo dell’imposta se è effettuata a fronte di un compenso, da parte di un soggetto passivo che agisce nell’esercizio della sua attività. In linea generale, quindi, ciò che conta è l’esistenza di una controprestazione: se un servizio è fornito gratuitamente e non vi è alcun versamento in favore del prestatore, l’operazione non è imponibile.

L’economia reale, tuttavia, offre numerose situazioni intermedie. Ne è un esempio la prassi degli onorari legali legati al risultato: il pagamento dipende dall’esito della causa e può quindi verificarsi solo a determinate condizioni. Un modello che, pur essendo comune, dà luogo a incertezze quando il compenso proviene da soggetti diversi dal cliente.

Il caso bulgaro: assistenza gratuita al cliente, pagamento dalla parte soccombente

Nella vicenda alla base della pronuncia, uno studio legale aveva accettato di rappresentare un cliente economicamente svantaggiato senza chiedere alcun compenso. Tale possibilità è prevista dalla normativa bulgara, che consente prestazioni ai soggetti in difficoltà senza corrispettivo.

Nonostante ciò, al termine del giudizio il tribunale aveva condannato la controparte al pagamento dell’onorario minimo previsto dal regolamento nazionale, calcolato in 400 leva, cui aggiungere l’IVA richiesta dallo studio legale. La parte soccombente aveva però contestato l’applicazione dell’imposta, sostenendo che, essendo il cliente esonerato dal pagamento, l’attività dovesse essere considerata “gratuita” anche ai fini fiscali.

Da qui la domanda pregiudiziale alla Corte di Giustizia: il fatto che il cliente non sostenga spese elimina l’onerosità della prestazione? E la circostanza che il pagamento dipenda dal successo processuale esclude l’esistenza di un “corrispettivo”?

L’analisi della Corte: ciò che conta è il beneficio ricevuto e il pagamento a favore del professionista

I giudici europei hanno affrontato la questione partendo dalla natura stessa dell’IVA, che è un’imposta generale sul consumo. Di conseguenza, l’attenzione si sposta sul fatto che un soggetto abbia sostenuto un costo per ottenere un servizio, non sull’identità di chi materialmente effettua il pagamento. La direttiva, infatti, ammette esplicitamente che il corrispettivo possa essere versato da un terzo.

Secondo la Corte, nel momento in cui l’avvocato svolge la propria attività professionale per conto di un cliente, la prestazione esiste e ha un valore economico, indipendentemente dal fatto che il cliente paghi o meno. Quando la legge impone alla parte soccombente di rimborsare un onorario minimo allo studio legale, quel versamento rappresenta a tutti gli effetti il prezzo del servizio. E, come tale, ricade nell’ambito applicativo dell’IVA.

L’incertezza del compenso non elimina l’imponibilità

Un altro nodo affrontato dalla Corte riguarda l’aleatorietà dell’onorario: il pagamento avviene solo se il cliente vince la causa, e il suo importo è fissato da una norma. Per i giudici, questo elemento non ha alcuna rilevanza ai fini dell’esistenza della prestazione imponibile.

L’incertezza può incidere sul momento in cui nasce l’obbligo di versare l’IVA o sull’importo preciso dell’imposta, ma non sulla natura economica dell’operazione. Anche i compensi variabili o subordinati a condizioni non perdono il loro carattere di corrispettivo.

Il “nesso diretto” tra servizio e compenso: quando il pagamento è legato alla prestazione

Per qualificare un’operazione come imponibile, è necessario che esista un collegamento diretto tra il servizio fornito e la somma percepita. Nel caso bulgaro, questo legame deriva dalla stessa norma che impone alla parte perdente di sostenere un onorario minimo a favore del legale della controparte vittoriosa. È la legge a creare il rapporto giuridico che connette la prestazione al pagamento.

La Corte ha ricordato che tale rapporto non deve necessariamente derivare da un contratto: può essere stabilito anche da una disposizione normativa, purché l’ammontare versato rappresenti il valore del servizio reso.

Il confronto con precedenti giurisprudenziali

La pronuncia si inserisce in un percorso interpretativo non sempre lineare. Alcune sentenze precedenti – in particolare Tolsma e Baštová – avevano generato incertezza, poiché in quei casi la Corte aveva ritenuto non imponibili somme versate in modo volontario o premi ottenuti in competizioni sportive. Tuttavia, tali situazioni, secondo i giudici, sono radicalmente diverse dalla vicenda attuale: nei casi citati mancava qualsiasi collegamento diretto tra il pagamento e una prestazione destinata a un consumatore.

Qui, invece, la somma pagata non è un regalo, né un premio, né un’attribuzione casuale: è il corrispettivo dovuto per un servizio giuridico concreto e misurabile.

Le conseguenze della decisione

In conclusione, la Corte ha stabilito che l’onorario minimo liquidato alla parte vittoriosa costituisce un compenso imponibile e deve essere assoggettato all’IVA. Ciò significa che lo studio legale è tenuto a dichiarare l’imposta e la parte soccombente deve versarla unitamente all’onorario stabilito.

La pronuncia contribuisce a eliminare margini di ambiguità che avevano creato interpretazioni discordanti nei tribunali nazionali e chiarisce un principio fondamentale: ai fini dell’IVA, ciò che rileva non è il contenuto del contratto tra avvocato e cliente, ma l’esistenza di un pagamento legato al servizio reso, anche se effettuato da un soggetto estraneo al rapporto professionale originario.

La sentenza della Corte di Giustizia UE sull’applicazione dell’IVA su onorari legali pagati dalla parte soccombente

Qui il documento completo.

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