Emergenza educativa: livelli mai così bassi per gli studenti in italiano e matematica
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Il panorama dell’istruzione italiana, a cinque anni dall’emergenza sanitaria, restituisce un quadro complesso dove si intrecciano progressi significativi e criticità ancora profonde: per gli studenti problemi enormi sia in italiano sia in matematica.
Le rilevazioni più recenti dell’ISTAT mostrano infatti che, nonostante vari indicatori abbiano ripreso a crescere, la qualità delle competenze di base acquisite dagli studenti della scuola secondaria di primo grado rimane lontana dai livelli precedenti al 2020.
L’impatto della pandemia si è rivelato particolarmente evidente nelle abilità linguistiche e matematiche: la quota di alunni che non raggiunge competenze ritenute adeguate è salita sensibilmente tra il 2019 e il 2021, passando dal 35,2% al 38,5% per l’italiano e dal 39,6% al 44,5% per la matematica. Una tendenza che non è stata ancora recuperata, nemmeno nel 2025, segno che l’interruzione della didattica ordinaria ha prodotto effetti duraturi sull’apprendimento.
Qualche segnale positivo c’è
Nell’ultimo anno preso in esame, però, il quadro generale dell’istruzione e della formazione mostra dinamiche meno omogenee ma nel complesso incoraggianti: sette indicatori migliorano, due peggiorano e sei restano stabili. Tra i segnali positivi spicca l’aumento delle persone con almeno un diploma di scuola superiore, ora al 66,7%, così come la crescita dei laureati tra i 25 e i 34 anni, che raggiungono il 31,6%. In aumento anche il numero dei neodiplomati che prosegue gli studi universitari, passato al 52,4%.
Si rafforza inoltre la partecipazione culturale: crescono sia le attività fuori casa sia la frequentazione delle biblioteche. Parallelamente cala la percentuale di giovani che non studiano né lavorano – i cosiddetti NEET – e diminuisce il numero di chi abbandona il percorso scolastico dopo la scuola media. Sul fronte opposto, la competenza alfabetica degli studenti registra una nuova flessione, così come la partecipazione alla formazione continua, che segna un arretramento dopo anni di costante aumento.
Ma il quadro è molto articolato
Analizzando le tendenze di lungo periodo il quadro si fa ancor più articolato. Otto indicatori mostrano un miglioramento rispetto agli anni precedenti, tre peggiorano e altri tre non seguono una direzione precisa. Il calo dei NEET è tra i fenomeni più rilevanti: dal 23,2% del 2018 si scende al 15,2%, uno dei risultati più significativi dell’ultimo decennio. Anche la dispersione scolastica registra un deciso arretramento: i giovani tra 18 e 24 anni che abbandonano la scuola con al massimo il diploma di terza media passano dal 14,3% del 2018 al 9,8%.
Analogamente, cresce la quota di ragazzi che, ottenuto il diploma di scuola superiore, decide di iscriversi subito all’università, raggiungendo il 52,4% contro il 49,1% del 2014. Un miglioramento si registra anche per i servizi educativi della prima infanzia: gli asili nido accolgono oggi oltre un terzo dei bambini tra 0 e 2 anni, quasi il doppio rispetto a un decennio fa.
Prosegue inoltre l’aumento dei laureati, compresi quelli che scelgono discipline scientifiche e tecnologiche: nel 2022 i laureati STEM tra i 20 e i 29 anni erano 18 ogni mille residenti, contro i 14 ogni mille del 2014.
La partecipazione alla formazione continua, pur registrando un rallentamento nell’ultimo anno, mostra un trend favorevole sul medio periodo: nel 2024 coinvolge il 10,4% della popolazione, con un incremento di oltre due punti rispetto al 2018.
Emergenza per gli studenti: carenze gravi in italiano e matematica
Non mancano tuttavia i segnali negativi. La lettura di libri e quotidiani è in costante calo e coinvolge ormai solo il 35,3% della popolazione. In lieve peggioramento anche la partecipazione alla scuola dell’infanzia, che pur tornando al 95% non ha ancora recuperato completamente il livello del 2014.
Il nodo più critico resta però quello delle competenze degli studenti. Le prove standardizzate mostrano che nel 2024 circa il 40% degli alunni di terza media non raggiunge un livello di comprensione del testo ritenuto sufficiente. Il divario territoriale è marcato: nel Mezzogiorno quasi uno studente su due presenta difficoltà significative, contro valori molto più contenuti nel Centro e nel Nord. Il peggioramento rispetto al 2018 è generale, ma particolarmente evidente nelle regioni settentrionali, che registrano un aumento di oltre sette punti percentuali degli studenti in difficoltà.
Anche le differenze di genere sono significative: il 44,4% dei ragazzi non raggiunge la soglia minima di competenza alfabetica, contro il 35,1% delle ragazze. E sono proprio gli studenti maschi ad aver registrato il peggior calo negli ultimi sei anni.
La situazione non è più rosea sul fronte matematico: nel 2024 quasi il 45% degli studenti non possiede competenze numeriche di base. Nel Mezzogiorno questa percentuale sale al 56%, confermando un divario persistente. Anche qui il peggioramento dal 2018 è generalizzato, con incrementi particolarmente sensibili nel Nord e nel Centro. A differenza dell’italiano, in matematica sono invece le studentesse a mostrare maggiori difficoltà: il 47% non raggiunge il livello minimo richiesto, contro il 41,2% dei loro compagni.
Un sistema educativo che è un “cantiere aperto”
Il quadro complessivo rivela quindi un sistema educativo in trasformazione, capace di migliorare l’accesso all’istruzione e ridurre la dispersione, ma che fatica ancora a garantire a tutti gli studenti competenze solide e uniformi. Le sfide dei prossimi anni passeranno inevitabilmente dalla capacità di colmare divari territoriali, investire nella qualità dell’insegnamento e rafforzare il supporto agli alunni più fragili, per evitare che il gap aperto dalla pandemia si trasformi in una fragilità strutturale.
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