Meloni denunciata su sostegno a Israele per genocidio: esposto alla Corte Penale Internazionale

Ottobre 8, 2025 - 17:30
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Meloni denunciata su sostegno a Israele per genocidio: esposto alla Corte Penale Internazionale

lentepubblica.it

Un gruppo di accademici e giuristi ha presentato alla Corte Penale Internazionale (CPI) una denuncia contro la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, accusandola di “complicità in genocidio” per il sostegno dell’Italia a Israele durante la guerra a Gaza.


La notizia è stata resa nota martedì 7 ottobre, quando la stessa Meloni, intervenendo in un programma televisivo, ha confermato di essere stata citata nella documentazione depositata all’Aia.

L’esposto e le accuse

La denuncia, datata 1° ottobre, risulta firmata da circa cinquanta persone, tra cui professori di diritto, avvocati e personalità pubbliche. Nel testo si afferma che, “sostenendo il governo israeliano, in particolare attraverso la fornitura di armi letali, l’esecutivo italiano si è reso complice del genocidio in corso e dei gravissimi crimini di guerra e contro l’umanità commessi contro il popolo palestinese”.

Il gruppo promotore chiede alla Corte dell’Aia di valutare l’apertura di un’indagine formale per accertare eventuali responsabilità del governo italiano e di altri Paesi europei nella fornitura di armamenti utilizzati nel conflitto. Secondo quanto emerge, l’iniziativa si inserisce nel più ampio dibattito internazionale sulle forniture militari a Israele, oggetto di crescenti contestazioni da parte di organizzazioni umanitarie e giuristi.

Il contesto internazionale

La Corte Penale Internazionale ha già emesso mandati di arresto nei confronti del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e dell’ex ministro della Difesa Yoav Gallant. Entrambi sono accusati di crimini di guerra e contro l’umanità, tra cui omicidio, persecuzione e uso della fame come strumento di guerra nella Striscia di Gaza. Tuttavia, finora la CPI non ha formulato accuse specifiche di genocidio contro i due leader.

Il nuovo esposto – che cita anche Meloni e altri responsabili politici europei – si concentra invece proprio su questa ipotesi di reato, sostenendo che il sostegno politico e materiale fornito a Israele da alcuni governi occidentali avrebbe contribuito a “perpetuare un’azione sistematica di distruzione di un popolo”.

Le forniture italiane

Secondo i dati del Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI), tra il 2020 e il 2024 l’Italia è stata uno dei pochi Paesi, insieme a Stati Uniti e Germania, a esportare “armi convenzionali di grande calibro” verso Israele. Anche se Washington e Berlino hanno coperto il 99% delle forniture totali nella categoria dei sistemi più complessi – come aerei, missili, carri armati e difese antiaeree – Roma figura comunque tra i partner militari del governo israeliano.

Nel dettaglio, l’Italia avrebbe fornito a Israele elicotteri leggeri e cannoni navali, oltre a contribuire alla produzione di componenti per i caccia F-35, nell’ambito del programma internazionale guidato dagli USA. Quest’ultimo aspetto è particolarmente delicato, poiché – come sottolineato dal SIPRI – diversi osservatori hanno espresso preoccupazioni sull’utilizzo di questi velivoli in operazioni che potrebbero violare il diritto umanitario internazionale.

Le critiche verso i trasferimenti di F-35 o di loro parti a Israele derivano dal timore che tali mezzi vengano impiegati in attacchi contro civili o infrastrutture non militari,” ha spiegato l’istituto svedese nel suo ultimo rapporto annuale.

Le reazioni politiche

Giorgia Meloni, interpellata dai giornalisti, ha definito l’accusa “surreale”, sostenendo che l’Italia ha sempre operato nel pieno rispetto delle leggi internazionali e degli impegni assunti in ambito NATO e Unione Europea. “Non accetto lezioni da chi usa la tragedia di un popolo per fini politici – ha dichiarato –. Il nostro governo ha sempre difeso il diritto di Israele a esistere e a proteggersi, ma ha anche lavorato per garantire corridoi umanitari e assistenza ai civili di Gaza”.

Dalla maggioranza sono arrivate manifestazioni di solidarietà alla premier, mentre le opposizioni hanno chiesto maggiore chiarezza sulle forniture di armamenti a Tel Aviv e sul rispetto delle convenzioni internazionali che regolano l’esportazione di materiali bellici. Alcuni deputati hanno ricordato che la legge italiana vieta la vendita di armi a Paesi coinvolti in conflitti in cui possano essere commesse violazioni dei diritti umani.

Il nodo delle responsabilità

L’iniziativa giudiziaria contro Meloni solleva interrogativi più ampi sul ruolo dell’Europa nella crisi mediorientale. Nonostante le numerose risoluzioni dell’ONU che chiedono il cessate il fuoco e la protezione dei civili, molti governi occidentali continuano a sostenere Israele sia politicamente sia economicamente, in nome della sicurezza e della lotta al terrorismo.

Tuttavia, la linea tra difesa legittima e complicità in violazioni del diritto internazionale appare sempre più sottile. “Chi fornisce armi sapendo che potrebbero essere impiegate in attacchi contro civili non può ritenersi neutrale”, ha affermato uno dei firmatari dell’esposto, un docente di diritto internazionale di un’università europea, sottolineando la necessità di un controllo più rigoroso sulle esportazioni di armamenti.

Un dibattito destinato a crescere

La questione del coinvolgimento indiretto dell’Europa nei conflitti armati rappresenta da tempo oggetto di dibattito tra giuristi e organizzazioni pacifiste. La denuncia presentata all’Aia contro Meloni, anche se difficilmente porterà a un procedimento immediato, potrebbe aprire una nuova fase di riflessione politica e giuridica sul rapporto tra commercio delle armi, responsabilità dei governi e tutela dei diritti umani.

Nel frattempo, la guerra a Gaza continua a suscitare indignazione a livello globale. Le Nazioni Unite hanno ripetutamente denunciato la situazione umanitaria nella Striscia, dove mancano acqua potabile, elettricità e medicine, e dove le vittime civili, secondo le ONG, superano ormai decine di migliaia.

L’Italia, pur ribadendo il proprio impegno per una soluzione diplomatica, si trova ora al centro di una controversia che mette in discussione la coerenza della sua politica estera. La denuncia alla Corte Penale Internazionale rappresenta un segnale politico forte, destinato a riaccendere il dibattito su come conciliare solidarietà internazionale, interessi strategici e rispetto dei diritti fondamentali.

Se la CPI deciderà di procedere con un’indagine preliminare, si aprirà uno scenario inedito che potrebbe coinvolgere non solo Roma ma anche altri governi europei. Per ora, la premier Meloni respinge ogni accusa, ma la vicenda rischia di pesare sull’immagine dell’Italia in un momento in cui la comunità internazionale chiede sempre più trasparenza e responsabilità nelle scelte di politica estera.

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