Non solo la base industriale per la difesa, all’UE manca anche la ricerca militare
Bruxelles – Sulla difesa l’Europa degli Stati continua a spendere più parole che denaro. Qualcosa sta cambiando, complice un quadro globale più incerto e una generalizzata percezione di guerra aperta con la Russia. Tuttavia l’UE e i suoi Paesi membri continuano a procedere lentamente e in ordine sparso, come dimostrano i numeri relativi alla ricerca militare contenuti in un’analisi del centro studi del Parlamento europeo. Confrontando l’Unione europea con gli Stati Uniti nella spesa per l’innovazione nella difesa e emerge che “l‘UE e i suoi Stati membri” insieme nel 2023 hanno stanziato 14,4 miliardi di euro per la ricerca e sviluppo militare, che include la spesa per la ricerca e la tecnologia (R&T), “una frazione dei 130 miliardi di euro spesi dagli Stati Uniti” nello stesso anno.
Insomma, già a da questo singolo dato per gli esperti del Parlamento europeo “diventa evidente che l’UE ha molto da recuperare”, e non solo in termini di budget. C’è una riorganizzazione da fare, che passa per una concezione più europea della difesa. Perché per l’UE “la sfida è aggravata dal fatto che le risorse limitate sono distribuite tra iniziative frammentate, con i singoli Stati membri che perseguono priorità distinte e agiscono in gran parte in modo isolato”.
L’industria della difesa europea agli Stati: “Basta contratti di appalto a fornitori di Paesi terzi”
E’ questo quel richiamo alla “difesa coordinata” che Mario Draghi rivolse ai partner europei nella sua veste di presidente del Consiglio, prima ancora di redigere il suo libro bianco per la difesa (che Eunews ha tradotto integralmente in italiano). Ma il dato su ricerca e sviluppo nel settore militare evidenzia anche un problema strutturale europeo: “L‘assenza dell’Europa dalle prime 15 aziende tecnologiche globali illustra ulteriormente il ritardo del continente nell’innovazione”, denuncia l’analisi del Parlamento europeo. Giusto per avere un’idea e una dimensione del problema, basti pensare che nel 2023 gli investimenti privati nell’intelligenza artificiale negli Stati Uniti ammontavano a 62,5 miliardi di euro, mentre l’UE e il Regno Unito insieme ne hanno attratti un settimo, circa 9 miliardi di euro.
C’è poi la questione, anche questa strutturale, di un’Europa della difesa che non c’è, e che fa ancora troppo affidamento agli Stati Uniti. Negli anni 2020-2024, e dunque prima ma anche dopo lo scoppio del conflitto russo-ucraino, gli Stati Uniti hanno fornito armamenti di prima necessità a 107 stati, con le esportazioni verso l’Europa più che triplicate. Non sorprende, quindi, se solo nel 2023 il fatturato dell’industria della difesa con sede nell’UE è stimato in circa 120 miliardi di euro, mentre i principali gruppi industriali americani – Lockheed Martin, RTX, Northrop Grumman, Boeing, General Dynamics – insieme hanno fatturato il corrispettivo di 170,3 miliardi di euro (198,16 miliardi di dollari). Cinque aziende USA fatturano più di tutta l’UE, e la base industriale a stelle e strisce è composta da 60mila aziende. Anche questo un numero che serve a capire i ritardi di un’Unione europea invitata ancora una volta a invertire rotta.
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