Alla scoperta di Beatrice Lorenzini, il naso più giovane d’Italia
Il genio e il talento non hanno età. Come quello di Beatrice Lorenzini, romana, il naso più giovane d’Italia, che oggi è co-founder, insieme al fratello Filippo, del brand di profumeria di nicchia Lorenzini Parfum.
La passione di questo giovanissimo nasce in tenera età e il suo percorso la porterà a creare la sua prima fragranza, Mon Coeur, a soli 14 anni. Il 25 ottobre invece, è uscita Gloria Mundi, l’ottava fragranza della collezione che racconta la sua evoluzione tra tecnica, cultura e sensibilità artistica. Il suo è un esempio di profumeria narrativa, dove ogni fragranza racconta una storia che, tra inaspettati colpi di scena, si evolve come un romanzo che regala un’esperienza sensoriale completa.

Beatrice Lorenzini – Foto Courtesy Press Office
Nel suo percorso, Beatrice Lorenzini ha saputo coniugare due mondi solo apparentemente distanti: la scrittura e l’arte olfattiva. Oggi insegna scrittura sensoriale e continua a creare profumi di nicchia che rappresentano un nuovo modo di intendere la profumeria artistica: libera dalle tendenze, autentica, evocativa. In un’epoca in cui anche il mondo del #Perfumetok detta regole e mode, la sua voce emerge come quella di una creatrice consapevole, fedele all’essenza più pura della profumeria d’autore.

Le fragranze Lorenzini Parfum – Foto Courtesy Press Office.
Come è iniziato il tuo percorso nel mondo della profumeria?
«Ho iniziato giovanissima a essere attratta dai profumi. Da bambina mescolavo quelli che trovavo in casa. La vera svolta è arrivata a 12 anni, quando ho ricevuto il mio primo carico di materie prime di grado professionale per la profumeria. Sono rimasta affascinata da questo universo olfattivo immenso: per anni ho solo imparato a conoscerle, prima ancora di iniziare a formulare».
Quando hai creato la tua prima fragranza?
«A 14 anni. Si chiama Mon Coeur e fa parte della nostra collezione di profumi di nicchia. Ho continuato da autodidatta, coltivando parallelamente un’altra mia grande passione, la scrittura creativa. Quando ho unito le due cose, è nata la nostra forma di comunicazione che chiamiamo profumeria narrativa: ogni fragranza è una storia in tre atti, con la sua evoluzione e i suoi colpi di scena».
Cosa intendi per profumeria narrativa?
«È una forma di profumeria artistica in cui ogni fragranza racconta una storia vera e propria, anche nella sua evoluzione olfattiva. Le materie prime vengono scelte e bilanciate con estrema cura affinché l’evoluzione del profumo segua la struttura di una narrazione: introduzione, sviluppo e conclusione».
Hai poi seguito una formazione specifica?
Sì, ho fatto corsi di perfezionamento a Grasse, in Francia, la culla della profumeria di nicchia. Ma continuo ancora oggi a studiare: la profumeria è un’arte in cui non si smette mai di imparare.

Foto Courtesy Press Office
Che ruolo hanno la scrittura e la natura nella tua arte olfattiva?
«Vivo in campagna e passo molto tempo a contatto con la natura: curare il giardino, i fiori, l’orto. È lì che trovo i momenti più puri di creatività. Anche la scrittura è parte di me: insegno scrittura sensoriale, un approccio che unisce linguaggio e percezioni, portando nella parola la profondità del senso olfattivo».
Ricordi il primo incontro con un profumo, quello che ha cambiato la tua vita?
«Sì, è stato con Fahrenheit, che indossava mio fratello. È la fragranza che mi ha folgorata: fresca e importante allo stesso tempo. L’ho percepita come qualcosa di prezioso e quasi sacro — un approccio che mantengo tuttora nella mia idea di profumeria».
Come è cambiato nel tempo il tuo approccio alla creazione delle fragranze?
«All’inizio era più difficile tradurre in profumo ciò che avevo in mente. Con l’esperienza, la mia mano è diventata più sicura. La fragranza che ha segnato una svolta per me è The Spice Melange, composta con oltre 75 materie prime e un equilibrio che considero perfetto. È un profumo complesso ma armonioso, la sintesi della mia crescita come naso profumiere».
Ogni profumo racconta una storia. Che tipo di storie sono?
«Le considero vere e proprie traduzioni sensoriali di archetipi universali. Ogni profumo nasce da una riflessione sull’essere umano, dalla mitologia alla letteratura. Come nel caso di Gloria Mundi, ispirata alla transitorietà della gloria umana».
Da come ti esprimi direi che hai una formazione classico-letteraria, è così?
«Sì, ho studiato al liceo classico e poi lettere moderne. Ma a un certo punto ho sentito il bisogno di trasformare la parola scritta in un linguaggio più viscerale: quello dei profumi. Così ho fondato il mio brand e iniziato il mio percorso nella profumeria di nicchia».
Cosa insegni quando parli di scrittura sensoriale?
«Insegno a risvegliare i sensi dimenticati nella scrittura, in particolare gusto e olfatto. Si lavora sul vocabolario olfattivo, lo stesso che usiamo noi profumieri per comprendere le materie prime. È un esercizio di percezione e consapevolezza».
Hai una materia prima del cuore?
«Il muschio di quercia. È selvaggio ma elegante, rappresenta per me l’equilibrio tra uomo e natura. È una materia prima che racconta la terra e il pensiero umano allo stesso tempo».
Hai una firma olfattiva?
«Lo stile. Chi conosce i miei profumi di nicchia li riconosce subito. C’è una coerenza nel linguaggio olfattivo, anche se ogni fragranza ha una sua identità. Spesso uso ambra grigia e muschio bianco, ma mai nello stesso modo: ogni composizione è unica».
Qual è la fragranza con cui ti identifichi?
«Luna è il mio autoritratto. È la fragranza che racconta il potere delle cose celate che si rivelano. Nasce da un haiku: “Il tetto si è bruciato, ora posso vedere la luna”. Parla di cambiamento, fragilità e rinascita, con note di zibetto, cardamomo, gardenia, rosa bulgara, muschio di quercia, ambra e vaniglia».
Mi vuoi raccontare Gloria Mundi, la tua ultima creazione?
«Gloria Mundi è il mio primo gourmand vintage. È una fragranza che racconta l’Impero Romano: la grandezza, la conquista e il declino. Ho usato materie prime rare e preziose come datteri, osmanto, fiori d’arancio, iris, vaniglia del Madagascar e fava tonka. È un profumo di nicchia che non segue le tendenze, ma le sovverte».

Gloria Mundi, l’ultima creazione di Beatrice Lorenzini – Foto Courtesy Press Office
Come vedi la profumeria artistica oggi, anche in luce del grande successo del #perfumetok?
«Credo che la profumeria artistica stia vivendo un momento difficile: i social hanno creato una barriera di finta conoscenza. Molti arrivano in profumeria di nicchia cercando performance da profumi commerciali. Ma la nuova generazione, la Generazione Z, sta riscoprendo la profumeria d’autore come spazio di libertà e autenticità.
Il Perfumetok ha un impatto enorme, ma non sempre positivo: serve consapevolezza per distinguere l’arte dalla tendenza».
E il tuo messaggio finale?
«Per me creare profumi di nicchia è un atto di ribellione poetica. È dare voce all’olfatto, il senso più puro e meno ingannato, e restituirgli la forza di raccontare l’essere umano».
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