ArtePadova 2025: nuove genealogie e materie dell’arte contemporanea
ArtePadova 2025 esplora nuove genealogie artistiche, materie che agiscono e installazioni immersive tra maestri del Novecento e ricerche contemporanee.
ArtePadova 2025: genealogie che si ricombinano,
materie che agiscono, percezioni che si riaprono
L’edizione 2025 di ArtePadova ha restituito l’immagine di una fiera che non si limita a mostrare, ma riformula continuamente la propria mappa interna. Un organismo mobile, attraversato da oltre 26.000 visitatori, in cui le genealogie dell’arte italiana e internazionale si sono innestate con sorprendente fluidità sulle ricerche più attuali.
I padiglioni costruivano un percorso in cui il Novecento non appariva come un repertorio chiuso, bensì come una fonte ancora attiva. Le vibrazioni di Carla Accardi, le strutture mentali di Alighiero Boetti, le combustioni calibrate di Alberto Burri, le trame cromatiche di Piero Dorazio e le fenditure spaziali di Lucio Fontana delineavano un pensiero sulla forma che rimane centrale nel dibattito contemporaneo.
Attorno a questo asse si innestavano le cancellature di Emilio Isgrò, le architetture simboliche di Giuseppe Capogrossi, le presenze materiche di Jannis Kounellis, la ferita urbana di Mimmo Rotella, l’immaginario espansivo di Mario Schifano, le iconografie di Andy Warhol, la monumentalità di Christo e i teatri metafisici di Giorgio De Chirico.
Sul fronte delle ricerche contemporanee, le introspezioni figurali di Carla Bedini, le dinamiche materiche di Theo Gallino, le traiettorie poetiche di Amanda Chiarucci e le pulsazioni culturali di Esther Mahlangu amplificavano un panorama eterogeneo, segnato da una forte attenzione ai processi e ai comportamenti della materia.
È in questo paesaggio di stratificazioni che si colloca la presenza di Elena Brovelli, la cui ricerca sui portali cosmici introduce una modalità percettiva alternativa, meno legata all’immagine e più vicina a una forma di attivazione sensoriale. La sua installazione si configurava come punto di densità interna alla fiera: un’emanazione fibrosa e iridescente che, discendendo nello spazio, apriva una soglia di attenzione diversa, quasi una micro-interferenza nel ritmo dei padiglioni.
Qui, la materia non rappresentava: agiva.
La presenza di Banca Mediolanum, sponsor dell’edizione, contribuiva a rafforzare l’aura attorno a quest’area della fiera, senza interromperne la lettura curatoriale; piuttosto, ne evidenziava il carattere di transito, di passaggio controllato.
L’impressione conclusiva, muovendosi lungo i corridoi, era quella di un ecosistema in ridefinizione costante, in cui le pratiche più sperimentali non si pongono in rottura con gli archetipi del secolo scorso, ma ne ereditano l’attitudine a interrogare materia, tempo e percezione. ArtePadova 2025 si è rivelata, così, meno un’arena espositiva e più una topografia di soglie: alcune storicizzate, altre emergenti, altre ancora – come le aperture introdotte da Brovelli – capaci di suggerire sensibilità prossime al lessico visivo del terzo millennio.
Un attraversamento in piena regola: una fiera che, nell’alternanza di memorie e nuovi comportamenti della materia, ha finito per funzionare essa stessa come un dispositivo di passaggio. Un portale, in senso quasi letterale.
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