I costi occulti del cibo tra consumo di risorse naturali e salute

Roma, 17 set. (askanews) – I costi occulti delle filiere agroalimentari italiane hanno un impatto sociale e ambientale e si misurano in termini di spese sanitarie, degrado del suolo, perdita di biodiversità, consumo idrico. E’ quanto emerge dall’Indice di Impatto Socio-ambientale delle Filiere Agroalimentari (indice ISFA), sviluppato dal Centro studi Up2You, su commissione di Gruppo Food e presentato durante la nuova edizione di Food Social Impact 2025. Si tratta del primo indicatore che monetizza sistematicamente i costi nascosti della filiera alimentare, articolandoli in tre pilastri: ambiente, nutrizione e persone.
Secondo il rapporto, ad esempio, lo yogurt al chilo non costa 4 euro, come recita l’etichetta, ma 6,61: il 65% in più, una differenza che non paga il consumatore alla cassa ma la collettività, sotto forma di spese sanitarie, degrado del suolo, perdita di biodiversità. La pasta, simbolo della dieta mediterranea, presenta un costo nascosto del 42% in più, mentre la passata di pomodoro arriva al +53% per effetto soprattutto del consumo idrico.
L’indice ISFA mostra inoltre una chiara distinzione tra filiere più complesse ed energivore, come latticini e carni, e filiere più corte e virtuose. I piselli surgelati, ad esempio, evidenziano un costo nascosto di soli 0,80 euro/kg, pari al 20% del prezzo di scaffale, posizionandosi tra i prodotti più sostenibili.
I risultati dell’Indice di Impatto Socio-ambientale delle Filiere Agroalimentari di sono stati presentati in anteprima nazionale a Food Social Impact 2025, l’evento annuale organizzato da Gruppo Food e dedicato quest’anno a “True food cost accounting: misurare l’impatto per governare il cambiamento nella filiera agroalimentare”.
I risultati mostrano il divario tra il prezzo di mercato e il costo reale dei prodotti analizzati. Per la filiera lattiero-casearia (yogurt), l’ISFA ha quantificato un costo esterno di 2,61 /kg, che porta a un aumento del prezzo reale del 65% rispetto al prezzo di vendita; le voci più rilevanti sono le emissioni di gas serra, il benessere animale e la salute e sicurezza dei lavoratori.
Nella pasta, l’extra costo raggiunge 0,68 euro/kg (+42%), dovuto soprattutto alle emissioni durante la fase di essiccazione e al consumo di acqua blu. Anche i piselli surgelati presentano costi nascosti (0,80 euro/kg), ma l’aumento percentuale è più contenuto (circa 20%), grazie a impatti relativamente modesti su tutte le dimensioni. Per la passata di pomodoro l’esternalità è di 1,48 euro/kg, con un incremento del prezzo reale del 51%, dovuto all’impatto sulla biodiversità, all’uso idrico e alle condizioni di lavoro lungo la filiera.
Il pane bianco registra un costo esterno di 1,56 euro/kg, con un incremento del 52%, legato soprattutto all’impatto sulla biodiversità e all’eutrofizzazione da fertilizzanti. Nel prosciutto cotto, il costo nascosto supera i 4,50 euro/kg, mentre l’aumento relativo è più contenuto, anche per effetto del prezzo di partenza già elevato; le voci dominanti sono il benessere animale, le emissioni e l’eutrofizzazione dei mangimi. Infine, nel caso delle banane tradizionali l’extra costo è 0,82 euro/kg (+32%), imputabile a eutrofizzazione, emissioni e condotta etica lungo la filiera.
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