Il “noi” che salverà il mondo

Settembre 25, 2025 - 11:00
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Il “noi” che salverà il mondo

Da Il Segno di settembre

Dove comincia l’uomo? Se lo chiede Telmo Pievani, professore ordinario di Filosofia delle scienze biologiche all’Università degli Studi di Padova, nel suo ultimo libro, scritto con Giuseppe Remuzzi (Pievani, Remuzzi, Dove comincia l’uomo, Solferino). Un brano di un suo saggio, Un quarto d’era (geologica) di celebrità (dalla rivista “Sotto il Vulcano”, Feltrinelli), è stata una traccia di italiano per i maturandi di quest’anno: un invito a riflettere sull’impatto ambientale della civiltà contemporanea, in particolare sul processo di cementificazione e sulla trasformazione del paesaggio italiano.

Professore, come spiega l’affetto che le dimostrano i più giovani?
I ragazzi oggi hanno tanta eco-ansia e anche molta rabbia e, mi spiace dirlo, hanno tutte le ragioni. Dopo tantissime generazioni, è la prima volta in cui lasciamo ai nostri figli un debito anziché una dote. Come educatori dobbiamo essere molto onesti intellettualmente, soprattutto noi che ci occupiamo di crisi ambientale. Va spiegato con chiarezza che stiamo trasferendo loro un problema concreto. Per esempio, nel 2030, quando avranno terminato l’università, si troveranno a vivere e lavorare su un pianeta più caldo di due gradi rispetto all’era preindustriale. Non è una catastrofe, nel senso che ci adatteremo e cambieremo le nostre abitudini, ma aggiungo sempre, senza giri di parole, che la responsabilità è da ricercare nelle tre generazioni che li hanno preceduti. Questo serve per togliere qualsiasi paternalismo e moralismo nei loro confronti: sono nativi climatici, ci sono nati dentro questa cosa. E infatti ragionano diversamente da noi, sono molto più orientati alle soluzioni di quanto lo siamo noi. La transizione ecologica dovremo farla per forza: il problema è – e lo dice la scienza – che la stiamo attuando in un modo troppo lento e contraddittorio. E più siamo lenti più i nostri ragazzi dovranno pagare. Una grandissima ingiustizia, nonché una presa in giro nei loro confronti. Quindi è bene che i ragazzi sappiano che, quando la politica parla di “rimandare”, significa aumentare il debito che dovranno pagare.

La crisi ecologica la interpreta come un fallimento evolutivo della nostra specie?
Userei piuttosto la parola “trappola”. Siamo una specie che cambia, plasmiamo il paesaggio, addomestichiamo gli animali, costruiamo città. Se ripercorriamo tutta la storia umana il nostro successo è dovuto al fatto che modifichiamo il mondo: la Bibbia è piena di storie di popoli che dovevano adattarsi a un mondo difficile e lo facevano in modo attivo, spostandosi. Quante migrazioni sono raccontate nella Bibbia? Quanti tentativi tenaci di sopravvivere a un ambiente severo e avaro? Ecco, quella è la nostra storia. Siamo quelli che hanno combattuto per vivere in un mondo che cambiava e che spesso era ostile. Questo ci ha portato un grande successo: pensiamo al benessere che una parte dell’umanità ha raggiunto nelle ultime tre/quattro generazioni, la riduzione della mortalità infantile, le conquiste della medicina… La trappola è quando il tuo successo nasconde un prezzo di cui tu non ti accorgi, che si accumula nel corso delle generazioni e poi ci presenta il conto. Questo è esattamente quello che sta succedendo dopo tre generazioni di sviluppo economico accelerato, sostanzialmente dal secondo Dopoguerra in poi. Papa Francesco, nella Laudato si’, l’ha detto nel modo più efficace: il grido dei poveri e quello della terra sono lo stesso grido.

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