La legittima revoca del Collegio dei revisori dei conti: il parere del TAR

Novembre 8, 2025 - 01:30
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La legittima revoca del Collegio dei revisori dei conti: il parere del TAR

lentepubblica.it

Una recente pronuncia giuridica del TAR Campania analizza in modo approfondito i casi in cui ha luogo la legittima revoca del Collegio dei revisori dei conti: focus a cura dell’Avvocato Maurizio Lucca.


La sez. I Napoli del TAR Campania, con la sentenza 6 novembre 2025, n. 7159 (est. D’ALTERIO) conferma la piena legittimità della revoca operata dal Consiglio comunale del Collegio dei revisori dei conti (organo interno) a seguito di reiterata violazione del Regolamento di contabilità, con ritardi e aggravi procedimentali riflessi direttamente sulla funzionalità del Comune in non palese contrasto con i doveri di “collaborazione” (assunti peraltro a principio generale dalla legge n. 241/1990, positivizzati, anche dal Codice dei contratti pubblici).

La revoca

Il provvedimento di revoca dell’incarico del revisore o dei componenti del Collegio dei revisori dei conti è un tipico provvedimento di secondo grado, espressione del potere discrezionale ed autoritativo, cui si applica la disciplina in materia di comunicazione di avvio del procedimento, insistendo su una precedente statuizione di tipo autoritativo e pubblicistico: l’affidamento dell’incarico di revisore contabile non costituisce esercizio della generale capacità di diritto privato riconosciuta agli enti pubblici ma è espressione del conferimento di un munus publicum correlato all’esercizio di poteri pubblicistici [1].

Appurata la natura pubblicistica dell’atto a monte di conferimento dell’incarico, se ne deve inferire che sullo stesso l’Amministrazione possa intervenire, esercitando esclusivamente poteri di autotutela pubblicistica anche per evidenti ragioni di simmetria: si tratta di una revoca di una funzione pubblica, espressione dell’esercizio di poteri di diritto pubblico [2], con la conseguenza che devono ritenersi configurabili esclusivamente posizioni giuridiche soggettive di interesse legittimo, la cui cognizione è devoluta alla giurisdizione generale di legittimità del GA[3].

Fatto

Nella sua essenzialità, il Tribunale viene chiamato per verificare la legittimità di una deliberazione del Consiglio comunale di revoca del Collegio dei revisori dei conti, a fronte di una serie di gravi inadempienze (contestazioni di ritardi e del costante aggravio procedimentale nello svolgimento dei propri compiti) tali da incidere sulla stessa gestione economico finanziaria.

A difesa la parte ricorrente deduce l’assenza dei presupposti legali per l’esercizio del potere di revoca, in relazione all’unica ipotesi tassativamente prevista dal comma 2, dell’art. 235, Durata dell’incarico e cause di cessazione, del TUEL («Il revisore è revocabile solo per inadempienza ed in particolare per la mancata presentazione della relazione alla proposta di deliberazione consiliare del rendiconto entro il termine previsto dall’articolo 239, comma 1, lettera d)»), avendo il Collegio dei revisori provveduto tempestivamente alla presentazione della relazione al rendiconto.

La collaborazione

Il ricorso viene dichiarato infondato (con condanne alle spese), partendo dall’analisi del dato normativo ove l’ipotesi di revoca non è collegata ad una singola ipotesi tipicizzata, quanto invece da una specificazione delle possibili inadempienze del Collegio dei revisori che è tenuto in relazione al quadro normativo ove alla lettera a), del comma 1, dell’art. 239, Funzioni dell’organo di revisione, primeggia (in un decalogo di competenze) una generale «attività di collaborazione con l’organo consiliare secondo le disposizioni dello statuto e del regolamento».

Il precipitato indica una linea interpretativa che non esclude altre cause di revoca per inadempimento quando le mancanze incidono il rapporto di collaborazione e fiducia tra organi: quello consiliare e di revisione.

La revoca si presenta legittima in presenza di un effettivo ostacolo al funzionamento dell’organo consiliare che deve consistere nell’omissione o nel ritardo del regolare compimento delle funzioni (mancata diligenza professionale): la prova di tali condotte deve essere rigorosa, per evitare che il controllato possa procedere alla revoca in presenza di situazione di conflittualità o rilievi non graditi, facendo ricorso ad un uso distorto del potere in contrasto con il paradigma normativo di riferimento e in assenza di una congrua motivazione, rendendo la revoca illegittima [4].

In questo senso, se non è possibile revocare ad nutum l’incarico di revisore dei conti per motivi di contrasto con le scelte dell’Amministrazione, pena l’alterazione del corretto rapporto tra controllore e controllati, che spetta all’organo di revisione assicurare, è possibile, di converso, revocare l’incarico dando piena contezza dei motivi dai quali si possa desumere la rottura del rapporto di collaborazione: la presenza di gravi inadempienze che precludono la continuazione dell’incarico, nel senso di ostacolare la funzionalità delle prerogative del Consiglio comunale a cui competono precise competenze generali.

Al di fuori dell’ipotesi canonizzata dalla norma, mediante una motivazione rafforzata si dovrà dimostrare la gravità della condotta assunta in violazione da una parte, al ritardato regolare compimento delle attività e delle funzioni previste dal citato art. 239, comma 1, dall’altra parte, delle altre eventualmente previste dallo statuto dell’ente locale, tutte condizioni che impediscano od ostacolino il funzionamento dell’organo consiliare: sanzione funzionale ad assicurare il buon andamento della PA, ai sensi dell’art. 97 Cost. [5].

Infatti, a consolidare l’estensione della fattispecie la norma si sofferma nel sanzionare “in particolare” un ritardo nella funzione (la «relazione sulla proposta di deliberazione consiliare di approvazione del rendiconto della gestione e sullo schema di rendiconto»), che costituisce una tra le varie possibili “inadempienze” dell’organo di revisione, quella che, a parere del legislatore, che anche da sola, per la sua rilevanza e gravità, risulta sufficiente a fondare il provvedimento sanzionatorio di revoca, ma non escludendo altre individuate dallo Statuto o dal Regolamento.

Invero, si può affermare che, se appare più corretto delimitare le cause con una elencazione da riportare nei cit. atti, questo non impedisce di estenderne (le cause) quando la “collaborazione” viene meno, avendo cura di dimostrare – quale onere motivazionale – tutte le circostanze e gli effetti prodotti sull’organizzazione e sulla funzionalità dell’Amministrazione dal comportamento assunto dall’organo o dal singolo componente: ad esempio, ritardi accumulati nella sottoscrizione del verbale della verifica di cassa, nonostante la documentazione sia stata messa a disposizione da molto tempo e siano stati fatti diversi incontri sull’argomento, tra il personale interno e gli amministratori, ovvero quando la ricusazione del verbale firmato dagli altri componenti del Collegio, predisponendone uno motu proprio (in evidente violazione alle regole che governano i rapporti interni all’organo bloccando il processo decisionale espresso dalla maggioranza, qualora non se ne condivida l’operato: la regola, come noto, impone la volontà della maggioranza anche al dissenziente) [6].

In termini diversi, il punto centrale da prendere in considerazione rimane quello del modus operandi del revisore, ponendosi in netta antitesi con i propri doveri, sia quelli connessi alle relazioni con i soggetti all’interno ed esterni dell’Amministrazione da improntarsi ai principi di correttezza e buona fede, sia la partecipazione proficua (senza difficoltà) ad un organismo collegiale, escludendo tutte quelle legittime e lecite attività che rientrano tra i compiti individuati dalla legge.

I rapporti tra organi

La sentenza tiene a chiarire che le motivazioni della revoca non rientrano nella volontà del Consiglio comunale di opporsi o sottrarsi al controllo effettuato dai revisori, quanto piuttosto a mettere in luce un generale atteggiamento poco collaborativo, segnatamente:

  • mancata tempestiva espressione del parere sul bilancio entro 10 giorni dal ricevimento, termini ampiamente decorsi, con un atteggiamento dei Revisori stigmatizzato dall’ente in quanto poco sollecito e ritenuto imprudentemente, volto a rimandarne l’approvazione del bilancio e gli adempimenti conseguenziali, sebbene la proroga legislativa, prospettata dagli stessi come certa, fosse stata solo annunciata e non confermata;
  • scarsa propensione di fornire “consulenza agli uffici per risolvere problemi contabili”;
  • mancata informativa delle sedute del Collegio al fine di consentire che alle stesse potessero assistere il Sindaco, il Segretario Comunale e il Responsabile del servizio finanziario, in violazione alle norme regolamentari interne, pur sollecitate – per un confronto – da parte del responsabile del Servizio Finanziario, sottraendosi in modo ingiustificato.

Un decalogo di possibili cause

Il Tribunale evidenzia, nei termini descritti, una serie di concause che hanno compromesso il rapporto di fiducia/collaborazione tra Consiglio e Collegio dei revisori, minando le regolari relazioni da una parte, in primis tra persone (uffici e amministratori), che dovrebbero porsi alla base di ogni rapporto umano prima, lavorativo poi, nel rispetto dei ruoli e delle competenze reciproche, dall’altra parte, i ruoli ricoperti all’interno del Comune tra dirigenza e capo dell’Amministrazione, i quali non risultano serventi di altri organi ma posti alla pari in termini di responsabilità, anzi titolari di un potere proprio affidato dalla legge, che ben può discostarsi dalle valutazione del Collegio, con assunzione delle connesse conseguenze.

Vengono anche indicate ulteriori violazioni alle regole di collaborazione, ossia la violazione di una previsione regolamentare che prescrive «al Collegio dei Revisori, prima della formalizzazione definitiva del Referto, di attivare un contraddittorio per l’acquisizione di chiarimenti dal responsabile».

Emerge dagli atti che nessuna interlocuzione sia mai avvenuta, anzi la formalizzazione del Referto è avvenuta senza alcuna ulteriore attività istruttoria e senza chiedere chiarimenti in merito agli uffici, prescindendo del tutto da quanto riferito in sede istruttorio dal Responsabile (sui rilievi), impedendo al Consiglio Comunale di avere una cognizione compiuta della vicenda, avente notevole rilievo per l’Ente.

Si comprende, dal tenore della sentenza, che è venuta meno l’esistenza di una fiducia intesa come diligenza nell’assolvimento dei compiti, con omissioni gravi e reiterate che hanno compromesso l’efficace ed efficiente azione amministrativa, impedendo la prosecuzione dell’incarico, con disservizi e ritardi, pena la compromissione della “buona amministrazione”.

Indicazioni operative

Al fine di evitare situazioni di “spiacevoli incomprensioni” e riportare tutto nella norma, intesa non come regolarità giuridica ma come regola di “educazione” amministrativa (c.d. creanza), rispettoso del lavoro di tutti coloro che operano per l’Amministrazione, non sarebbe del tutto inutile riportare – all’interno dello Statuto o del Regolamento – una serie di condotte censurabili, la cui violazione reiterata e grave comporta la revoca dell’incarico, evitando il protrarsi di condotte che non sono ammissibili, ovvero quelle che compromettono la funzionalità degli uffici e della sana gestione finanziaria (la sua regolarità), rafforzando, altresì, le motivazioni del provvedimento consigliare (fondato su fatti verificabili) [7].

Le cause di revoca potrebbero essere indicative e non esaustive (frutto in parte della sedimentazione giurisprudenziale), quali:

  • il mancato rispetto dei termini per rilasciare i pareri di legge (termini definiti in relazioni agli atti da adottare, anche per le variazioni di bilancio di giunta comunale) [8];
  • il ritardo nel rilascio di pareri e/o nell’attività che comporta il rinvio degli argomenti posti all’ordine del giorno o da adottare o ratificare entro termini di legge;
  • la mancata partecipazione alle sedute di Giunta o Consiglio comunale su richiesta del Sindaco o del Presidente del Consiglio comunale;
  • il mancato accesso presso la sede comunale per le verifiche periodiche, ovvero su richiesta del responsabile dell’ufficio finanziario in occasione della stesura del bilancio, conto consuntivo, equilibri;
  • l’irreperibilità/assenza per un periodo superiore a giorni, impedendo la funzionalità dell’ente (l’assenza del revisore per prolungato periodo esige di procedere alla nomina di un altro soggetto in quanto non è prevista la figura del revisore supplente) [9];
  • la mancata compilazione dei questionari da trasmettere alla Corte dei Conti, sia del bilancio che del rendiconto, ovvero di altre compilazioni di questionari o prospetti previste dalle norme e dalla disciplina di contabilità pubblica, da ricomprendere l’omissione di riscontri alle richieste dalla Corte stessa [10];
  • la mancata co-sottoscrizione del Certificato attestante il rispetto degli obiettivi imposti da norme di legge o ministeriali o della disciplina di contabilità pubblica;
  • la mancata accettazione del compenso previsto entro i limiti minimi – massimi ministeriali («l’ente locale stabilisce il compenso spettante ai revisori con la stessa delibera di nomina», comma 7, dell’art. 241, Compenso dei revisori, del d.lgs. n. 267/2000) [11];
  • (una decadenza) le non veritiere dichiarazioni rese in sede di accettazione dell’incarico (CV) [12].

La fiducia e la professionalità

Pare giusto osservare che in ambito amministrativo, con l’eccezione di alcuni incarichi pubblici espressamente individuati dalla legge, non rileva la “fiducia soggettiva” tra le persone quanto la professionalità e capacità nell’assolvere la funzione, che corrisponde ad una fiducia intesa in “senso oggettivo”, come coerenza tra la funzione rivestita e le azioni poste in essere sulla base della funzione [13].

Di conseguenza, l’Amministrazione potrà dichiarare di non avere più fiducia nel revisore dei conti o nel Collegio solo se quest’ultimo non adempie gli obblighi della propria funzione, perché è evidentemente impossibile continuare una collaborazione se una delle parti non interpreta lealmente il proprio ruolo, non potendo pretendere che il/i revisore/i assecondi finalità squisitamente politiche o tecniche per “regolarizzare” o “validare” o “procrastinare” operazioni poste in danno all’Amministrazione, contrarie alle regole di contabilità e degli equilibri di bilancio (ex art. 2, comma 1, della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1, che, nel comma introdotto a modifica dell’art. 97 Cost., richiama il complesso delle Pubbliche Amministrazioni ad assicurare l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico, in coerenza con l’ordinamento dell’Unione europea) [14].

Pare più che giusto affermare che i revisori sono una risorsa professionale e tecnica vitale per l’Amministrazione, incardinata nel sistema della Autonomie, figura necessaria per affrontare compiutamente un’azione amministrativa, operante una diligente attività di sindacato, nell’autonomia e indipendenza dell’organo di revisione, nei confronti dell’attività svolta dal Comune: la sana gestione del bilancio, l’essenza di ogni organizzazione pubblica e privata: prescindere da questi valori o pretendere un “asservimento” significherebbe delegittimare il ruolo, e dunque renderebbe del tutto illegittima la revoca [15].

Note

[1] CGAS, 22 dicembre 2015, n. 736.

[2] TAR Campania, Napoli, sez. I, 2 agosto 2007, n. 7223 e 8 marzo 2015, n. 1621.

[3] TAR Lazio, Roma, sez. III, 16 marzo 2006, n. 1990.

[4] Cfr. TAR Marche, sez. I, sentenza n. 192/2020.

[5] Cons. Stato, sez. V, 9 maggio 2018, n. 2785.

[6] Cons. Stato, sez. V, 9 maggio 2025, n. 4033.

[7] Cfr. MI – Dip. Affari Interni e Territoriali, Osservatorio sulla finanza e la contabilità degli enti locali, Atto di indirizzo di proposta normativa ex articolo 154, comma 2, del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, approvato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267, sulla revoca quale causa di risoluzione dell’incarico di revisore ai sensi dell’articolo 235, comma 2 e 3, lettera c), del Tuel, seduta del 25 giugno 2021.

[8] Vedi, LUCCA, Il parere dell’organo di revisione del Comune sulle variazioni d’urgenza di bilancio, lentepubblica.it, 18 settembre 2024.

[9] MI – Finanza locale, parere del 22 aprile 2020, Assenza per malattia del revisore. Sostituzione.

[10] Cfr. Corte conti, sez. contr. Veneto, delibere nn. 243 e 244 del 2016.

[11] Cfr. TAR Veneto, sez. I, 28 giugno 2023, n. 915. Il compenso ha natura negoziale, Cons. Stato, sez. V, 24 maggio 2024, n. 4662, ed è rimessa all’Ente locale la definizione nel quantum ma non nell’an debeatur, MI – Finanza locale, parere del 18 Agosto 2025, Categoria 21.03, Incarico dei revisori degli enti locali.

[12] TAR Sicilia, Palermo, sez. II, 1° febbraio 2024, n. 380.

[13] Vedi, LUCCA, La mancata “fiducia” non legittima la revoca del revisore, ildirittomministrativo.it, n. 10, 18 ottobre 2019.

[14] Cfr. TAR Lombardia, Brescia, sez. I, 30 luglio 2019, n. 716.

[15] Cfr. TAR Puglia, Bari, sez. II, 30 settembre 2022, n. 1282.

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