Da una macelleria agricola veneta l’esempio per il futuro sostenibile

Ottobre 17, 2025 - 09:30
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Da una macelleria agricola veneta l’esempio per il futuro sostenibile

Si può rispettare la vita, il benessere animale e l’etica non solo mangiando, ma anche vendendo carne. Ne è la prova una famiglia che porta avanti l’unica macelleria agricola del Veneto, la Bottega della Piemontese, specializzata in Fassona Piemontese allevata direttamente sul posto. Una scelta voluta. Niente scorciatoie, niente filiere lunghe, niente conservanti: solo animali cresciuti secondo ritmi naturali e una lavorazione interna che consegna al banco una carne doppio zero («zero chilometri, zero conservanti»), pulita e tracciata.

La storia arriva tra Camponogara e Fiesso d’Artico, nella campagna che separa la Riviera del Brenta dalla terraferma veneziana: un’eccezione che racconta molto più di un semplice taglio di carne.

Il modello raro, quasi controcorrente, che mette insieme la cultura agricola, l’etica del cibo e la tradizione della macelleria di paese ha preso forma nel 2011, quando la stalla di famiglia si è trasformata anche in punto vendita. «Diciamo da sempre, prima ancora che io nascessi, mio papà aveva un allevamento» racconta il titolare Davide Nalone, classe 1989. «Negli anni Ottanta ha fondato la stalla, partendo con cento animali poi saliti a duecento. Allora ingrassava vitelli francesi, acquistati a 300 chili e portati fino ai 700, all’età di macellazione. Dal 2008, quando mi sono diplomato, abbiamo scelto un’altra strada: puntare su una razza italiana e rivolgerci direttamente al consumatore».

Così sono arrivate le prime vitelle di Fassona Piemontese, fecondate e cresciute fino alla macellazione, per dare vita a un ciclo completo “vacca-vitello”. Tre anni dopo, il 27 maggio 2011, è nato il primo negozio, costruito accanto alla stalla di Camponogara. «Il punto vendita era letteralmente nel giardino dove da piccoli giocavamo: l’abbiamo tirato su da zero. Poi con il successo di Camponogara è arrivata la decisione di aprire un’altra macelleria, con un bancone più lungo, a Fiesso d’Artico».

Un allevamento fuori dal coro
Il Veneto non è terra di Fassona. La razza piemontese nasce altrove, nelle colline e nelle pianure del Cuneese, ed è lì che si è costruita la sua fama di carne tenera e magra. Eppure, Davide ha scelto di portarla e farla crescere qui, a Camponogara, in un territorio che ha sempre guardato più ai vitelloni da latte o alle razze locali.

«La scelta – spiega Nalon – è stata etica e pratica insieme: volevamo una razza italiana, ma tra le possibili abbiamo preferito la Fassona alla Chianina. La Chianina era più conosciuta, più facile da proporre. Però dalle degustazioni ci siamo accorti che la Piemontese garantiva qualità non solo sui tagli pregiati, ma su tutto l’animale, anche i tagli minori. Per noi era fondamentale valorizzare ogni parte».

Foto di Enrico Scoccimarro

La sfida, all’inizio, non è stata semplice. «La Fassona ha peculiarità di allevamento impegnative, abbiamo pagato qualche errore. Ma non ci siamo mai pentiti della scelta».

La decisione ha significato impianti dedicati, un’attenzione rigorosa all’alimentazione degli animali e una formazione continua, perché allevare Fassona non è lo stesso che allevare bovini generici. Richiede conoscenze di genetica, cura del benessere animale e tempi di crescita più lunghi.

Filiera interna e carne “senza trucco”
Il cuore del progetto è la filiera corta, anzi cortissima: allevamento, macellazione e banco si trovano nello stesso luogo. Il risultato è una carne che non ha bisogno di additivi o conservanti per restare fresca.

La carne venduta nei punti vendita nasce in allevamento o proviene da allevatori di fiducia. «Siamo soci fondatori di un’associazione in Piemonte, Amici della Piemontese: ci scambiamo gli animali all’interno di un gruppo con protocolli comuni, che garantiscono animali sani, senza medicinali. Così ci approvvigioniamo tre-quattro volte l’anno da allevamenti in provincia di Cuneo e Torino».

L’alimentazione è prodotta interamente in casa. «Lavoriamo 65 ettari di seminativi tra proprietà e affitto: foraggi, mais, frumento, soia. Usiamo solo alimentazione a secco, senza insilati. Sempre la stessa dieta equilibrata, in tutte le fasi di crescita, per evitare problemi metabolici e garantire stabilità». La filosofia è semplice eppure impegnativa: produrre meno, ma meglio

La sfida della qualità e la consapevolezza dei clienti
Parlare di “macelleria agricola” oggi significa rimettere insieme due mondi che spesso sono separati: quello del contadino e quello dell’artigiano. Qui, invece, la famiglia tiene in mano entrambe le redini.

In un mercato dominato dai distributori, la sfida è resistere senza piegarsi alla logica del prezzo più basso. «Abbiamo sempre puntato sulla qualità e sul servizio. Non ci fermiamo al banco: consigliamo ricette, cotture, conservazione. Perché il prodotto arrivi fino al piatto e al boccone al meglio delle sue possibilità. Se un cliente non sa cucinarlo, anche la carne più buona può sembrare mediocre. Noi vogliamo accompagnare il prodotto fino in tavola».

Il banco diventa così una sorta di vetrina culturale: chi entra non compra solo carne, ma incontra una storia di allevamento, di lavoro quotidiano e di scelta etica. Un modello che va oltre il marketing del chilometro zero, perché qui il chilometro zero è realtà concreta, non slogan.

Non tutti cercano questa carne: non è la scelta di chi vuole il prezzo più basso o la promozione da supermercato.

La comunicazione è parte integrante del lavoro. «Parliamo direttamente coi clienti, raccontiamo il nostro metodo di allevamento e sui social mostriamo la vita quotidiana: stalla, banco, preparazioni. È un modo per aprire la porta di casa nostra e far capire la differenza».

Il 95 per cento del lavoro è con privati cittadini. «La nostra clientela principale sono famiglie, grandi e piccole, che fanno la spesa settimanale. Qualche ristoratore ci ha scelto, ma la filosofia resta quella della vendita diretta. Ci interessa il cliente che torna, che ci sceglie e si fa anche un po’ di strada per venire da noi».

Il rischio calcolato è evidente: produrre meno significa rinunciare a fette di mercato, ma vuol dire anche costruire una relazione più forte con i clienti. Una comunità che si fida e che riconosce il valore di un modello agricolo sostenibile.

Carne come fusione di culture: la Fassona in saor
Questa scelta non riguarda solo la gastronomia: parla anche di cultura e identità. In un Veneto dove la ristorazione spesso punta sul pesce e sulle cucine di terra più classiche, l’idea di proporre una carne piemontese allevata localmente è un modo per allargare i confini gastronomici, ma anche per unirli in una sorta di fusion. Oggi l’offerta infatti non si limita ai tagli tradizionali. «Siamo passati dai cinque-dieci tagli principali a una lavorazione più intensa: tagli minori inventati o perfezionati, pronti a cuocere e anche gastronomia. Non proponiamo quello che hanno tutti, ma piatti del tutto nuovi, creati da zero. Per esempio la Fassona in saor: cipolle, uvetta e aceto, come la ricetta veneta, ma con la nostra carne sfilacciata».

Foto di Enrico Scoccimarro

La stessa filosofia guida anche la stagionalità: zucca in autunno, asparagi in primavera, radicchio di Treviso in inverno. Tutto ruota intorno all’idea che un allevamento debba essere anche un laboratorio gastronomico, capace di dare forma a ricette che non si trovano altrove. La macelleria diventa così un piccolo laboratorio di futuro, dove le radici agricole incontrano una nuova idea di cucina: più lenta, più attenta, più consapevole.

Il valore della carne oggi, secondo il titolare, va oltre la gastronomia. «La regola è: mangiarne meno, ma mangiarla più buona. Sempre più persone scelgono di spendere per un prodotto che sia buono, salutare e vicino. Il chilometro zero, il benessere animale, la riduzione dei trasporti sono valori che contano, oggi più che mai».

Lo sguardo al futuro
E per i prossimi dieci anni? «Dobbiamo guardare ai giovani, che avranno sempre meno tempo e cercheranno prodotti veloci, pronti, ma di qualità. Il cibo non è più solo nutrimento: è esperienza, occasione conviviale, ludica, creativa. Per questo continueremo a innovare, proporre piatti nuovi, fare eventi. La nostra sfida è restare agricoli e autentici, ma saper parlare anche alle nuove generazioni».

L’unica macelleria agricola del Veneto che alleva e vende Fassona piemontese non è solo un’anomalia statistica: è un modello che racconta come il cibo possa tornare a essere al centro di un discorso culturale.

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