Delpini: «Quella profezia di una comunità che sa tirare fuori il bene»

Ottobre 19, 2025 - 19:30
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Delpini: «Quella profezia di una comunità che sa tirare fuori il bene»
L'Arcivescovo saluta e benedice i fedeli (Agenzia Fotogramma)

L’apertura solenne, da parte dell’Arcivescovo, del grande portale centrale della Cattedrale, dopo avervi bussato tre volte a segnare il passaggio da una basilica all’altra dell’antico complesso episcopale composto da Santa Maria Maggiore, che sorgeva al posto dell’odierna Cattedrale, e Santa Tecla, che occupava l’area dell’attuale piazza Duomo. Passaggio riproposto simbolicamente oggi come invito a entrare in Duomo, da ovunque si venga, «per conoscere il Signore e trovare in lui la vita».

La celebrazione

Si apre così – è proprio il caso di dirlo – il Pontificale nella Solennità della Dedicazione della Chiesa Cattedrale, con il rito della trasmigratio che, dopo oltre 50 anni, dal 2023 è tornato ad avviare la celebrazione della III domenica di ottobre in una data di tradizione millenaria, attestata dal 1387 e che, ogni anno, diviene anche un modo per sottolineare l’importanza, nella vita della comunità cristiana e della città, del Duomo.

Il rito della “trasmigratio” (Agenzia Fotogramma)

Come evidenzia l’arciprete, monsignor Gianantonio Borgonovo nel suo saluto iniziale, ricordando la presenza, tra i tanti fedeli, di rappresentanti della Veneranda Fabbrica, dell’Arciconfraternita e degli Ordini cavallereschi. Un pensiero particolare è anche per i Canonici del Capitolo metropolitano che, nella giornata, festeggiano importanti anniversari, come monsignor Virginio Pontiggia e monsignor Bruno Maria Bosatra arrivati ai 50 anni di ordinazione sacerdotale (sono compagni di Messa dell’Arcivescovo), e per il 35esimo di episcopato del primicerio del Capitolo, monsignor Angelo Mascheroni, che in settimana ha compiuto 96 anni. L’augurio è per il maestro Alberto Sala, direttore della Cappella Musicale che entra ufficialmente nell’incarico. Una celebrazione che quest’anno assume un valore particolare per l’invito rivolto ai rappresentanti dei Consigli pastorali e ai nuovi membri dell’Équipe sinodale “Chiesa dalle genti”. 

L’autunno del mondo e la profezia

Dalle letture, tratte dal profeta Isaia, dalla Lettera agli Ebrei e dal Vangelo di Luca al capitolo 6, prende spunto l’omelia dell’Arcivescovo: «C’è, dunque, una parola di profezia per l’autunno del mondo, cioè il momento che sembra vivere questa società, quel predisporsi della natura all’inverno in un trionfo di colori e nell’avvertire l’avvicinarsi della fine? Il popolo dei tempi di Isaia sperimenta la desolazione dell’esilio, la distruzione della città amata, e potremmo forse definire così la nostra società e il nostro tempo: un tempo di declino. Lo straordinario sviluppo tecnologico e le potenzialità che la tecnologia mette a disposizione non bastano a nascondere il declino della qualità della convivenza e un senso di scoraggiamento che semina tristezza».

L’omelia dell’Arcivescovo (Agenzia Fotogramma)

E se, aggiunge monsignor Delpini, «l’elenco degli argomenti per descrivere il nostro tempo come un tempo di declino della società sarebbe forse inesauribile», tanto da contagiare anche i cristiani, tuttavia, «in questa stessa desolazione scoraggiata c’è una parola di profezia: nell’autunno del mondo ci raggiunge la promessa in nome di Dio, di un tempo di grazia, una visione di speranza, un invito alla costruzione della casa in cui sia desiderabile abitare, all’edificazione di una comunità in cui tutti – e, ripete, anzi scandisce l’Arcivescovo, tutti – possano trovare pace».

Ma come saranno questa città e questa Chiesa? «A ognuno sta la responsabilità di rispondere, ma soprattutto ai rappresentanti degli organismi sinodali», spiega.  

Il popolo della speranza  

«La promessa del profeta rivela una presenza del Signore che non è rinchiusa nel tempio, non è un monumento da custodire, ma la luce per camminare, la vita di cui vivere, la gioia della consolazione. La parola del Signore sarà la guida, l’incoraggiamento, una casa che non crolla, una Chiesa che prega e che celebra. Sarà la città in cui l’uomo buono, dal buon tesoro del suo cuore, trae il bene», come scrive Luca. E ciascuno, nota ancora l’Arcivescovo, «ha il suo tesoro, la sua vocazione».

«Ecco come sarà allora la Chiesa: la comunità in cui ciascuno è chiamato a vivere la sua vocazione, la chiamata alla corresponsabilità». Per questo la convocazione dei rappresentanti dei Consigli pastorali, delle Assemblee sinodali decanali e la costituzione della rinnovata Équipe sinodale non è un atto organizzativo e non si riduce a un momento istituzionale, ma «è la risposta alla vocazione con cui Gesù chiama a seguirlo, a essere un cuore solo e un’anima sola, una comunità in cui si riconosca l’obbedienza alla missione che Gesù affida alla sua Chiesa. Sarà una Chiesa di corresponsabilità sinodale, in cui la vita è concepita come vocazione e chiamata a tirar fuori il bene».

E sarà anche la città in cui si pratica la carità: «una comunità in cui i rapporti sono costruiti sulla giustizia e su una generosa e ordinata solidarietà, perché i beni che ciascuno possiede non sono per un egoismo indifferente, ma per una intelligente condivisione. In questo tempo drammatico, che sembra un autunno del mondo, noi ci proponiamo di essere il popolo della speranza e della pace, della giustizia e della carità».

Il Vicario generale illustra la nuova Équipe (Agenzia Fotogramma)

A conclusione della Messa, è il Vicario generale, monsignor Franco Agnesi, presidente dell’Équipe sinodale, a ricordarne l’importanza e la costituzione ufficiale (leggi qui il decreto) in una celebrazione che, da qualche anno, richiama proprio i cammini ambrosiani sulla via della sinodalità, dai Gruppi Barnaba alla costituzione dei Consigli pastorali rinnovati, sino alle Assemblee sinodali decanali. Équipe per la “Chiesa dalle genti” «alla quale è affidato il compito di guidare la fase attuativa del Sinodo (2025-2028) e, in particolare, di accompagnare e offrire un supporto formativo per uno stile sinodale agli organismi di partecipazione presenti sul territorio».

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