Dreams of Another Recensione

Ottobre 19, 2025 - 04:30
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Dreams of Another Recensione

Dreams of Another RecensioneEsistono giochi che cercano di raccontare una storia e altri che, più ambiziosamente, tentano di evocare una sensazione. Dreams of Another, l'ultima opera onirica dello studio giapponese Q-Games, celebre per la serie PixelJunk, appartiene senza dubbio a questa seconda categoria. Non è un gioco da vincere, ma un'esperienza da assorbire, un viaggio etereo nel subconscio di un'entità dormiente. Grazie alla potenza immersiva di PlayStation VR2, questo viaggio diventa un'esperienza sensoriale di rara bellezza, per spessore artistico simile a Paper Beast, un sogno a occhi aperti che, purtroppo, non riesce a sfuggire al paradosso di ripetersi all'infinito, fino a perdere la sua stessa magia. Dreams of Another Recensione

Dreams of Another Recensione | Un Tuffo nell'Inconscio in 4K HDR

Indossare il visore per la prima volta in Dreams of Another è un momento di pura meraviglia. Ci si ritrova sospesi in un vuoto cosmico, un non-luogo che funge da hub centrale. L'impatto visivo è immediato e mozzafiato. Q-Games, sotto la direzione artistica del musicista e designer Baiyon, dipinge un mondo che sembra un acquerello in movimento. I colori sono pastello, i contorni sfumati, le geometrie fluide e organiche. Tutto è avvolto da una luce soffusa e sognante che, grazie allo schermo OLED HDR del PSVR2, acquista una profondità e una vividezza eccezionali. I neri abissali del vuoto fanno risaltare ogni particella di luce, ogni nebulosa colorata, creando un senso di scala e immersione totali. La colonna sonora, curata dallo stesso Baiyon, è il complemento perfetto. Tracce ambientali, minimaliste e malinconiche, si fondono con l'audio 3D della PS5, creando un paesaggio sonoro che ci avvolge completamente. Sentire un leggero tintinnio provenire da sopra la nostra spalla o il fruscio di una struttura che germoglia alla nostra sinistra non è solo un dettaglio tecnico, ma un elemento fondamentale che ci ancora all'interno di questo mondo alieno eppure stranamente familiare. Dreams of Another Recensione

Dreams of Another Recensione | Un Fucile per Creare, non per Distruggere

Il cuore dell'interazione in Dreams of Another sovverte le convenzioni del medium. Nelle nostre mani non abbiamo strumenti da lavoro o bacchette magiche, ma un fucile. Lo si impugna con due mani, si prende la mira e si preme il grilletto. Ma questo non è uno strumento di distruzione. È un'arma di creazione. Ogni proiettile di luce sparato non annienta, ma genera. Un colpo nel vuoto fa germogliare istantaneamente sentieri di cristallo, ponti di flora luminescente o pilastri di roccia onirica. La meccanica è tanto semplice quanto potente: per attraversare i vasti e meravigliosi paesaggi del gioco, dobbiamo letteralmente costruire il nostro percorso, un colpo alla volta. Questa inversione di paradigma è geniale: usare un'interfaccia tipicamente associata alla violenza per un atto di pura creatività è una scelta artistica affascinante e profondamente poetica. In VR, l'atto di mirare e dipingere il mondo davanti a sé è estremamente intuitivo e gratificante. I controller Sense, con il loro feedback aptico e i grilletti adattivi, restituiscono la sensazione di maneggiare un flusso di energia. Vedere un ponte materializzarsi davanti ai propri occhi con una fluidità organica è, per le prime ore, un'esperienza quasi trascendentale che incarna perfettamente l'idea di plasmare un sogno. https://youtu.be/zA1z-_pgZso?si=ynvgFVxy1l3dQQSO

Dreams of Another Recensione | Quando il Sogno Diventa un Lavoro a Progetto

Purtroppo, questa brillante idea centrale è anche la più grande debolezza del gioco. La gioia della creazione svanisce progressivamente per lasciare il posto a una profonda e inesorabile ripetitività. Il problema risiede nel fatto che la meccanica del "costruire sparando" non evolve mai. Nonostante gli scenari cambino esteticamente, il compito del giocatore rimane quasi sempre identico: raggiungere un punto B partendo da un punto A, costruendo l'ennesimo ponte o sentiero, interagendo con il millesimo npc oppure sparando a "nemici" davvero poco stimolanti. Non vengono introdotti nuovi strumenti, né variazioni significative alla formula. Mancano enigmi ambientali complessi, sfide di precisione o elementi che possano aggiungere profondità strategica all'atto della costruzione. Quello che all'inizio era un atto di meravigliosa esplorazione creativa, diventa ben presto un metodico "unire i puntini". Si entra in un nuovo livello, si individua la destinazione e si inizia a tracciare la passerella. La magia svanisce, sostituita da una routine meccanica. La sensazione non è più quella di essere un demiurgo, ma quella di un operaio che svolge un compito, ancora e ancora. Questa mancanza di progressione ludica trasforma un'esperienza potenzialmente infinita in un loop finito, un bellissimo carillon che suona sempre la stessa, singola melodia. Dreams of Another Recensione

Dreams of Another Recensione | Un'Opera d'Arte Interattiva con un'Anima Incompiuta

Giudicare Dreams of Another è un compito ingrato, perché si oscilla costantemente tra l'ammirazione per la sua audacia artistica e la delusione per la sua pochezza ludica. Come vetrina tecnologica ed esperienziale per PSVR2, è un successo quasi assoluto. È uno dei titoli visivamente più sbalorditivi e atmosfericamente più riusciti disponibili per il visore Sony, un'esperienza che chiunque voglia capire il potenziale immersivo della VR dovrebbe provare. Come gioco, tuttavia, è un'opera incompiuta. La sua unica, brillante idea di gameplay non è sufficiente a sostenere l'intera architettura dell'esperienza, che crolla sotto il peso della propria ripetitività. È un magnifico sogno da cui, purtroppo, ci si sveglia troppo presto, scoprendo che si stava sognando sempre la stessa cosa. È consigliato a chi cerca in un videogioco un'esperienza puramente contemplativa, artistica e sensoriale, e non si cura di una profondità ludica o di una progressione. Per tutti gli altri, il rischio è quello di trovare in Dreams of Another un capolavoro da guardare, ma un guscio vuoto da giocare.

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