L’Arcivescovo: «L’aurora che invita ad alzare lo sguardo»


L’affacciarsi del giorno che è avere un nuovo volto, quello dell’aurora, la mitica dea greca e omerica Eos, dalle dita rosate. Salendo sulle Terrazze del Duomo, quasi toccando il cielo che si fa via via più chiaro, tra il buio che si dirada e lascia spazio all’azzurro dell’alba, sembra di vederle e di poterle toccare, le dita che dipingono di rosa l’orizzonte. Tanto che l’Arcivescovo – salito anche lui tra le guglie per vivere il momento magico del sorgere del sole – avvia la sua riflessione proprio dall’immagine di Eos-aurora. Richiamata anche da Luciano Manicardi, biblista e monaco della Comunità di Bose, in apertura dell’happening dal titolo «Viene l’aurora», al quale partecipano un centinaio di persone e che recupera l’appuntamento con cui il 23 marzo scorso avrebbe dovuto concludersi «Soul Festival di Spiritualità 2025», non tenutosi per il maltempo.
Accanto a Manicardi, oltre a monsignor Delpini, il vicario episcopale monsignor Luca Bressan, Aurelio Mottola, co-ideatore di Soul e anima dell’iniziativa, e il virtuoso Issei Watanabe che esegue alcune sonate al violoncello, inframezzando la lettura di stralci letterari. Un viaggio tra musica e pagine immortali, come quelle di Maria Zambrano nella sua Dell’aurora, del Sartre di Bariona o il Figlio del Tuono-Racconto di Natale per credenti e non credenti – che scriveva: «Cosa c’è di più commovente per un uomo che un inizio, come quello di un amore quando ancora tutto è possibile?”» -, passando per il cardinale José Tolentino de Mendonça e arrivando ad Hannah Arendt, con lo stupore evangelico dei pastori per quel Un bambino è nato tra voi che è anche il nostro, ogni giorno che sorge.
Come si sveglia Milano
Ma come si sveglia Milano, si chiede monsignor Delpini: «Ci sono quelli del treno da non perdere, alle 6.23 con la sua indifferenza spietata, che tira giù dal letto i pendolari; quelli trascinati dal cane, che camminano senza andare da nessuna parte, pensosi e distratti come se abitassero ancora i sogni della notte». E, poi, quelli «del senso del dovere», perché «sanno di dovere qualcosa a qualcuno, di essere attesi e che vivono il lavoro non solo come un contratto o una fonte di reddito, ma come un servizio, come la responsabilità di costruire il noi della fiducia e della responsabilità. Così l’aurora sveglia Milano: il risveglio è già una relazione, non solo una disciplina, è una professione di fede, una dichiarazione di fiducia».
Come il bimbo che sa che la mamma arriverà presto, così – continua -, «la fiducia originaria del venire alla luce sveglia la Milano che vive e che dà forma al noi che prepara il futuro». Non caso, il titolo del Festival di quest’anno era stato «Fiducia, la trama del noi».
Infine, l’aurora che invita a pregare: «L’aurora, la fanciulla dalle dita di rosa, sveglia Milano con il rintocco che invita a pregare. I milanesi si svegliano e ringraziano di essere vivi per una nuova giornata. Confidano in Dio e celebrano l’alleanza che fa dei molti un cuore solo e un’anima sola. I milanesi si svegliano e pregano».
Anche se «ci sono anche quelli che sono tirati giù dal letto da un automatismo che si rifiuta di rivelare il suo perché enigmatico e anonimo», per ognuno ci sono le dita rosate che «colorano il cielo per invitare ad alzare lo sguardo. Vegliano su tutti Madonnina e le statue del Duomo, preghiera fatta pietra, per continuare a intercedere, anche per chi non prega», conclude infatti l’Arcivescovo.
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