Working poor, affitti insostenibili e individualismo: Milano, fai bene ad essere preoccupata

Acirca un kilometro di distanza dalle vetrine del Quadrilatero della moda a Milano, ogni giorno, tra pranzo e cena, davanti alla porta della mensa dell’Opera San Francesco per i poveri in corso Concordia si mettono in coda per un pasto circa 2.500 persone, cui vanno aggiunte quelle che vanno all’altra mensa in piazza Velasquez, per un totale di più o meno 3mila persone assistite quotidianamente. È solo una delle tante contraddizioni di una Milano che viaggia a due velocità (lo abbiamo raccontato nel numero di VITA dedicato alle contraddizioni del capoluogo lombardo, titolato Milano double face) e, prima ancora di leggere i rapporti sulla condizione economica delle famiglie, basta camminare per la città per accorgersene.
Un tempo erano soprattutto gli stranieri ad andare all’Opera San Francesco, ma oggi la situazione è cambiata. «Fino a quattro anni fa il gruppo più numeroso era quello dei peruviani, poi i marocchini, le persone dell’Est Europa e quindi gli italiani. Ora invece gli italiani sono balzati al secondo posto: questo la dice lunga sul periodo che stiamo attraversando…». A parlare è fra Marcello Longhi, presidente di Opera San Francesco. L’aumento, spiega, è stato graduale: non c’è stata un’impennata, ma un trend costante. Anziani, famiglie, single: «Persone che prima ce la facevano e ora sono in difficoltà».
Essere poveri a Milano
In Italia, secondo i dati Istat, nel 2024 le persone in povertà assoluta erano oltre 5,7 milioni (9,8%), mentre se si considera anche chi vive una condizione di povertà relativa il numero sale a oltre 8,7 milioni (14,9%). Per Milano, non esistono dati specifici. Il recente rapporto Over di Acli Lombardia sulla vulnerabilità e la resilienza ha però evidenziato – secondo una dinamica riscontrata in tutta Italia – un aumento del reddito nominale pro capite a cui fa fronte, però una contrazione del potere d’acquisto. Le persone, cioè, guadagnano di più, ma sono un po’ più povere. A farne le spese sono soprattutto le fasce reddituali più basse.
«Cosa questo significhi, a Milano e altrove, è sotto gli occhi di tutti», commenta Longhi. Significa che anche se si ha un lavoro non si riesce a tirare a fine mese, o si fa molta fatica. «Forse chi vive da solo ce la fa, ma chi ha una famiglia? Per non parlare di chi ha più di un figlio… Essere poveri significa andare al supermercato e vedere che tutto è cresciuto, tranne il proprio stipendio». Il fenomeno ha un nome, lavoro povero, ed «è un’ingiustizia massima».
Un piano per la casa e un nuovo «sentire comune»
In tutto questo, come si è detto e scritto molto negli ultimi mesi, Milano deve tornare a essere una città che non respinge i suoi abitanti. «I milanesi sono capaci di fare economia e tirare la cinghia, è vero, ma bisogna tornare a occuparci dei milanesi “normali” e non pensare solo ad attrarre gli emiri del Qatar», riflette Longhi. Oltre al tema della sostenibilità degli stipendi, che può essere affrontato a livello nazionale, «la città deve tornare a dare una risposta sul tema della casa», con affitti sostenibili. «Come fa una persona che ha uno stipendio da 800-1.100 euro al mese a vivere, se i prezzi delle case sono inabbordabili? Non avere una casa, poi, significa spesso non poter fare figli e questo incide sul futuro di tutti».
Quello che serve, poi, «è recuperare un sentire condiviso, fraterno, il preoccuparsi per chi fa fatica. Detesto l’andazzo per cui c’è una Milano che vive e corre, a cui non importa più nulla dell’altra Milano». Longhi, però, è ottimista. «Vedo una città preoccupata, ma nel senso positivo. Anzi, deve esserlo, perché non può dormire sugli allori: non va tutto bene, ma neanche tutto male», riflette.
«Bisogna tenere alto il livello di cura del vivere insieme, serve avere cura delle motivazioni del perché vogliamo stare assieme in un certo modo. Possiamo chiamarli valori civici, umani, valori francescani. Purtroppo sono sotto assedio, perché ci sono persone che non ci credono più perché vedono che il mondo va in un altro modo. È un discredito preoccupantissimo, un cancro, un veleno, che viene dall’individualismo aggressivo e spietato». Da questo punto di vista, una seppur timida risposta positiva viene ancora dal rapporto Over, che ha messo in luce come, nonostante una condizione economica in sostanziale regressione, sono aumentate le erogazioni liberali di lombardi e milanesi. Come a dire: si ha di meno, ma si è più generosi.
«Mi rincuorano i giovani che non vogliono essere complici di questo mondo»
A rincuorare Longhi sono le persone impegnate nel volontariato e i giovani. «Posso consolarmi e prendere forza dai 1.350 volontari attivi che abbiamo, cui va aggiunta una lista di attesa molto lunga di persone che vorrebbero iniziare. Questa cosa ha un valore meraviglioso, perché vuol dire che ci sono tanti milanesi che vogliono fare qualcosa e non potendo cambiare il mondo vengono a dedicare il loro tempo agli altri». E poi, conclude Longhi, «sono molto incuorato dallo sguardo dei ragazzi che incontro nelle scuole e dalla loro voglia di non diventare complici di guerrafondai spietati e di gente che non sa più amare. Mi fanno essere molto ottimista, ma contano ancora troppo poco: noi dobbiamo fare di tutto per stimolare la loro intelligenza del cuore».
In apertura: Opera San Francesco per i poveri/Isabella Balena
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