Dopo le Regionali ci sarà una nuova legge elettorale? Come Giorgia Meloni vuole blindare il 2026
Si dice: non è cambiato nulla. Il voto delle regionali non ha dato quella famosa spallata che la sinistra si augurava e si augura. Quindi, è tutto come prima.
Non è così e se l’opposizione gongola significa che Elly Schlein, Giuseppe Conte e cespugli vari hanno intuito che nel 2027 la speranza di ribaltare la situazione c’è. Lo sostengono ai quattro venti, vanno quasi tutti in tv a dire che l’aria è cambiata.
Dopo le Regionali euforia a sinistra

Meloni vuole blindare il 2026 – Blitzquotidiano.it (foto ANSA)
Ma, lasciando da parte l’ottimismo, sarebbe da sciocchi non capire che il campanello d’allarme è suonato. “Giorgia Meloni non balla più”, titola a tutta pagina l’Unità. “Fine del primo tempo”, fa eco Il Riformista. Insomma, da quella vecchia volpe della politica che è, la premier dovrà interrogarsi e andare alla ricerca del male che le impedisce di sfondare e di vivere giorni più tranquilli.
Stavolta a cavalcare l’assenteismo è la destra che si difende nello stesso modo della sinistra dei tempi scorsi. È andato alle urne meno del 50 per cento degli elettori, che cosa se ne può dedurre? Fratelli d’Italia segna il passo?
Il fenomeno Zaia
Se andiamo a vedere quel che è successo in Veneto dovremmo rispondere di si. Ma in quel lembo d’Italia vive un uomo, di nome Luca Zaia, il quale nonostante abbia dovuto lasciare la poltrona da governatore, ha ancora tutti i numeri per farsi sentire e dettare legge non dimenticando un certo comportamento. Palazzo Chigi non piange, ricorda le cifre che hanno il dono della verità: un pareggio non è una sconfitta e guarda al futuro senza la paura di essere scavalcati da una opposizione le cui magagne sono sempre nascoste sotto il tappeto.
Si guarda al futuro: non solo alle politiche del 2027 (“saremo lì e vedremo quel che succede”, ripetono ironicamente), ma soprattutto al referendum che non è poi così lontano come si vorrebbe far credere. La primavera è dietro l’angolo e quell’appuntamento rappresenterà la cartina di tornasole di tutta la politica. In primo luogo, perchè la gente sarà più propensa a votare e a ricordare che “il popolo è sovrano”.
L’assenteismo non scomparirà, di gente a casa ne rimarrà ancora parecchia, ma i commentatori più autorevoli scrivono che quel giorno sarà diverso. Un referendum sulla riforma della giustizia o, se volete, sulla divisione delle carriere: in fondo, non lo possiamo negare, quello sarà davvero “il momento della verità”, come direbbe Ernest Hemingway.
Inutile negarlo e girandogli attorno: gli elettori saranno chiamati a dire si o no al nuovo corso della politica. È vero: i sondaggi dovrebbero far dormire sonni tranquilli alla maggioranza, ma nel segreto dell’urna può succedere di tutto perché nel momento di deporre la scheda nell’urna non si penserà più se i pubblici ministeri hanno potere o no, ma se la Meloni dovrà rimanere a Palazzo Chigi o lasciare la poltrona a qualcuno della sinistra.
Già, ma a chi dei vari “capitani” dell’opposizione? Non sono tanti a mirare a quel posto, però chi vorrà vincere non si occuperà dei morti e dei feriti. Elly Schlein dovrebbe essere la candidata con maggiori chances: il suo campo largo dato per morto e seppellito una infinità di volte, è sempre resuscitato e con le elezioni regionali ne ha dato una prova lampante.
È il Pd che preoccupa maggiormente la segretaria con i suoi tanti volti, il più pericoloso dei quali, quello dei riformisti, non mollerà la presa puntando a ritornare indietro: riformismo si, ma non rivoluzione dominata da una pericolosa svolta a sinistra.
Non bisogna dimenticare Giuseppe Conte e il suo sogno: tornare a Palazzo Chigi da dove fu cacciato da una bassa manovra di politici che fanno dell’intrigo il loro credo. Nel momento della battaglia finale (se alla sinistra dovesse riuscire di dare la spallata),l’avvocato del popolo dimenticherebbe immediatamente il campo largo e si occuperebbe soltanto del suo orticello, piccolo o grande che sia.
Da oggi in poi, dunque, Giorgia Meloni dovrà essere più attenta e studiare le mosse che possono respingere gli assalti dell’opposizione. In primo luogo dovrà richiamare all’ordine i suoi alleati, cioè Antonio Tajani e Matteo Salvini, i quali dovranno smetterla di metterle il bastone fra le ruote. Non è così che la triade potrà andare avanti.
Poi, c’è la vera briscola della maggioranza: una nuova legge elettorale perchè quella attuale diventerebbe pericolosa. “La premier che di furbizia ne ha da vendere, non dimenticherà di cambiare le carte in tavola perché oggi come oggi sa perfettamente che i numeri non le darebbero ragione”, sostengono molti esponenti dell’opposizione. Quindi? Sarà l’ennesima battaglia che si combatterà prima del 2027.
Tempi duri per la maggioranza? Non vorremmo essere così duri, ma è tempo di tornare a studiare. Né più e né meno di ciò che sostiene Leone XIV, il quale ha richiamato il suo gregge, ricordando a tutti loro che è il latino la lingua ufficiale della Chiesa. Chi non ha più dimestichezza con il nominativo o il vocativo, riapra i libri di scuola o vada a ripetizione. Altrimenti, i colpevoli saranno rimandati a ottobre, come si diceva quando il latino era considerato una materia indispensabile per la cultura di un giovanetto.
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