Belém, la Cop dell’Amazzonia che ha visto gli “ultimi” diventare protagonisti

Novembre 25, 2025 - 13:30
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Belém, la Cop dell’Amazzonia che ha visto gli “ultimi” diventare protagonisti
Il cardinale Pietro Parolin legge il messaggio di Papa Leone XIV al Vertice sul Clima in vista della Cop30. Foto Vatican News

Trentatré anni dopo il Vertice della Terra e a dieci dall’Accordo di Parigi, il più importante summit sul clima è tornato in Brasile, nel cuore pulsante dell’Amazzonia. Un ritorno tutt’altro che simbolico: a Belém, alla Cop30, sono state proprio le voci degli “ultimi” – popoli indigeni, nazioni povere e comunità vulnerabili – a diventare il baricentro morale e politico della conferenza. Un cambio di prospettiva che racconta quanto la crisi climatica sia ormai un banco di prova decisivo per la giustizia globale.

Come ha spiegato Alessandra Vischi, direttrice dell’Alta Scuola per l’Ambiente dell’Università Cattolica e membro del Tavolo Cei per la Custodia del Creato, il nodo più duro resta quello dei combustibili fossili: un settore in piena espansione, capace di portare a Belém un numero record di lobbisti e di far approvare, nell’ultimo anno solo, nuovi progetti per 250 miliardi di dollari. Una pressione che si è riflessa nel documento finale, ancora troppo distante dagli impegni assunti negli scorsi anni. Basti pensare agli Ndc: appena 64 Paesi li hanno consegnati entro la scadenza, e gli obiettivi complessivi restano insufficienti per mantenere la soglia di sicurezza fissata a Parigi.

Intanto, la scienza lancia avvertimenti sempre più netti: l’“overshooting” di 1,5 °C potrebbe diventare realtà entro un decennio. L’unica possibilità sarà non superare gli 1,7 °C e avviare una rapida inversione di rotta. Da qui la richiesta, forte e chiara, di trasformare le promesse in azioni. Questo era il messaggio fondamentale che la “COP dell’implementazione”, come è stata definita Belém, avrebbe voluto lanciare. Per un soffio il Brasile non è riuscito a mettere a segno l’approvazione di una roadmap per la transizione da petrolio, gas e carbone. In compenso, la dichiarazione conclusiva rilancia due appuntamenti per dare concretezza agli impegni di Dubai, che sono stati ribaditi: il «Global implementation accelerator» e la «Belém mission to 1,5».

Una cosa è emersa chiaramente a Belém, secondo Vischi: l’importanza della corresponsabilità internazionale, che a Belém si è vista e toccata. Le delegazioni del Sud globale hanno alzato la voce chiedendo tagli più ambiziosi e fondi adeguati per i danni causati dai cambiamenti climatici. Nelle strade, le comunità indigene hanno denunciato lo sfruttamento dell’Amazzonia e proposto soluzioni nate dai loro territori. La parola che è risuonata ovunque è mutirão: uno sforzo comune, radicato nei legami tra popoli e natura. Anche papa Leone ha auspicato che Belém sia ricordato come il luogo in cui si è scelta la cooperazione e non la divisione e la negazione.

Guardando avanti, sostiene Vischi, accanto alla mitigazione serviranno investimenti coraggiosi nell’adattamento, soprattutto per proteggere chi subisce con più forza gli effetti del clima che cambia. Anche per questo la scelta dell’Etiopia come sede della COP32 potrebbe rivelarsi decisiva.

Per leggere l’articolo completo, appuntamento con il numero di dicembre de Il Segno, il mensile della diocesi di Milano.

 

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Redazione Eventi e News Redazione Eventi e News in Italia