25 novembre, a Milano ogni 2 mesi un medico denunciato per abusi. Pm: “Pochi ma seriali”
Ogni due mesi a Milano un medico viene denunciato per violenza sessuale. “Sono pochi ma seriali” e in grado di “mascherare l’abuso dietro una apparente normalità professionale” è la fotografia del fenomeno che scatta la procuratrice aggiunta, Letizia Mannella, intervistata da LaPresse.
Sono 10 le indagini che nell’ultimo anno e mezzo il quinto dipartimento ‘soggetti deboli’ della Procura di Milano, diretto da Mannella, ha aperto su professionisti e camici bianchi per presunti abusi sessuali sulle, o sui, pazienti. Nel 30 per cento dei casi gli inquirenti dimostrano come in realtà si tratti di finti medici che si sono presentati come tali e che vengono segnalati all’Ordine per esercizio abusivo della professione. Sono invece fra i “tre e i quattro” i casi di abusi sessuali quelli che, ogni anno, vengono trattati dal Consiglio di disciplina dell’Ordine dei medici e degli odontoiatri di Milano, come spiega il presidente, Roberto Carlo Rossi. Si tratta di poco più del 3 per cento sui 120 disciplinari complessivi che arrivano sulla scrivania dell’Ordine e che sono figli di almeno “600-700 esposti” su una platea di 19mila iscritti tra Milano e provincia.
La differenza fra i numeri del penale, in cui in automatico viene aperto un fascicolo per stupro con l’aggravante dell’abuso dei poteri o dei doveri, e quelli delle due sezioni disciplinari (distinte per medici e odontoiatri) sta nel fatto che i secondi partono solo all’esito di sentenze passate in giudicato nei confronti di medici condannati, prescritti o assolti per tenuità del fatto se lo stesso contrasta con il codice deontologico. Ai numeri bassi di medici denunciati-indagati-imputati-condannati non corrispondono però cifre altrettanto basse di vittime. Donne, soprattutto, che “vivono un trauma amplificato” con un mix di “incredulità, autogiudizio e colpevolizzazione” mentre cercano “di capire se effettivamente il medico ha abusato di loro oppure o se sia trattato di una manovra nell’esercizio della professione”.
Il confine è labile: negli ultimi 6 mesi quattro procedimenti, tutti assegnati alla pm milanese Alessia Menegazzo, sono giunti a processo e 3 si sono già chiusi con condanna in primo grado. Casi che mostrano quelle che Mannella definisce “modalità operative comuni” che emergono dalle indagini. La prima: numerose vittime. Si pensi alle vicende di Marco D’Annunzio, il medico infettivologo condannato a 6 anni per 4 episodi di molestie all’interno del Centro per le malattie a trasmissione sessuale del Policlinico di viale Jenner o al 42enne medico di guardia, condannato per violenza e falso a 10 anni, dopo essere stato destinatario di due misure cautelari per aver abusato di 9 ragazze negli ambulatori di Milano, San Giuliano Milanese e San Donato. Oppure ai 4 anni che sono stati comminati dal Tribunale a un ex medico di base per violenza sessuale su un 22enne che si era rivolto a lui per un certificato sportivo nel luglio 2024 nella azienda sanitaria di Corsico. In passato era già stato condannato per abusi su un giovane ed era stato sottoposto a misura interdittiva temporanea, nel frattempo conclusa. Così come il caso di Giovanni Sgroi, il gastroenterologo e sindaco di Rivolta d’Adda, arrestato ai domiciliari per violenza su almeno 4 pazienti all’interno del Centro medico specialistico di Pozzuolo Martesana attraverso pratiche sanitarie e manovre “non coerenti” con gli esami specialistici. In passato era stato denunciato senza esiti. Il suo processo inizierà il 12 dicembre.
Fra le contestazioni, nate dalla querela di una 24enne, anche la frase che avrebbe rivolto alla segretaria dopo una delle visite incriminate: “Fai uno sconto alla piccolina”. “Scelgono determinate tipologie di donna con caratteristiche fisiche simili” e afflitte da “problemi psicologici, di fragilità e, a volte, anche economici – spiega l’aggiunta a capo del pool -. Fingendo di essere particolarmente generosi nei loro confronti, offrendo sconti o gratuità delle prestazioni, in realtà ne abusano”. La cronaca mostra come le denunce spesso inizino a fioccare solo dopo il primo episodio diventato di dominio pubblico con l’arresto del professionista e, una volta aperto il vaso di Pandora, gli inquirenti trovano durante le perquisizioni “dossier” sulle “pazienti” di cui vengono conservati “messaggi e recapiti” per poterle ricercare in futuro.
E’ un tema sentito da entrambe le categorie – magistrati e medici – quello della “recidività” che “danneggia anche la collettività, oltre alla singola persona” perché “crea uno stato di sfiducia nei confronti della struttura sanitaria a cui invece è necessario, per tutti, che la persona ammalata si rivolga per la salute collettiva”, conclude Mannella. Il presidente dei medici milanesi Rossi chiarisce: “Ci viene chiesto ‘perché non avete fatto nulla?’ La risposta è perché non lo sappiamo. I magistrati non sono abituati ad avvertire gli ordini professionali, il sistema telematico non prevede un automatismo fra professione e titolo di reato ma noi vogliamo sapere se c’è un iscritto che non solo è accusato ma condannato per violenza sessuale. Il più delle volte ci muoviamo su articoli di stampa”.
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