Seconda vita per il solare, la nuova filiera italiana del riciclo fotovoltaico
Il riciclo dei pannelli fotovoltaici sta entrando in una nuova fase industriale. Tra innovazione tecnologica, modelli finanziari solidi e prime filiere strutturate, l’Italia anticipa un mercato destinato a esplodere nei prossimi anni
Nelle città e nelle campagne italiane i pannelli fotovoltaici dismessi cominciano a raccontare una storia diversa dal passato: non più semplici rifiuti tecnologici, ma materiali strategici destinati a rientrare nella manifattura nazionale.
È un cambio di paradigma silenzioso, ma decisivo, che segna l’inizio della stagione industriale del riciclo fotovoltaico. Una stagione che l’Italia, per una volta, non osserva soltanto: la sta inaugurando.
Il contesto: un’ondata di pannelli fotovoltaici verso il fine vita
Il parco fotovoltaico italiano ha superato i quindici anni di maturità tecnologica. Milioni di pannelli installati tra il 2008 e il 2013 si avvicinano ora al fine vita e i volumi destinati al riciclo cresceranno in modo esponenziale entro il prossimo decennio.
Oltre al vetro – che rappresenta circa il 70% del modulo – il vero valore industriale risiede nel silicio delle celle, un materiale critico per la transizione energetica e per l’elettronica avanzata.
Finora, tuttavia, la filiera nazionale del riciclo ha mostrato limiti strutturali: pochi impianti in grado di separare correttamente le celle dal vetro, difficoltà nel trattare materiali compositi e un mercato sostanzialmente privo di sbocchi industriali di alto profilo.
Un ostacolo che ha frenato l’evoluzione di un settore potenzialmente strategico per l’economia circolare europea.
Interzero Italia: la filiera del silicio diventa realtà
Proprio in questo scenario si inserisce l’esperienza di Interzero Italia, che negli ultimi due anni ha introdotto la prima filiera strutturata per la selezione, il recupero e la commercializzazione del silicio ricavato dai moduli fotovoltaici dismessi.
L’azienda non effettua direttamente la lavorazione, ma svolge un ruolo essenziale di intermediazione qualificata: acquista il silicio recuperato dagli impianti italiani che possiedono le tecnologie necessarie, lo seleziona e lo destina a fonderie specializzate nella lavorazione di metalli non ferrosi.
Il risultato è concreto: 1.000 tonnellate di silicio recuperato e reimmesse nei processi industriali in appena due anni. Un dato significativo, considerando che il silicio rappresenta solo il 10% del peso del pannello, ma richiede procedure sofisticate per essere isolato.
L’innovazione di Interzero risiede soprattutto nella capacità di impedire che il materiale finisca in applicazioni di basso valore, valorizzandolo invece in settori ad alta tecnologia.
Secondo l’azienda, il silicio selezionato può essere riutilizzato nella produzione di componenti automobilistici, aerospaziali e dispositivi elettronici ad alte prestazioni.
L’azienda ritiene che il recupero del silicio rappresenti un salto qualitativo per la filiera e un modello industriale di sostenibilità capace di creare valore, lavoro e nuove opportunità industriali.
Il modello Trust: finanziare oggi il riciclo di domani
Alla dimensione industriale si affianca quella finanziaria. Consorzio Erp Italia, Cobat Raee e Pv Cycle Italia – che rappresentano circa il 90% dei produttori nazionali – hanno incaricato il Politecnico di Milano di valutare la sostenibilità del modello Trust adottato per il finanziamento del fine vita dei pannelli.
Lo studio conferma la solidità del sistema: un accantonamento medio di 2,6 euro per modulo garantisce copertura dei costi fino al 2060, con un surplus che nello scenario base supera il miliardo di euro.
La logica è semplice e innovativa: chi immette un pannello sul mercato accantona subito le risorse necessarie al suo riciclo futuro, assicurando tracciabilità e continuità anche in caso di uscita dal mercato.
Secondo i rappresentanti dei consorzi, si tratta di un’applicazione rigorosa della responsabilità estesa del produttore, capace di evitare il rischio dei pannelli orfani e di garantire un equilibrio intergenerazionale.
Il modello, pur consolidato, può essere perfezionato attraverso una più puntuale definizione dei contributi, una gestione prudenziale dei fondi e un continuo rafforzamento della trasparenza.
Di parare contrario è invece Giorgio Arienti, direttore generale Erion Weee, che spiega come iIl sistema di finanziamento della gestione del fine vita dei pannelli fotovoltaici non incentivati (ovvero i pannelli installati in impianti che non beneficiano degli incentivi previsti dai Conti Energia), basato sull’accantonamento in un sistema di trust frammentario e di discutibile trasparenza di un contributo per ogni pannello immesso sul mercato, non potrà garantire il corretto trattamento di questi rifiuti.
Il contributo unitario segregato per ciascun pannello non è infatti sufficiente a coprire tutti i costi di gestione (trasporto, rimozione delle sostanze inquinanti, riciclo) del pannello stesso.
“Lo studio fatto da Ref Ricerche solleva seri dubbi sulla sostenibilità economica del sistema oggi in vigore e sulla sua reale capacità di coprire i costi di gestione del fine vita dei pannelli fotovoltaici non incentivati, dato che non è serio fare oggi una scommessa su quanto costerà smaltire un modulo tra vent’anni, poiché che il potenziale valore delle materie prime in esso contenute è una assoluta incognita.
Certo, il totale delle risorse accantonate è ingente, ma il contributo unitario (quello che può essere utilizzato per la gestione del singolo pannello, a cui il contributo unitario è associato) non è sufficiente. È un paradosso: nei trust dei consorzi ci sono milioni di euro, ma questa montagna di denaro non riuscirà ad assicurare un corretto riciclo dei pannelli“.
Oggi in Italia il Gestore nazionale dei Servizi Energetici (Gse) ha previsto il trattenimento dagli incentivi di una quota, finalizzata a garantire la completa copertura dei costi di gestione e smaltimento ambientalmente compatibile, pari a 20 euro per ciascun modulo, dilazionata in dieci anni (per impianti professionali con una potenza installata superiore ai 10kw).
La trattenuta verrà poi rimborsata una volta che sarà documentato il corretto riciclo dei pannelli in oggetto presso un impianto di trattamento autorizzato. Ma le trattenute del Gse non sono l’unica strada possibile.
Le norme in materia prevedono, infatti, che i soggetti responsabili degli impianti incentivati possano decidere di prestare la garanzia finanziaria nel trust di uno dei sistemi collettivi Raee riconosciuti, come il Consorzio Ecolamp.
Verso un ecosistema industriale del riciclo fotovoltaico
L’Italia si trova ora davanti a un’opportunità storica: costruire una filiera completa del riciclo fotovoltaico, capace di trasformare un potenziale problema ambientale in un vantaggio competitivo.
Gli esempi di Interzero e dei Consorzi che adottano il Trust dimostrano che esistono competenze, modelli finanziari e tecnologie in grado di supportare un’economia circolare del solare che sia realmente scalabile.
Il riciclo del fotovoltaico non è più un capitolo tecnico nella gestione dei rifiuti tecnologici: è un nuovo settore industriale in formazione, che può rafforzare la sicurezza delle forniture, valorizzare materiali critici e consolidare la leadership italiana nella transizione energetica.
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