I costi della transizione aumentano, l’efficacia cala: l’Italia resta indietro nella corsa alla decarbonizzazione

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I costi della transizione aumentano, l’efficacia cala: l’Italia resta indietro nella corsa alla decarbonizzazione
Secondo l’analisi dell’Osservatorio Energy&Strategy della School of Management Politecnico di Milano la riduzione delle emissioni in Italia procede a ritmo più lento rispetto al resto dell’UE. Senza ulteriori interventi i target fissati al 2030 sono semplicemente irraggiungibili e nel mentre i costi della decarbonizzazione stanno aumentando. L’Osservatorio propone una Policy Agenda per ottimizzare gli sforzi.

La decarbonizzazione in Italia procede con un ritmo lento e disomogeneo e sta diventando progressivamente sempre più costosa. L’abbattimento delle emissioni non è in linea con i risultati degli altri Paesi europei e i target fissati a fine decennio non sono raggiungibili: è quanto emerge dal rapporto Zero Carbon Policy Agenda, redatto da Energy&Strategy della School of Management del Politecnico di Milano.
I risultati dell’analisi mettono in guardia sul fatto che il rallentamento rischia di lasciarci indietro rispetto agli altri membri della UE, con la pesante conseguenza di perdere i benefici economici, industriali e sociali connessi alla transizione energetica.
La decarbonizzazione in Italia: risultati insoddisfacenti nonostante gli investimenti
Le emissioni sono calate del 28,7% rispetto al 1990 e del 37,6% rispetto al 2005, ma negli ultimi 20 anni abbiamo registrato una crescita del PIL nominale nettamente inferiore alla media europea (+46% contro +63%), dunque la riduzione dell’intensità emissiva è dovuta più alla crescita ridotta e alla crisi di alcuni comparti industriali energivori che all’efficienza energetica e produttiva.
Secondo le stime del rapporto l’anno scorso la riduzione delle emissioni di CO2 equivalenti è stata di 11 milioni di tonnellate. Un dato che, sebbene in linea con gli anni precedenti, è insufficiente a raggiungere gli obiettivi del 2030, nonostante un investimento di circa 101 miliardi di euro (nel 2023 erano 28 in più) nei dieci pilastri individuati nel Report, ovvero: rinnovabili, efficienza energetica, infrastrutture di rete, mobilità sostenibile, comunità energetiche, economia circolare, mercati del carbonio, CCUS, nucleare e misure trasversali.
Anche perché, stando a uno specifico indicatore utilizzato da E&S, la decarbonizzazione è divenuta progressivamente più costosa, con un calo del beneficio netto di circa il 25% nel 2024 rispetto all’anno prima.
“Cento miliardi di euro sono un impegno finanziario enorme”, commenta Davide Chiaroni, vicedirettore di E&S e responsabile del Report.
“Tuttavia, è evidente il rallentamento soprattutto in settori chiave come l’economia circolare e la mobilità elettrica, e il PNRR, che aveva alimentato una prima fase di crescita, mostra segni di esaurimento, anche per le difficoltà di implementazione: l’Italia ha destinato 79,6 miliardi di euro a interventi di decarbonizzazione su sette pilastri, tra cui rinnovabili, efficienza energetica, infrastrutture di rete e mobilità sostenibile, ma solo il 34% (27 miliardi) risulta effettivamente erogato. La media di avanzamento per pilastro è del 21%, appena in linea con il dato medio complessivo del PNRR”, aggiunge.
Gli investimenti rendono di meno e il costo della decarbonizzazione sale
Sebbene l’Italia abbia mostrato progressi significativi sul fronte delle riforme, completando 28 dei 34 target su quattro pilastri con un avanzamento medio dell’87%, l’efficacia delle risorse impiegate è in netto calo.
Per valutare questo aspetto, il Report si serve di un indicatore di “efficienza degli investimenti” che mette in relazione gli euro spesi e le tonnellate di CO2 risparmiate.
Nel 2023 il valore si attestava a 4,69 miliardi €/MtCO2eq, mentre nel 2024 è salito a 5,88 miliardi €/MtCO2eq. Ciò significa che per ogni miliardo di euro investito in tecnologie di decarbonizzazione la riduzione effettiva di emissioni è diminuita. Gli investimenti lo scorso anno sono risultati meno efficaci di circa il 25% e la decarbonizzazione è divenuta più costosa.
A complicare la situazione il difficile contesto geopolitico internazionale e il riorientamento delle politiche: la decarbonizzazione resta un obiettivo irrinunciabile, ma il percorso dovrà essere rimodulato in modo da non compromettere la tenuta economica e sociale dell’Unione. E anche a livello nazionale emergono segnali di criticità.
“Non va però dimenticato – aggiunge Chiaroni – che il mancato rispetto dei target europei comporta conseguenze rilevanti: l’Italia rischia non solo di sostenere un costo diretto, ma anche di rinunciare a opportunità strategiche come lo sviluppo di filiere industriali locali, nuova occupazione qualificata, maggiore sicurezza energetica. Paradossalmente, finanzieremmo la transizione energetica altrui senza godere appieno della nostra”.
Nessun target appare raggiungibile
In base all’analisi fatta sui progressi verso la decarbonizzazione appare evidente che sulla base della situazione attuale e delle azioni già previste nessuno dei target appare realmente raggiungibile e le proiezioni indicano che solo poco più della metà del gap potrà essere colmato se si proseguirà lungo il percorso delineato dal PNIEC.
Questo scenario porta con sé due importanti implicazioni: da un lato, rischia di alimentare nuovamente il dibattito sulla realizzabilità e l’equità dei target ambientali europei; dall’altro, scaricherebbe sul 2050 un carico ancora maggiore, imponendo al Paese un’accelerazione drastica per conseguire la neutralità climatica.
Le proposte per rafforzare e riorientare le politiche per la decarbonizzazione
Il Report propone quindi una Policy Agenda che raccoglie e sistematizza le proposte elaborate a partire dal confronto con i partner dell’Osservatorio e con esperti del settore, con l’obiettivo di indicare possibili traiettorie di rafforzamento delle politiche, partendo dalle misure già in campo.
Nel complesso le proposte delineano un quadro eterogeneo ma coerente, che affronta tanto i nodi procedurali quanto la necessità di strumenti economici e regolatori innovativi.
Emergono con chiarezza tre direttrici comuni:
- l’esigenza di maggiore trasparenza e semplificazione dei processi
- la volontà di introdurre parametri chiari e misurabili di efficacia
- la necessità di ampliare il coinvolgimento di cittadini, imprese e territori in un percorso di decarbonizzazione che, per essere credibile, non può più basarsi soltanto su grandi obiettivi programmatici, ma deve tradursi in misure concrete, tempestive e condivise.
Energia
Nell’ambito della generazione energetica, le rinnovabili rappresentano il terreno più fertile di elaborazione, con oltre venti proposte che spaziano dalla richiesta di studi di “renewable readiness” per il patrimonio edilizio esistente alla semplificazione dei processi autorizzativi e delle valutazioni ambientali, fino a meccanismi per una distribuzione territoriale più equilibrata della capacità installata.
L’attenzione è rivolta non solo alla riduzione dei costi amministrativi e procedurali, ma anche alla creazione di un contesto informativo e regolatorio capace di stimolare cittadini e imprese a orientare in modo consapevole i propri investimenti.
Le comunità energetiche vengono considerate un pilastro strategico, con proposte che mirano sia a incentivarne la diffusione nei contesti periferici e rurali, sia a favorire il coinvolgimento delle PMI come attori chiave nella costruzione di modelli collaborativi di produzione e consumo.
Più limitate, ma significative, le misure individuate per le infrastrutture di rete e per il nucleare, dove il dibattito si concentra soprattutto sulla necessità di rafforzare la ricerca scientifica e la corretta informazione dell’opinione pubblica.
In tema di consumi, l’efficienza energetica è al centro di nuove proposte per superare le problematiche legate ai bonus edilizi. L’obiettivo è creare un sistema di interventi più razionale ed efficace.
Le proposte includono l’introduzione di parametri di valutazione più trasparenti (come il rapporto tra CO2 ridotta ed euro investito), l’accesso semplificato al credito e il potenziamento della figura degli energy manager nella pubblica amministrazione.
Mobilità sostenibile
Su questo fronte, i suggerimenti riguardano il reale potenziamento del trasporto pubblico e di un’infrastruttura di mobilità capillare e integrata, che combini mezzi elettrici, ciclabilità e intermodalità, estendendosi anche alle aree rurali e non solo alle grandi città.
La responsabilità delle imprese
Infine, nel pilastro trasversale emergono proposte focalizzate sulla rendicontazione di sostenibilità delle PMI, con l’introduzione di modalità semplificate ma obbligatorie di applicazione della Corporate Sustainability Reporting Directive utili non solo a fini di trasparenza, ma di competitività e accesso ai capitali.
Strategie per la riduzione degli impatti
Nell’area della riduzione degli impatti, ci si concentra soprattutto su CCUS (Carbon Capture, Utilization and Storage, ovvero “Cattura, utilizzo e stoccaggio della CO2”) e mercati del carbonio.
Nel primo caso, vengono suggeriti meccanismi di incentivazione legati all’efficacia delle tecnologie in rapporto ai costi sostenuti, la regolamentazione delle infrastrutture di stoccaggio e l’introduzione di contratti per differenza specificamente dedicati a settori industriali hard-to-abate.
Nel secondo, l’attenzione si rivolge allo sviluppo di un quadro chiaro per il carbon farming, al possibile ampliamento del sistema ETS per includere crediti da rimozione di CO2 e alla definizione di metriche oggettive per valutare l’efficacia climatica degli investimenti.
Più limitata, ma non meno rilevante, la proposta nell’ambito dell’economia circolare, che sottolinea la necessità di un impianto normativo dedicato alla gestione del fine vita di impianti fotovoltaici e batterie, in linea con i principi di sostenibilità e sicurezza ambientale.
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