I dirigenti del Pd non cercano più nemmeno di convincervi a votarli

Ottobre 25, 2025 - 00:30
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I dirigenti del Pd non cercano più nemmeno di convincervi a votarli

Da anni i dirigenti del Pd applicano alla propria propaganda una curiosa variante della celebre battuta dei fratelli Marx («Questi sono i nostri principi, se non vi piacciono ne abbiamo degli altri»), variante che potremmo riassumere così: questo è il nostro partito, se non vi piace ne abbiamo degli altri. E se non dovessero piacervi neanche quelli, non c’è problema, ne possiamo ordinare subito uno nuovo su misura per voi.

In pratica, i dirigenti del Pd li riconosci perché sono gli unici che passano la maggior parte del loro tempo, dei loro comizi, delle loro interviste, a magnificare i pregi di altri partiti, con cui vorrebbero allearsi, peraltro non sempre ricambiati, e persino di partiti inesistenti, di cui tuttavia avvertono con forza il bisogno nell’opinione pubblica.

Goffredo Bettini è forse il più prolifico in questo peculiare genere politico-letterario – l’intervista del dirigente di partito che auspica e prefigura la nascita di altri partiti – ma non è certo il solo a invocare ogni giorno nuove formazioni politiche, dalla «terza gamba» centrista dell’alleanza all’immancabile soggetto civico, dal partitino capace di interloquire con i cattolici (come se fossimo ancora nell’Italia degli anni cinquanta) a quello meglio attrezzato per  parlare con gli ambientalisti, i giovani, i movimenti, le donne, gli omossessuali, e così via.

Fino a poche settimane fa, l’esempio prediletto era quello di Ernesto Maria Ruffini, l’ex direttore dell’Agenzia delle entrate che avrebbe dovuto costruire quella gamba centrista capace di compensare lo spostamento a sinistra del Pd di Elly Schlein. Ruffini si è fatto anche il suo movimento, «Più uno», ha scritto libri, rilasciato innumerevoli interviste a giornali e tv, ma per qualche ragione sembrerebbe avere già esaurito la spinta propulsiva.

Fatto sta che adesso in quel ruolo gli sono già subentrati l’assessore romano Alessandro Onorato (obiettivamente non conosciutissimo fuori dalle mura aureliane, ma se è per questo non è che Ruffini riempisse gli stadi) e gli altri protagonisti della sua «aggregazione civica», una versione particolarmente leggera, per non dire inafferrabile, del solito partito dei sindaci (i sindaci certo non mancano, da Silvia Salis a Gaetano Manfredi, semmai si stenta a vedere il partito).

Intanto però ogni giorno c’è qualche esponente del Pd che benedice e incoraggia questa o altre consimili formazioni, necessarie per parlare a questo o quel mondo, in un’immaginaria divisione dei ruoli in cui non si capisce bene chi dovrebbe restare a parlare con il Pd, ma si capisce benissimo che nella mente di quegli stessi dirigenti l’idea che il Pd possa rivolgersi non dico a tutti ma anche solo alla maggioranza degli italiani appare chiaramente insostenibile, tanto da non essere nemmeno presa in considerazione. Non è qui questione di vocazione maggioritaria o altre formule di dubbia efficacia, euristica e propagandistica. La cosa è molto più semplice: se tu stesso sei il primo a mostrare di non credere minimamente alla possibilità di convincere la maggioranza degli italiani, figurati loro.

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