Trump ha guadagnato un miliardo di dollari con le criptovalute

C’è chi fa il presidente per spirito di servizio e chi per servire il patrimonio personale. Da quando è tornato alla Casa Bianca, Donald Trump ha guadagnato un miliardo di dollari, se non di più, soltanto tra bitcoin, memecoin, token e investimenti da fondi esteri. La sigla Maga, sempre sulla bocca del presidente in campagna elettorale, voleva forse dire “Make Assets Great Again”.
A detta del diretto interessato, erano tempi di magra quelli che hanno preceduto la seconda ascesa alla presidenza. In crisi di liquidità, con una sanzione civile di cinquecento milioni di dollari e il patrimonio immobiliare rimanente a rischio vendita, il 5 novembre dello scorso anno ha segnato la sua rinascita finanziaria. E non solo. Trump è l’unico presidente ad aver aumentato il proprio patrimonio dopo l’insediamento, con operazioni finanziarie e commerciali in barba al conflitto d’interesse.
I suoi predecessori evitato di infilarsi in situazioni potenzialmente compromettenti affidandosi, ad esempio, ai blind trust – accordi giuridici utili a separare una persona della gestione del proprio patrimonio per un periodo limitato, come la durata di un incarico pubblico, affidando tutto a un amministratore indipendente. Fecero così Lyndon Johnson, Ronald Reagan, Jimmy Carter, Bill Clinton e George W. Bush. L’attuale presidente ha invece preferito lasciare gli averi in gestione a figli e collaboratori, con loro tutte le ambigue commistioni fra interessi pubblici e privati.
Eppure, come spiega lo stesso portavoce della Casa Bianca Kush Desai al Financial Times: «La realtà è che il presidente Trump aveva già costruito un impero economico prima di entrare in politica, quando è diventato l’individuo più ricco ad aver vinto la presidenza nella storia. […] La sua unica motivazione a lasciarsi alle spalle la sua vita di lusso per candidarsi era salvare il nostro Paese e il nostro popolo». Un decantato spirito da filantropo che stona con gli accordi milionari conclusi anche grazie all’imposizione di una legislazione favorevole.
Proprio il Financial Times ha dedicato un lungo approfondimento all’argomento, sottolineando come, a quasi un anno dalle elezioni, Trump non ha mancato la promessa a diventare «il primo cripto presidente». Norme come l’istituzione di una riserva nazionale di bitcoin, cambi di leadership presso le principali agenzie di regolamentazione statunitensi con figure aperturiste e la chiusura delle indagini sulle grandi aziende crypto sono solo alcune delle pedine che il presidente e i suoi assistenti hanno sapientemente posizionato. «Le regole saranno scritte da persone che amano il vostro settore, non che lo odiano», aveva detto Trump a Nashville nel luglio 2024. Presto detto, introduce politiche che spianano la strada agli investimenti pensionistici in criptovalute e al coinvolgimento delle banche tradizionali. I risultati non hanno tardato, il prezzo dei bitcoin ha raggiunto i massimi storici e molti dirigenti delle aziende crypto espatriate hanno fatto rientro negli Stati Uniti.
Sul piano personale, il Financial Times stima un aumento degli utili imputabili in larga parte alle criptovalute di un miliardo di dollari. Interpellato dal quotidiano, Eric Trump ha ipotizzato una sottostima sostenendo che la cifra reale sia probabilmente maggiore. Mentre, sulla carta, il patrimonio netto è lievitato di diversi miliardi.
Nel 2024, Trump aveva speso parole di disappunto verso le criptovalute, definendole una «truffa» o «basate sul nulla», o anche «antiamericane» perché in concorrenza con il dollaro.
Poi il cambio di passo. Adirato con le banche di Wall Street, accusate di avversare le sue attività economiche per ragioni politiche, sul finire della campagna elettorale Trump ha dato inizio a un nuovo fortissimo sodalizio con le criptovalute. «Siamo stati presi di mira in un modo tale da dover trovare alternative alla finanza tradizionale», ha detto Eric Trump al Financial Times per motivare i ripensamenti del padre. Così sono arrivate donazioni di milioni di dollari provenienti da aziende crypto americane, tra cui Coinbase, Ripple Labs e Circle. Caso vuole che nel corso del suo mandato la Securities and Exchange Commission stia chiudendo o archiviando casi pendenti su aziende finanziatrici e che le aziende riconducibili a Trump abbiano acquistato bitcoin e altri token.
Le mosse di Trump sono un chiaro esempio di sfruttamento del proprio incarico a beneficio di iniziative economiche personali. E qui rientrano anche il lancio di memecoin con la moglie Melania, ossia criptovalute basate su meme e tendenze social, altamente volatili e speculative. Si stima che queste abbiano generato circa quattrocentoventisette milioni di dollari fra commissioni di vendita e trading, anche se la ripartizione dei profitti non è ancora chiara. Il vantaggio commerciale riguarda anche le aziende non storicamente votate alle criptovalute, come la Trump Media & Technology Group che ha iniziato a raccogliere token e lanciare fondi di bitcoin. Una virata da tre miliardi di dollari.
Ieri Trump ha anche graziato il fondatore della piattaforma di criptovalute Binance. Changpeng Zhao, noto anche con l’acronimo CZ, ha quarantasei anni, è cinese di nascita ma canadese di nazionalità, ed è la sessantanovesima persona più ricca del mondo (con un patrimonio di ventitré miliardi di dollari). Nel 2023 si era riconosciuto colpevole davanti a una corte degli Stati Uniti per riciclaggio di denaro.
Piattaforme, aziende e attività d’investimento ingrossano anche i portafogli vicini a quello del presidente, cioè tutto il suo entourage di collaboratori, familiari e membri del governo legati a vario titolo agli investimenti digitali, primo fra tutti il vicepresidente J.D. Vance. Gli uomini più vicini a Trump detengono importanti riserve di criptovalute: un lungo elenco che comprende l’inviato degli Stati Uniti per il Medio Oriente Steve Witkoff, il direttore federale per l’edilizia abitativa Bill Pulte, il Segretario al Commercio Howard Lutnick e molti altri. Tra gli investitori ovviamente ci sono molti imprenditori provenienti dall’estero, come MGX, società d’investimento di proprietà di Abu Dhabi, che ha già acquistato una stablecoin sostenuta da Trump per due miliardi di dollari.
Il tutto nel silenzio dell’opinione pubblica, tolte le rivendicazioni di attivisti e democratici membri dell’opposizione. Public First US ha realizzato un sondaggio sugli elettori di Trump, su commissione del Financial Times. Dalle risposte emerge una percezione distorta della realtà, con più della metà che quantifica in cento milioni di dollari i guadagni del presidente e un terzo nega l’ottenimento di un vantaggio economico dal suo incarico.
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