Il primo speed date di networking dedicato ai pasticcieri professionisti

Cosa succede quando metti dodici pasticcieri nella stessa stanza, li fai sedere a coppie e concedi loro dieci minuti per parlare liberamente? Succede che si raccontano. Senza formalismi, senza filtri, senza la mediazione di uno schermo. Lo Sweet Date nasce da un’osservazione semplice: i pasticcieri si (in)seguono sui social, si ammirano a distanza, si ispirano reciprocamente, ma raramente hanno l’occasione di incontrarsi. E quando capita – nelle fiere, ai concorsi, negli eventi di formazione – il contesto è competitivo: si è lì per mostrare le proprie competenze, non per condividere le proprie fragilità. Così abbiamo pensato di offrire ai professionisti della pasticceria uno spazio neutro, dove poter abbassare la guardia e dire senza vergogna: «Questa cosa non mi riesce. Tu come la fai?».
Sei coppie sedute ai tavoli, disposti su due file parallele. Una fila resta ferma, l’altra ruota ogni dieci minuti. Niente pubblico, nessuna telecamera puntata, nessun giornalista che prende appunti. Solo un accordo implicito: qui dentro puoi essere vulnerabile. Puoi ammettere che quella ricetta non funziona, che quel cliente è insopportabile, che quel dipendente ti fa impazzire. Puoi chiedere aiuto senza paura di sembrare incompetente. E questa vulnerabilità – positiva, necessaria – è capace di generare conversazioni più autentiche di quelle che nascono nei convegni affollati.

Molte verità che spesso vivono solo dietro le quinte qui sono emerse con una facilità disarmante: la fatica delle relazioni umane, la difficoltà di costruirsi il proprio tempo quando il lavoro divora tutto, la creatività come forma di cura personale ancor prima che professionale sono solo alcune delle tematiche affrontate nello Sweet Date. Accanto a queste, hanno trovato spazio domande più concrete: «Mi sono confrontata con una panificatrice sui problemi tecnici che riscontravo con il pane. E dieci minuti dopo stavo chiedendo a un imprenditore come dovrebbe comportarsi un dipendente nei suoi confronti», racconta una pasticciera.
Ma soprattutto, questo nuovo format di networking ha avuto il potere di intercettare quel bisogno inespresso – o sottovalutato – di trovare uno spazio in cui potersi confrontare senza gareggiare, dove esporsi senza temere il giudizio. «Mi ha colpito la capacità di raccontarsi senza filtri. Mi ha ricordato che – al di là dei ruoli professionali – siamo esseri umani che cercano connessioni significative», riflette un pasticciere.
Alla fine di ogni round, molte coppie si sono scambiate un contatto. Non per dovere di cortesia, ma perché mosse dal desiderio o dalla necessità di coltivare una relazione: per cavalcare una nuova opportunità professionale, segnalare un fornitore, organizzare una visita nei rispettivi laboratori. Un gesto che evidenzia il valore dello scambio tra pari, in cui l’assenza di una cattedra fa emergere bisogni e difficoltà condivisi, e magari soluzioni diverse per affrontare dinamiche spesso sistemiche.

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