Militi della Croce Bianca aggrediti durante un intervento, lo sfogo: “È all’ordine del giorno”

Genova. Si è allontanato dall’ospedale rifugiandosi in un’auto parcheggiata vicino alla chiesa di Santa Zita, alla Foce. Quando è stato invitato dai soccorritori della Croce Bianca a trovare riparo dal freddo, ha reagito con aggressività finendo poi per aggredire due militi che stavano chiamando le forze dell’ordine.
È successo mercoledì pomeriggio, a restare feriti due soccorritori della Croce Bianca, intervenuta dopo le segnalazioni da parte di alcuni residenti preoccupati per le condizioni di salute del ragazzo, 25 anni, senza fissa dimora.
La violenza si è scatenata quando il giovane ha visto che soccorritori stavano chiamando il 112. A quel punto gli ha lanciato contro un pezzo di vetro e si è avvicinato a uno di loro, mettendogli le mani al collo, tentando di strappargli il telefono e spingendolo contro un’auto in sosta.
La Croce Bianca fa sapere che il 25enne si è messo a inseguire gli operatori, che si stavano allontanando, e ha tirato un pugno in faccia all’autista dell’ambulanza costringendolo a ripararsi in un negozio vicino: “È riuscito ad uscirne solo grazie all’intervento della Polizia di Stato, nel frattempo giunta sul posto”. I due soccorritori feriti sono stati portato al San Martino in codice giallo e sottoposti ad accertamenti radiologici.
“Si tratta della seconda aggressione in un anno nei confronti della Croce Bianca Genovese, dopo quella dello scorso marzo che ha visto protagonista un ragazzo di 19 anni in stato di alterazione psicofisica nella galleria Nino Bixio. Le aggressioni ormai sono all’ordine del giorno”, dice Walter Carrubba, presidente della Croce Bianca Genovese.
“Questo episodio ai danni dei nostri militi è solo uno dei tanti che accadono quotidianamente, in alcuni casi si riesce a usare dei deterrenti ma in caso di soggetti con compromissioni psichiatriche o psicofisiche la normativa non ci tutela ancora in pieno. A volte il nostro intervento risulta ‘disturbante’ per queste persone, mentre noi cerchiamo solo di essere protettivi nei loro confronti. Talvolta -conclude Carrubba- questa eccessiva protezione ci pone tra due fuochi: lasciare la persona dove la si è trovata, e allora dovremmo essere certi di non avere conseguenze legali, o insistere, rischiando però di essere aggrediti?”
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