Ipertensione arteriosa: e se dipendesse anche dal sistema immunitario?

Lug 5, 2025 - 00:00
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Ipertensione arteriosa: e se dipendesse anche dal sistema immunitario?

L’ipertensione arteriosa, una delle principali cause di malattie cardiovascolari, potrebbe avere un nuovo responsabile: il nostro stesso sistema immunitario. Un recente studio pubblicato su Nature Communications ha rivelato un meccanismo sorprendente attraverso il quale il sistema immunitario contribuirebbe  all’ipertensione arteriosa. La ricerca, condotta dall’Unità di Angiocardioneurologia e Medicina Traslazionale dell’I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli, ha identificato l’enzima PI3Kγ come un attivatore chiave nei linfociti T CD8, che dialogano con i vasi sanguigni e regolano la pressione arteriosa.

Dati statistici sull’ipertensione

Secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, complessivamente il 31% della popolazione italiana è iperteso, mentre il 17% è borderline. Negli uomini, i valori sono più elevati. In particolare, nel nord Italia con una incidenza del 37% nel nord est e del 32% nel nord ovest. Al contrario per le donne la frequenza è maggiore al sud (34%).   Complessivamente, più del 50% degli uomini e più del 40% delle donne sono ipertesi, ma oltre il 27% degli italiani non sa di esserlo.

Cosa genera l’ipertensione?

L’ipertensione arteriosa può essere causata da una combinazione di fattori genetici e ambientali. Tra le cause più comuni troviamo malattie renali, disturbi del sonno come le apnee notturne, problemi ormonali, uso di farmaci come antinfiammatori non steroidei (FANS), decongestionanti o contraccettivi orali, uso di droghe, fumo e consumo eccessivo di alcol. Anche un‘alimentazione ricca di sodio e povera di potassio, obesità, sedentarietà e stress cronico possono contribuire all’innalzamento della pressione arteriosa. A questi fattori ora bisogna aggiungere il sistema immunitario secondo un meccanismo scoperto dai ricercatori italiani.

Il ruolo dell’Enzima PI3Kγ nel processo infiammatorio

L’enzima PI3Kγ guida l’attivazione e la migrazione dei linfociti T CD8 verso organi cruciali come i reni e il distretto vascolare. Questo processo innesca una risposta infiammatoria che altera la regolazione della pressione arteriosa. Utilizzando modelli animali, gli scienziati hanno osservato che l’attivazione costante di PI3Kγ porta allo sviluppo di ipertensione anche in assenza dei tradizionali fattori di rischio.

Le scoperte dei ricercatori

«La nostra ricerca ha mostrato che l’attivazione di PI3Kγ in queste cellule è sufficiente a innescare una catena di eventi – ha sottolineato Daniela Carnevale, Professore Ordinario dell’Università Sapienza di Roma, presso l’I.R.C.C.S. Neuromed -: le cellule si attivano anche senza stimoli esterni, si spostano nei tessuti periferici e contribuiscono a modificare la reattività dei vasi, aumentando il rischio di danno d’organo». I ricercatori sono riusciti a dimostrare  che PI3Kγ rende i linfociti CD8 capaci di produrre una molecola infiammatoria, RANTES/CCL5, che facilita l’infiltrazione nei tessuti e la formazione di un’interfaccia con le cellule vascolari. Bloccando questa molecola, l’effetto ipertensivo scompare.

Dialogo tra sistema immunitario e cardiovascolare

Le cellule T CD8, una volta attivate, migrano dalla milza verso i tessuti periferici, stabilendo un contatto diretto con le pareti delle arterie. Questo “dialogo” tra sistema immunitario e sistema cardiovascolare si traduce in una maggiore rigidità dei vasi e in un’alterazione del controllo pressorio. La ricerca ha dimostrato che PI3Kγ rende i linfociti CD8 capaci di produrre una molecola infiammatoria, RANTES/CCL5, che facilita l’infiltrazione nei tessuti e la formazione di un’interfaccia con le cellule vascolari.

Possibili nuovi farmaci

Bloccando la molecola RANTES, l’effetto ipertensivo scompare, suggerendo nuove possibili applicazioni terapeutiche. Inoltre, lo stesso tipo di attivazione è stato osservato nei linfociti CD8 presenti nei reni di pazienti ipertesi, indicando che questo meccanismo potrebbe avere rilevanza anche nell’uomo.  La scoperta rappresenta un importante passo avanti nella comprensione dei meccanismi alla base dell’ipertensione e apre nuove prospettive per lo sviluppo di trattamenti più efficaci. «Questi risultati gettano una nuova luce sul ruolo dell’immunità nella regolazione della pressione arteriosa – ha fatto notare Giuseppe Lembo,  Professore Ordinario dell’Università Sapienza di Roma, presso l’I.R.C.C.S. Neuromed  -. e indicano una possibile strada per proteggere i tessuti bersaglio dell’ipertensione, in particolare i reni, intervenendo farmacologicamente sul segnale PI3Kγ o sulla molecola RANTES prodotta dai linfociti».

L'articolo Ipertensione arteriosa: e se dipendesse anche dal sistema immunitario? proviene da Quotidiano della salute.

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Redazione Redazione Eventi e News