Giornata dell’albero: perché la tutela delle foreste non è mai un gesto scontato – e cosa ci insegna la Cop30
La Giornata dell’albero ci invita a ricordare che un albero non vale ovunque allo stesso modo e che salvare un ettaro di foresta primaria non equivale a piantare un ettaro di pioppeto
Ogni 21 novembre celebriamo la Giornata Nazionale dell’albero. Una ricorrenza che rischia di diventare rituale se non la ricolleghiamo all’unica verità che oggi conta davvero: le foreste non sono un patrimonio garantito, ma sistemi fragili che richiedono protezione attiva, conoscenza scientifica e strumenti economici credibili.
Foglie, tronchi e radici non bastano a raccontare il valore del bosco: serve uno sguardo politico e tecnico capace di leggere dietro la superficie e di questo se ne è parlato anche alla Cop30 di Belem.
Come ricorda l’articolo 6 dell’Accordo di Parigi, i mercati del carbonio e i meccanismi di compensazione possono funzionare soltanto se le riduzioni delle emissioni – o gli assorbimenti – sono addizionali, cioè reali, misurabili e dimostrabili.
Ma come si dimostra ciò che non accade, come per esempio una foresta che non viene distrutta?
Foreste sotto attacco: il rischio cresce e la scienza lo conferma
Deforestazione, agricoltura espansiva, siccità, parassiti, incendi. Le foreste globali vivono pressioni senza precedenti e, con l’accelerazione del cambiamento climatico, la situazione è destinata a peggiorare.
Uno studio internazionale, cofirmato da Maria Vincenza Chiriacò, ricercatrice del Cmcc e delegata italiana al gruppo Afolu, mostra che fino al 91% delle regioni oggi a rischio incendi vedrà un incremento del rischio entro fine secolo.
Non sono proiezioni generiche: grazie all’integrazione di molteplici modelli climatici, lo studio definisce mappe di rischio molto più precise rispetto al passato.
Entro il 2040, almeno il 55% delle aree globali a rischio sperimenterà condizioni più favorevoli alla propagazione del fuoco. Africa meridionale, Mediterraneo, Sud America orientale e Nord America sono tra le aree più esposte.
Ecco perché proteggere una foresta oggi equivale già ad agire: perché in molti luoghi, senza interventi mirati, la perdita sarebbe la norma.
La sfida dell’addizionalità: come dimostrare che una foresta salvata è davvero salvata
Nell’architettura dell’articolo 6 (che regola i mercati del carbonio), uno dei nodi più controversi è proprio l’addizionalità: se una foresta rimane intatta, come dimostrare che è merito di uno sforzo umano e non del semplice caso?
“La vera sfida è dimostrare che stiamo proteggendo un bosco da rischi concreti, rispetto a uno scenario di business as usual che altrimenti lo porterebbe al degrado” come ha avuto modo di affermare Chiriacò.
Ecco allora il ruolo della scienza: produrre modelli affidabili, scenari probabilistici, dati satellitari, serie temporali che consentano di riconoscere quando la protezione non è passiva, ma il frutto di investimenti, strategie di prevenzione, gestione dei disturbi, controllo degli incendi, contrasto ai tagli illegali.
La nuova Tropical forest forever facility (Tfff): pagare per ciò che resta in piedi
Tra le iniziative di punta della Cop30 c’è la Tropical Forest Forever Facility (Tfff), un fondo che potrebbe convogliare miliardi nella protezione delle foreste tropicali.
A differenza dei meccanismi tradizionali come Redd+, il Tfff non paga per il carbonio sequestrato, ma per gli ettari di foresta esistente mantenuti nel tempo.
Il funzionamento dovrebbe essere semplice: i Paesi ricevono pagamenti proporzionali alla loro copertura forestale e, per accedere ai fondi, devono mantenere un tasso di deforestazione sotto lo 0,5%.
E se un ettaro viene distrutto? Il sistema applica uno sconto potenziato: la perdita di 1 ettaro può valere come se fossero andati persi 100 o 200 ettari, a seconda del tasso nazionale di deforestazione; per le aree degradate dal fuoco, il rapporto è 1:35.
Un segnale netto: proteggere è più conveniente che perdere. Almeno il 20% delle entrate è destinato alle comunità indigene e locali, riconoscendo il loro ruolo chiave nel custodire gli ecosistemi primari.
Giornata dell’albero 2025: non piantare soltanto, ma proteggere
Nella retorica del piantiamo un albero, rischiamo di dimenticare che il clima si gioca soprattutto sugli alberi che già abbiamo. Preservare una foresta esistente, soprattutto in aree ad alto rischio, produce benefici climatici immediati, misurabili, duraturi.
Alla vigilia della Giornata dell’albero, la domanda da porci è nuova: non quanti alberi piantiamo, ma quanti alberi riusciamo davvero a mantenere in piedi. Perché oggi più che mai, proteggere un bosco significa proteggere il nostro futuro.
Crediti immagine: Depositphotos
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