Le ragioni del Sì al referendum sulla separazione delle carriere: il giudice “terzo” è un obbligo Costituzionale
In realtà, deliberando la separazione delle carriere, il Parlamento non ha operato una vera e propria riforma costituzionale. Si è limitato ad aggiustare la Costituzione, dando finalmente piena attuazione al suo articolo 111, che prevede che il giudice sia “terzo” rispetto al Pm e rispetto alla difesa, e quindi, necessariamente, che non possa essere collega né del Pm, né dell’avvocato. Del resto che le cose debbano andare in questo modo, per dare un minimo di credibilità alla giustizia, appare evidente a chiunque si limiti ad usare la logica.
C’è qualcuno che non farebbe un salto sulla sedia se si decidesse che il giudice che emette la sentenza, anziché essere un magistrato, sia un avvocato? Non è una domanda paradossale, è la domanda che serve per far capire bene in che cosa consiste la separazione delle carriere.
Ma cerco di essere ancora più chiaro. Trascrivo qui il brano dell’articolo 111 della Costituzione che riguarda questo argomento. Si tratta del secondo comma di quell’articolo: “Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizione di parità, davanti a un giudice terzo e imparziale”. Immagino che chiunque possa notare quel doppio aggettivo: “terzo e imparziale”. Dicono molti sostenitori del No che un giudice è comunque imparziale. Benissimo, ammesso anche che sia così (e purtroppo non sempre è così) la Costituzione non si accontenta dell’imparzialità ma pretende che il giudice sia terzo.
Ora sfido chiunque a spiegarmi cosa si possa intendere con l’aggettivo terzo se non una persona che non ha niente a che fare né col primo (l’accusa) né col secondo (la difesa). Nella Costituzione c’è scritto terzo, non secondo e mezzo. Io credo che la discussione si dovrebbe chiudere qui. Nel senso che se davvero si vuole mantenere la carriera unica tra accusa e giudici occorre abolire o comunque modificare questo articolo della Costituzione Oggi noi ci troviamo di fronte a un funzionamento del processo che non è costituzionale, quindi, in sostanza, non è legale, e non assicura all’imputato, e alla difesa, i diritti costituzionali. A me la cosa sembra piuttosto grave. L’obiezione che sento spesso è questa: ma i casi di passaggio dalla funzione di Pm alla funzione di giudice sono molto rari. Dunque per questi pochi casi vogliamo cambiare la Costituzione?
Ho due risposte a questa domanda. Una formale e una sostanziale. Quella formale è la seguente: ma se questa riforma è così poco importante da non meritare la modifica della costituzione, allora perché scaldarsi tanto per impedirla? Se la riforma non è importante come fa ad essere così importante il referendum? E’ inspiegabile.
La seconda risposta è sostanziale. Non è il passaggio raro di funzioni che preoccupa, è la vicinanza e spesso la complicità tra il Pm e il suo collega giudice. Parliamo dei Gip. Che sono giudici. Quante volte un Gip dà torto a un Pm? I dati li ha forniti l’altro giorno il ministero. Oltre il novanta per cento delle decisioni dei Gip accolgono la richiesta dei Pm. In alcuni casi (proroga delle intercettazioni) si arriva al 99 per cento dei casi. E’ normale che sia così? E’ giusto che sia così? Beh, se è normale e giusto possiamo persino pensare ad abolire la figura del Gip e concedere direttamente al Pm la decisione di intercettare o arrestare una persona che lui sospetta che sia colpevole. Cosa che in realtà, nella sostanza già avviene.
Poi c’è l’altro argomento forte di questa campagna referendaria. Chi è contro la riforma sostiene che in questo modo si indebolisce la magistratura. Ma questo evidentemente non è vero. Semplicemente si riequilibrano i poteri all’interno della magistratura. La magistratura giudicante rafforza la propria autonomia, che è prevista e imposta dalla Costituzione. Si sottrae all’influenza e al notevole potere politico dei Pm, realizzato soprattutto con l’aiuto delle correnti della magistratura. E questo consolidamento della magistratura giudicante e della sua indipendenza certamente è un fattore positivo. Si indebolisce invece il potere del Pm, che soprattutto vedrà (forse) ridotte le possibilità di arrestare la persona spostata, di chiedergli di confessare, di influenzare i giudici. (Io lo chiamo “potere di sopraffazione”, ma forse esagero). A me sembra anche questo un fattore positivo. Si dice che però i Pm, isolati, perderanno la cultura della giurisdizione e si incattiviranno. E perché mai? Se non hai più potere sui colleghi giudici diventi più cattivo? Un magistrato cattivo è evidentemente un magistrato in malafede. Se un magistrato è in malafede è un pessimo magistrato, a prescindere dalla divisione delle carriere. Ce ne sono molti in giro? Temo che tra i Pm ce ne sono parecchi, (ma forse anche qui mi sbaglio).
Ultimo argomento: i magistrati difendono i “poveri” e i deboli anche dagli assalti del potere politico. Lo abbiamo visto anche recentemente negli scontri tra magistratura e governo sul destino dei migranti. Vero. Ma a difendere i migranti sono stati soprattutto i giudici, non i Pm. Continueranno a farlo con la separazione delle carriere e lo faranno in una situazione di maggiore libertà. Anche questo è un fattore positivo. Infine. Si dice che con questa riforma si tende a subordinare l’ufficio del Pm al potere politico. Questo semplicemente non è vero. Non è scritto in nessuna riga della riforma. L’autonomia del Pm è assolutamente garantita dalla Costituzione. Sarebbe meglio non portare in campagna elettorale argomenti falsi.
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