Ssense si salva dalla cessione forzata: 40 milioni per il rilancio

Ssense ha ottenuto dal tribunale superiore del Québec l’autorizzazione a restare indipendente e a procedere con un piano di ristrutturazione, evitando una vendita forzata imposta dai creditori. Avvalendosi del Companies’ Creditors Arrangement Act (CCAA) canadese, il retailer di lusso multimarca potrà gestire i propri debiti in autonomia mantenendo le operazioni attive mentre lavora a un piano di ristrutturazione.
A fronte di un debito totale pari a 371 milioni di dollari (circa 315,9 milioni di euro al cambio di oggi) – di cui 229 milioni dovuti a banche e partner commerciali –, l’azienda ha già messo a disposizione 40 milioni di dollari in finanziamenti provvisori, 15 milioni dei quali provenienti da istituti bancari e 25 milioni dalla famiglia fondatrice, sufficienti a coprire costi operativi e personale durante la fase di ristrutturazione. Il finanziamento consentirà a Ssense di sostenere gli acquisti per la stagione autunno-inverno e garantire la continuità operativa con fornitori e partner chiave. Il processo di vendita e investimento prevede le prime offerte entro il 13 ottobre e una chiusura entro fine anno. L’obiettivo è salvaguardare circa 900 dei 1.160 dipendenti della sede di Montréal.
I fondatori, il CEO Rami Atallah e i fratelli Firas e Bassel, resteranno alla guida dell’azienda. La famiglia Atallah, che non considera la vendita come opzione prioritaria, si riserva comunque la possibilità di valutarla in futuro. L’obiettivo immediato è invece attrarre nuovi investimenti o rifinanziamenti, rilanciare l’offerta di prodotti a prezzo pieno e rafforzare il posizionamento del marchio in un mercato in trasformazione. “Con il supporto dei nostri finanziatori ora disponiamo delle basi per sviluppare e attuare un piano di ristrutturazione volto a garantire il futuro a lungo termine di Ssense”, ha dichiarato il CEO Atallah.
Ssense attribuisce la propria situazione principalmente ai difficili rapporti commerciali con gli Usa, che rappresentano il 60% delle vendite complessive, a causa dell’imposizione di tariffe doganali sulle importazioni canadesi da parte degli Stati Uniti, la perdita dell’esenzione ‘de minimis’ che permetteva spedizioni sotto gli 800 dollari negli Stati Uniti senza dazi, l’aumento dei tassi d’interesse, la gestione delle scorte invendute e il calo della domanda nel settore del lusso. Negli ultimi mesi, infatti, le vendite di Ssense sono diminuite di oltre il 20% nel 2024 e i margini si sono ridotti significativamente rivelando fallimentare il modello basato su sconti frequenti e sulla Gen Z.
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