Affitti in crescita e sussidi congelati: la crisi che lascia Londra senza casa
A Londra, trovare un affitto accessibile è ormai un’impresa disperata. Gli appartamenti si moltiplicano sui portali immobiliari, ma i prezzi sono irraggiungibili per la maggior parte dei cittadini. Nel frattempo, i sussidi pubblici restano fermi, come se il mercato fosse immobile. È questa la contraddizione che sta spingendo migliaia di famiglie sull’orlo della povertà abitativa, in una delle città più ricche del mondo. Secondo un’inchiesta di BBC News, il congelamento del Local Housing Allowance – il contributo statale che dovrebbe aiutare i cittadini a pagare l’affitto – sta avendo effetti devastanti: intere famiglie costrette a scegliere tra mangiare o mantenere un tetto sopra la testa, mentre cresce il numero di chi si ritrova improvvisamente senza casa.
Il paradosso dell’Inghilterra del caro affitti
L’Inghilterra è oggi teatro di una crisi abitativa senza precedenti. Gli affitti privati sono aumentati in media del 20% nell’ultimo anno, con punte che a Londra superano il 23%. Ma il sussidio pubblico che dovrebbe garantire un equilibrio – il Local Housing Allowance (LHA) – è rimasto quasi immobile dal 2016. Solo nel 2024, dopo forti pressioni sociali, il governo ha concesso un riallineamento temporaneo, riportando i contributi al 30° percentile del mercato, ma l’effetto è stato effimero. Gli affitti hanno continuato a salire, lasciando dietro di sé un abisso economico.
Il risultato è un sistema che non protegge più nessuno. Secondo la Resolution Foundation, in quartieri come Hackney, Haringey o Barking & Dagenham, il divario medio tra l’importo coperto dal LHA e il reale costo di affitto è oggi di oltre £350 al mese. Questo significa che chi riceve il sussidio deve compensare di tasca propria, spesso sottraendo denaro a spese essenziali come il cibo o il riscaldamento.
Gli effetti di questa sproporzione sono visibili nei dati ufficiali: quasi la metà delle 1,6 milioni di famiglie che percepiscono Universal Credit e vivono in affitto privato non riescono a coprire interamente i costi abitativi. E il problema non riguarda più solo chi è disoccupato. Tra i nuovi richiedenti ci sono insegnanti, infermieri, lavoratori dei trasporti: professioni che un tempo garantivano stabilità, ma che oggi non bastano più a sostenere la vita nella capitale.
La BBC racconta di famiglie che spendono oltre il 60% del proprio reddito in affitto, e di giovani costretti a condividere stanze in appartamenti sovraffollati. In alcuni casi, persino genitori single con figli vengono sfrattati perché il LHA non copre il nuovo prezzo imposto dal proprietario. A nulla valgono i ricorsi ai consigli comunali, ormai sommersi dalle richieste di alloggi temporanei.
Il congelamento del sussidio, infatti, non è una questione tecnica: è un meccanismo politico che ha effetti sociali profondi. L’idea alla base del blocco era contenere la spesa pubblica, ma nel farlo si è sacrificato il diritto alla casa. Come spiega la direttrice di Shelter, Alicia Walker, “le persone oggi devono scegliere tra pagare l’affitto o fare la spesa. È una scelta che in un Paese civile non dovrebbe mai esistere”.
A Londra, la crisi si manifesta in forme estreme. I quartieri popolari dell’East End – un tempo rifugio per famiglie operaie e immigrati – stanno cambiando volto: gli affitti spingono via i residenti storici, sostituiti da professionisti internazionali e da un turismo residenziale che frammenta le comunità. Allo stesso tempo, i centri di accoglienza vedono aumentare il numero dei “nuovi senzatetto”: persone che hanno un lavoro, ma non un tetto.
Vite sospese: storie di chi non può più permettersi Londra
Dietro i numeri freddi della crisi abitativa si nascondono vite sospese, persone comuni che vedono lentamente sgretolarsi la propria quotidianità. Le statistiche diventano volti, e ogni cifra racconta una storia di precarietà. Una delle più emblematiche è quella di Esther Planas, artista di 65 anni che vive a Hackney, quartiere simbolo della gentrificazione londinese. Esther riceve Universal Credit e abita in un piccolo appartamento di edilizia privata, un rifugio che negli ultimi anni è diventato insostenibile. Nel 2023, il suo proprietario ha tentato di aumentare l’affitto di £500 al mese. Dopo l’intervento del consiglio comunale, l’aumento è stato ridotto a £200, ma la differenza resta enorme. “Il sussidio copre appena il necessario”, ha raccontato alla BBC. “È come camminare nelle sabbie mobili: non c’è mai stabilità sotto i piedi. Ogni mese temo che un nuovo aumento mi butti per strada.”
Hackney, un tempo zona operaia, è oggi tra i quartieri più costosi d’Europa. Gli affitti medi per un appartamento con una camera superano £1.800 al mese, mentre il LHA locale copre in media £1.450, lasciando un vuoto di oltre £350. È un divario che nemmeno chi lavora riesce più a colmare. Non a caso, le richieste di aiuto per sfratto o sistemazione temporanea nel borough sono cresciute del 40% in due anni.
Secondo la Hackney Food Bank, l’effetto domino è evidente: l’aumento degli affitti trascina con sé povertà alimentare, isolamento e problemi di salute mentale. La direttrice, Jenna Fassa, ha raccontato alla stampa che il centro assiste un numero sempre maggiore di “lavoratori poveri”: infermieri, insegnanti, poliziotti, persone con un impiego regolare che tuttavia non riescono a far fronte al costo della vita. “Vengono da noi con la divisa addosso, vergognandosi di chiedere aiuto”, spiega. “È il segno che la povertà non è più una condizione marginale, ma una realtà diffusa.”
Anche le famiglie con bambini sono tra le più colpite. Shelter ha registrato un incremento del 30% di famiglie con minori costrette a trasferirsi in alloggi temporanei, spesso in quartieri lontani, spezzando legami scolastici e sociali. Molti vivono in camere d’albergo, in B&B o in appartamenti condivisi con altre famiglie. Alcuni bambini fanno i compiti seduti sui letti, senza un tavolo né uno spazio personale. “È un trauma silenzioso – ha dichiarato la direttrice Alicia Walker – perché i bambini crescono senza la certezza di un luogo da chiamare casa.”
Ma la crisi non è confinata all’East London. Nel sud della capitale, a Lewisham e Croydon, la situazione è altrettanto grave. Gli uffici comunali ricevono ogni settimana decine di richieste di emergenza abitativa da parte di cittadini sfrattati. Alcuni finiscono in ostelli sovraffollati, altri in sistemazioni temporanee fuori città. Una donna di 42 anni, intervistata dalla Crisis UK, racconta: “Lavoro come assistente in un asilo, ma metà del mio stipendio va in affitto. Quando il padrone di casa ha aumentato il prezzo di £300, non ho potuto far nulla. Ora vivo con mia figlia in una stanza a Walthamstow. Non abbiamo più un soggiorno, né privacy. È come se la mia vita si fosse ristretta.”
Dietro ogni testimonianza emerge una stessa sensazione: quella di essere intrappolati in un sistema che non protegge più. Gli affitti aumentano in modo incontrollato, i proprietari possono imporre rincari arbitrari, e il LHA resta fermo a cifre che non riflettono la realtà. Gli esperti parlano di una “crisi invisibile”, fatta non solo di senzatetto per le strade, ma di centinaia di migliaia di persone che dormono ogni notte in condizioni precarie, in case insicure, fredde o sovraffollate.
Anche la Resolution Foundation ha stimato che solo il 3% degli immobili oggi presenti sul mercato britannico è accessibile ai percettori di sussidi abitativi. In pratica, su cento case in affitto, novantasette sono fuori portata per chi riceve un aiuto pubblico. “È una distorsione che non si può più ignorare”, ha commentato l’economista Lindsay Judge, autrice del rapporto. “Stiamo creando un Paese dove la casa è un privilegio, non un diritto.”
Nel frattempo, cresce anche il fenomeno della homelessness nascosta: persone che non compaiono nelle statistiche ufficiali perché trovano rifugio temporaneo da amici o parenti, dormono in auto o in stanze senza contratto. Si stima che a Londra almeno 70.000 persone vivano in questa condizione. Non si vedono, ma esistono. E rappresentano il volto più vulnerabile di una città che continua a definirsi globale, ma dove per molti il sogno londinese è diventato insostenibile.
Il sistema al collasso: numeri, responsabilità e il peso del congelamento del LHA
Il congelamento del Local Housing Allowance (LHA) è diventato uno dei nodi più critici della politica abitativa britannica. Nato per garantire che le famiglie con basso reddito potessero permettersi un affitto nel settore privato, il LHA avrebbe dovuto adattarsi all’andamento del mercato immobiliare locale. Ma da quasi un decennio, questa promessa non è più mantenuta. Dal 2016 a oggi, le tariffe sono rimaste quasi ferme, con l’eccezione del riallineamento del 2024, che riportò il sussidio al 30° percentile degli affitti medi. Un intervento definito “una goccia nel mare” dagli analisti di Shelter, perché nel giro di pochi mesi l’aumento dei canoni aveva già cancellato ogni beneficio reale.
Secondo i dati dell’Office for National Statistics, gli affitti privati nel Regno Unito sono cresciuti in media del 19% in un anno, con picchi che a Londra superano il 23%. In parallelo, l’inflazione generale nello stesso periodo si è attestata intorno al 3%. Ciò significa che il costo della casa cresce sette volte più rapidamente del costo della vita. Di fronte a questa realtà, il LHA congelato agisce come un freno rotto: incapace di contenere l’impatto sociale del mercato.
Le conseguenze sono gravi. Nel 2025 il numero di famiglie in sistemazioni temporanee ha raggiunto il livello più alto mai registrato, secondo una ricerca congiunta di Crisis e The Guardian. In Inghilterra, oltre 110.000 famiglie si trovano in alloggi di emergenza, di cui poco meno della metà nella sola Londra. Molte vivono in stanze d’albergo, container abitativi o vecchie strutture dismesse. “È una crisi che non nasce da una catastrofe naturale, ma da una scelta politica”, ha dichiarato Matt Downie, direttore di Crisis UK.
Il governo difende la propria linea sostenendo che il congelamento del LHA serva a contenere la spesa pubblica e a incentivare la costruzione di nuove abitazioni. Un portavoce del Department for Work and Pensions ha dichiarato alla BBC: “Abbiamo riallineato temporaneamente il LHA e stiamo investendo 7 miliardi di sterline in cinque anni per aiutare le famiglie. Inoltre, puntiamo alla costruzione di 1,5 milioni di case entro il 2030.” Tuttavia, le organizzazioni indipendenti contestano la narrativa ufficiale. Secondo Shelter e Resolution Foundation, i nuovi fondi promessi non bastano a compensare un decennio di stagnazione dei sussidi e di crescita incontrollata del mercato privato.
Il problema principale è strutturale: il LHA non è indicizzato automaticamente agli affitti reali, ma a una griglia nazionale aggiornata con ritardi di anni. Questo significa che in molte aree metropolitane, soprattutto a Londra e nel Sud-Est, il sussidio copre solo una minima parte del costo effettivo. In zone come Camden, Islington e Brent, le famiglie a basso reddito ricevono contributi che coprono in media meno del 70% del canone. La differenza, spesso centinaia di sterline al mese, viene colmata con debiti o rinunce a spese essenziali.
Gli effetti macroeconomici di questa politica si fanno sentire anche sul sistema sanitario e sociale. I comuni londinesi spendono cifre record per i programmi di emergenza abitativa: nel solo 2024, la Greater London Authority ha speso oltre £1,3 miliardi per ospitare famiglie in hotel e alloggi temporanei. A questo si aggiunge l’impatto sanitario: medici e assistenti sociali denunciano un aumento dei casi di depressione, insonnia e malattie respiratorie legate a condizioni abitative precarie.
Ma c’è anche una dimensione politica più profonda. Da anni il Regno Unito si trova diviso tra la necessità di controllare la spesa sociale e quella di garantire il diritto alla casa. I governi conservatori hanno spesso presentato il congelamento del LHA come una misura di “responsabilità fiscale”, ma gli effetti a catena mostrano una realtà più dura: la riduzione dell’intervento pubblico non ha contenuto i costi, li ha semplicemente spostati su altri fronti. Come sottolinea la London Renters Union, “ogni sterlina risparmiata dallo Stato in sussidi si traduce in una sterlina spesa dai cittadini in povertà o dai comuni in emergenze abitative.”
La situazione londinese è il cuore pulsante di un problema nazionale. Il mercato immobiliare della capitale influenza l’intero sistema britannico, trascinando verso l’alto i prezzi anche nelle contee limitrofe. Quartieri come Enfield, Barkinge Hounslow stanno diventando rifugi per le famiglie espulse dal centro, ma gli affitti in queste zone crescono con la stessa rapidità. Il risultato è un’onda lunga di precarietà che si estende dalla City fino all’Essex, cancellando la distinzione tra periferia e emergenza.
Secondo la National Residential Landlords Association, anche molti piccoli proprietari si trovano in difficoltà. Il presidente Ben Beadle ha dichiarato che “il congelamento del LHA non aiuta nessuno: mette in difficoltà gli inquilini, ma anche i landlord che vogliono mantenere contratti regolari. Il risultato è che sempre più appartamenti vengono ritirati dal mercato a favore degli affitti a breve termine, aggravando la carenza di case disponibili.”
Dietro il linguaggio dei numeri, la crisi del LHA è una crisi morale. È il sintomo di un sistema che, nel tentativo di ridurre la spesa, ha dimenticato il suo scopo originario: garantire un’abitazione dignitosa a chi lavora o cerca lavoro. Londra, capitale mondiale della finanza e delle disuguaglianze, è oggi il laboratorio di questa contraddizione. E finché il sussidio resterà congelato, ogni nuovo aumento d’affitto continuerà a spingere un’altra famiglia verso l’orlo del baratro.
Gli effetti umani e invisibili della crisi: salute, istruzione e comunità spezzate
Se le cifre raccontano l’entità economica della crisi abitativa, i suoi effetti umani rivelano una realtà ancora più profonda e difficile da quantificare. Londra sta diventando una città spaccata in due: da un lato il centro, abitato da chi può permettersi affitti da capogiro o case di proprietà; dall’altro una periferia sempre più ampia, fatta di famiglie sradicate, studenti, lavoratori precari e pensionati che vivono al limite della sopravvivenza. Il congelamento del Local Housing Allowance non è solo un problema di politica economica: è una ferita sociale che sta trasformando la vita quotidiana di migliaia di persone.
Uno degli effetti più evidenti è l’impatto sulla salute mentale e fisica. Le persone costrette a vivere in alloggi insicuri, sovraffollati o temporanei sviluppano un senso costante di instabilità e ansia. Secondo uno studio del National Health Service, i disturbi legati all’insicurezza abitativa sono aumentati del 27% negli ultimi tre anni. Si tratta di depressione, insonnia, disturbi alimentari e problemi respiratori causati da ambienti malsani o umidi. “Vediamo sempre più pazienti che arrivano in ambulatorio esausti, privi di energia, con sintomi di stress cronico – spiega la dottoressa Amrita Patel, medico di base a Tottenham –. Non si tratta solo di povertà, ma della costante paura di perdere il proprio spazio nel mondo.”
Le conseguenze non si limitano alla salute. Anche l’istruzione dei bambini è colpita duramente. Secondo un rapporto di Shelter, oltre 150.000 studenti in Inghilterra vivono in sistemazioni temporanee. Molti di loro devono spostarsi ogni pochi mesi, cambiando scuola e amici. In alcuni casi i bambini fanno i compiti su letti o pavimenti, senza un tavolo né una stanza tranquilla. Gli insegnanti raccontano di alunni che si addormentano in classe, incapaci di concentrarsi perché passano le notti in spazi affollati o rumorosi. “Ogni volta che una famiglia viene spostata, un bambino perde continuità educativa”, afferma la preside Margaret Lewis della primaria di Hackney Downs. “È una perdita invisibile ma devastante, perché compromette le basi stesse della crescita.”
Anche le comunità locali pagano un prezzo altissimo. L’aumento degli affitti e il blocco dei sussidi spingono le famiglie a lasciare i quartieri dove hanno vissuto per anni, rompendo reti sociali, amicali e di mutuo aiuto. A Hackney, Islington o Peckham, molte strade un tempo vive di vicinato sono oggi popolate da inquilini di passaggio, turisti o studenti temporanei. “Quando una famiglia se ne va, non perde solo la casa, ma un pezzo di identità,” spiega Paula Gomez, attivista della London Renters Union. “E quando decine di famiglie vengono costrette a spostarsi, un intero quartiere smette di essere una comunità.”
La homelessness nascosta, come la definisce Crisis, è il volto più inquietante di questa emergenza. Si tratta di persone che non dormono per strada ma vivono in condizioni precarie, spesso senza un contratto, ospiti da amici o in camere affittate al nero. Secondo la Crisis UK, nel solo territorio londinese oltre 70.000 persone si trovano in questa situazione. Sono giovani che lavorano nei servizi pubblici, madri single, migranti, lavoratori della ristorazione o della logistica. “Non li vediamo sotto i ponti, ma sono parte di una nuova classe invisibile,” afferma Matt Downie, CEO di Crisis. “Il rischio è che diventino i senzatetto di domani.”
Anche il sistema sanitario e assistenziale è messo a dura prova. Gli ospedali registrano un aumento di accessi legati a patologie da freddo o stress, mentre i centri di salute mentale pubblici segnalano un incremento di richieste di terapia tra chi vive in alloggi temporanei. La Greater London Authority stima che la precarietà abitativa costi ogni anno oltre 2 miliardi di sterline in cure e supporti sociali indiretti. Si tratta di un circolo vizioso: la mancanza di una casa stabile genera problemi di salute, che a loro volta rendono più difficile lavorare o pagare l’affitto, in un ciclo di esclusione difficile da spezzare.
Ma la crisi non è solo materiale: è anche morale e culturale. La retorica politica sulla “meritocrazia” e sulla “disciplina economica” si scontra con la realtà di una capitale in cui persino chi lavora a tempo pieno non può permettersi un tetto. La BBC cita il caso di un pompiere costretto a dormire nel furgone di servizio perché l’aumento dell’affitto lo aveva reso insolvente. Storie come questa, un tempo eccezionali, stanno diventando normali.
Molti londinesi parlano oggi di una perdita collettiva di fiducia. Non si tratta solo di non potersi permettere una casa, ma di sentire che la città stessa – un tempo simbolo di opportunità – si sta chiudendo a chi la abita davvero. “Londra non è più per noi”, dice Karen Mullen, insegnante di Waltham Forest. “È per chi arriva da fuori, per chi compra e non per chi vive.” Le sue parole riassumono una sensazione diffusa: quella di una capitale che, mentre cresce in ricchezza, si svuota di appartenenza.
La crisi del LHA e degli affitti non è quindi solo una questione di bilancio, ma di giustizia sociale. Perché una città che esclude i propri lavoratori, che costringe i bambini a vivere in stanze d’albergo e gli anziani a temere lo sfratto, non è una città sostenibile. È una città che ha perso la sua promessa di equilibrio.
Prospettive e possibili soluzioni: quale futuro per il diritto alla casa nel Regno Unito
Il futuro del diritto alla casa nel Regno Unito si gioca oggi sul confine fragile tra volontà politica e pressione sociale. Dopo anni di tagli e congelamenti, il sistema dell’assistenza abitativa è giunto al limite. Organizzazioni come Shelter, Crisis e la Resolution Foundation avvertono che senza un intervento strutturale, la crisi diventerà cronica. L’appello è unanime: occorre scongelare immediatamente il Local Housing Allowance, riallineandolo ai prezzi reali di mercato, e avviare parallelamente una nuova stagione di edilizia sociale. Ma la risposta politica è ancora incerta.
Nel 2024, il governo ha annunciato un piano da 7 miliardi di sterline per sostenere i beneficiari del LHA e un progetto di costruzione di 1,5 milioni di abitazioni entro il 2030. Tuttavia, come osserva Ben Beadle della National Residential Landlords Association, “senza una riforma del meccanismo di calcolo, ogni riallineamento temporaneo è destinato a fallire”. Il problema non è solo l’ammontare del sussidio, ma la sua natura: legato a parametri statici, non segue le oscillazioni del mercato immobiliare, specialmente a Londra e nel Sud-Est.
Una delle proposte più discusse è l’introduzione di un aggiornamento automatico del LHA su base annuale, indicizzato agli affitti medi del mercato locale. In questo modo, il sostegno statale si adatterebbe ai cambiamenti reali e non a proiezioni obsolete. Parallelamente, le associazioni dei locatari chiedono l’istituzione di un tetto legale agli aumenti degli affitti, sul modello tedesco (Mietpreisbremse), che limiti la crescita dei canoni al di sopra dell’inflazione. Una misura che potrebbe contenere gli abusi dei proprietari, ma che incontra resistenze politiche e finanziarie.
Il Labour Party, nei suoi documenti programmatici, ha promesso una “riforma radicale” dell’edilizia pubblica, con la costruzione di almeno 100.000 case popolari all’anno e l’introduzione di un sistema di affitti calmierati. Il partito di opposizione propone inoltre una revisione complessiva del Universal Credit, includendo un calcolo più equo dei costi abitativi. “Non si può combattere la povertà ignorando la casa – ha dichiarato la leader Angela Rayner – perché senza un tetto stabile non esiste sicurezza, né dignità.”
Anche Crisis UK ha avanzato una proposta concreta: creare un National Homelessness Prevention Fund, un fondo dedicato alla prevenzione degli sfratti e alla mediazione tra inquilini e proprietari. L’obiettivo sarebbe evitare che i casi di arretrato si trasformino in sfratti giudiziari, con un risparmio stimato di 500 milioni di sterline l’anno per i consigli comunali. “È più economico e umano prevenire la senzatetto che gestirla”, sostiene Matt Downie, CEO dell’organizzazione.
Sul fronte governativo, invece, la linea resta cauta. L’esecutivo guidato da Rishi Sunak continua a parlare di “disciplina fiscale” e di “sostegno mirato”, ma evita di impegnarsi su un riallineamento permanente del LHA. “Abbiamo già aumentato il sussidio nel 2024 e stiamo lavorando per ridurre l’inflazione”, ha dichiarato un portavoce del Department for Work and Pensions. Ma la realtà, secondo gli enti locali, è che le liste d’attesa per un alloggio pubblico non accennano a diminuire. Solo a Londra, più di 300.000 famiglie attendono una casa sociale, mentre il mercato privato continua a drenare risorse e fiducia.
Intanto, le città inglesi osservano modelli alternativi. A Manchester e Bristol, alcuni comuni hanno sperimentato partnership pubblico-private per costruire alloggi accessibili, vincolando gli sviluppatori a mantenere affitti al di sotto del 60% del mercato. A Londra, progetti simili si scontrano con la scarsità di spazi edificabili e con l’altissimo valore dei terreni. Tuttavia, gli esperti ritengono che solo un piano coordinato tra governo centrale, comuni e settore privatopotrà invertire la tendenza.
Oltre agli aspetti economici, la crisi abitativa solleva questioni morali e identitarie. La casa, nel Regno Unito, è sempre stata simbolo di sicurezza e orgoglio nazionale. Oggi rischia di diventare un privilegio. “Stiamo costruendo una società dove chi lavora duro non può più vivere dignitosamente,” scrive la sociologa Anna Coote della New Economics Foundation. “Il diritto alla casa è il fondamento di ogni altro diritto sociale: senza di esso, tutto il resto vacilla.”
Londra resta il cuore di questa battaglia. Una città che continua ad attrarre talenti, studenti e investimenti, ma che allo stesso tempo espelle i suoi abitanti storici. Se non verranno introdotte misure strutturali, la capitale rischia di diventare una metropoli polarizzata: un centro vetrina per i ricchi e una periferia di sopravvivenza per tutti gli altri. Come avverte Shelter, “ogni anno di inazione significa altre decine di migliaia di bambini costretti a vivere in stanze temporanee. È una generazione intera che cresce senza radici.”
In questo scenario, il ritorno a una politica della casa come bene pubblico – e non come semplice merce di mercato – sembra l’unica via possibile. Ripensare il sistema dei sussidi, investire nell’edilizia sociale, contenere gli affitti e proteggere i lavoratori poveri: sono le basi per restituire equilibrio a un Paese che rischia di smarrire la propria coesione. Londra, la città che per secoli ha rappresentato la promessa di una vita migliore, non può permettersi di diventare un simbolo di esclusione. Il diritto alla casa, oggi più che mai, è la frontiera della giustizia sociale britannica.
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