Al vertice europeo c’è in gioco il futuro del Green Deal. Von der Leyen: “Alle porte una crisi sulle materie critiche”

Ottobre 23, 2025 - 08:30
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Al vertice europeo c’è in gioco il futuro del Green Deal. Von der Leyen: “Alle porte una crisi sulle materie critiche”

Dall’inviato a Strasburgo – Competitività e decarbonizzazione, due poli opposti che ancora non si attraggono. Ma che l’Unione europea è chiamata – a partire dal vertice dei capi di stato e di governo in agenda domani (23 ottobre) – a legare indissolubilmente. Alla vigilia del Consiglio europeo, Ursula von der Leyen presenta all’emiciclo di Strasburgo la via per risolvere l’equazione. E lo fa con una domanda: “La questione è se vogliamo raccogliere i frutti del boom globale delle tecnologie pulite o lasciare che siano altri a trarne profitto”.

Lei, la leader Ue, non ha dubbi: “L’Europa deve controllare le tecnologie che plasmeranno il nostro futuro”, ha affermato in Aula. La transizione verde, così inquadrata, è una necessità storica, un obbligo per la sicurezza energetica e “una grande opportunità economica”. La grande ritirata del Green Deal, attaccato negli ultimi mesi su più fronti, dagli Stati membri e dalla folta ala destra dell’Eurocamera, non si farà. Piuttosto, la transizione va piegata alle logiche della competitività, che – ha ricordato von der Leyen – “è al centro dell’attenzione della mia (seconda, ndr) Commissione sin dal primo giorno”.

Ursula von der Leyen all’emiciclo di Strasburgo, 22/10/25

Von der Leyen ha snocciolato alcuni dati. A livello Ue, “l’anno scorso le esportazioni di tecnologie pulite hanno raggiunto gli 80 miliardi di euro, quasi triplicandosi in sei anni”. Nel mondo, solo nel 2024 “sono stati aggiunti oltre 580 Gigawatt di energia rinnovabile”, nei prossimi cinque anni “si prevede che il mercato globale delle batterie raddoppierà”, mentre quello delle turbine eoliche “continua a crescere di oltre il 10 per cento all’anno”. E l’anno scorso, le vendite di auto elettriche in Asia, Africa e America Latina “sono aumentate del 60 per cento”. Insomma, “gli altri non stanno a guardare”.

Chi fa ancora meglio è la Cina, che “esporta quasi il doppio delle tecnologie pulite rispetto a noi“. Le esporta ovunque, Europa compresa. Ma, mentre l’Ue si dimena per liberarsi definitivamente dai combustibili fossili russi, “non possiamo permetterci di cadere in nuove e pericolose dipendenze”, perché “in qualsiasi momento, tali dipendenze possono trasformarsi in strumenti di pressione”. Von der Leyen ha suonato l’allarme: “Una crisi nell’approvvigionamento di materie prime essenziali non è più un rischio lontano. È alle nostre porte”, ha annunciato all’emiciclo.

La stretta varata da Pechino sull’export di terre rare e tecnologie correlate sta alimentando le tensioni con Washington e Bruxelles e fa paura. Per far fronte a un’eventuale crisi, la presidente della Commissione europea ha in mente tre mosse. “In primo luogo, introdurremo un criterio made in Europe per gli appalti pubblici
in alcuni settori strategici”, ha affermato. Nel contempo, “dovremmo garantire che i nuovi investimenti stranieri nella nostra industria siano realmente nell’interesse dell’Europa”. Infine, “intensificheremo il sostegno ad alcuni settori strategici“. Tra cui l’industria delle batterie e quella dell’automotive.

Le reazioni dei gruppi politici

Dalla crisi dell’auto europea è partito il presidente del Partito Popolare, Manfred Weber, che ha preso la parola in Aula dopo von der Leyen. “In Germania, metà dei posti di lavoro persi nell’ultimo anno riguardavano il settore automobilistico”. Lo stesso crollo “vale per Francia, Spagna, Italia e Romania”. Nel percorso di decarbonizzazione, “dobbiamo essere ambiziosi ma pragmatici”, ha aggiunto. Weber – tedesco e popolare come von der Leyen – ha affrontato in breve gli altri temi del vertice di domani: l’Ucraina, la difesa, il Medio Oriente, il clima e la competitività. “È il momento della verità sul ruolo globale dell’Europa“, ha evidenziato.

Per la capogruppo socialista (S&d), Iratxe Garcia Perez, i capi di stato e di governo dell’Ue devono “mantenere l’obiettivo del 90 per cento di riduzione delle emissioni al 2040″ e “trasformarlo in legge”. La famiglia socialdemocratica chiede “una legge europea per l’adattamento climatico”, che prepari i Paesi membri “alla siccità, le ondate di calore e gli incendi”, e un Fondo sociale per il clima “più ambizioso, che colleghi giustizia climatica e giustizia sociale”.

Il capogruppo dei Verdi, Bas Eickhout, all’emiciclo di Strasburgo

Il presidente del gruppo sovranista dei Patrioti, Jordan Bardella, ha puntato il dito contro “il fardello normativo di Bruxelles”, mentre per il capogruppo dei Verdi, Bas Eickhout, “mettere in discussione il Green Deal significa gettare al vento il futuro dell’Europa”. Il gruppo ecologista è sulle barricate: “Domani assisteremo al più grande attacco al Green Deal da parte dei capi di Stato e di governo”, ha avvertito Eickhout, secondo cui l’agenda di semplificazione normativa varata da Bruxelles non solo “non aiuta, perché crea incertezze”, ma andrebbe chiamata con il suo vero nome, “deregolamentazione”.

Alla fine, l’assist a von der Leyen lo serve la capogruppo dei liberali di Renew, Valerie Hayer: “La decarbonizzazione è la chiave della nostra competitività“, ha affermato, promettendo fedeltà all’agenda di transizione energetica della Commissione europea.

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