Altro che pale eoliche sterminatrici di uccelli, la principale minaccia per la biodiversità sono i combustibili fossili

L'Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn), ovvero la più grande rete di enti di protezione della natura al mondo, ha approvato la Mozione 042 riconoscendo per la prima volta in modo formale che l'estrazione e la produzione di combustibili fossili sono una minaccia per la natura.
L'Accordo di Parigi si concentra sulle emissioni, non sull'estrazione. La Convenzione sulla diversità biologica protegge le specie, ma non dall'espansione industriale che ne distrugge gli habitat. Gli sforzi di conservazione si erano fino a oggi concentrati sui sintomi e avevano trascurato una delle cause principali. Adesso le cose sono cambiate grazie alla mozione, sostenuta dal governo di Vanuatu – composto da piccole isole nell’oceano Pacifico che stanno letteralmente affondando a causa della crisi climatica in corso – e co-sponsorizzata da una serie di organizzazioni non governative ambientaliste, tra cui il Wwf.
Ogni fase della produzione di combustibili fossili, dall'estrazione alla combustione, distrugge gli ecosistemi che ci sostengono. Deturpa i paesaggi, inquina i fiumi e alimenta l'inquinamento atmosferico. I combustibili fossili – commentano gli ambientalisti del Panda nazionale – sono in gran parte responsabili dell'acidificazione degli oceani e di oltre l'86% delle emissioni di carbonio nell'ultimo decennio, rendendoli la causa principale sia della crisi climatica che di quella della biodiversità».
La mozione 042 riconosce che attualmente non esiste un quadro globale coerente per gestire una riduzione equa e rapida dei combustibili fossili, per questo incoraggia a sviluppare un percorso di transizione dal carbone, dal petrolio e dal gas in modo equo e giusto, proteggendo al contempo i lavoratori e le comunità con una transizione equa; al contempo, incoraggia la creazione di zone di esclusione dei combustibili fossili in aree ad alta biodiversità, come l'Artico, l'Amazzonia, le barriere coralline e gli ecosistemi marini protetti.
Soprattutto, la mozione invita gli Stati ad affrontare la lacuna nella governance internazionale dell'approvvigionamento di combustibili fossili attraverso una serie di strumenti e meccanismi giuridici, tra cui un potenziale Trattato di non proliferazione dei combustibili fossili.
«La speranza per la natura inizia dove finiscono i combustibili fossili – sottolineano dal Wwf – È la prima volta nella storia che un'importante istituzione multilaterale riconosce la potenziale necessità di sviluppare nuovi quadri globali per gestire l'eliminazione graduale dei combustibili fossili».
La mozione 042 è stata adottata insieme alla mozione 038, che sottolinea ulteriormente l'attuazione degli obiettivi dell'Accordo di Parigi, compresa una transizione giusta, ordinata ed equa dall'uso dei combustibili fossili nei sistemi energetici, e alla mozione 141, che ha accolto con favore il parere consultivo della Corte internazionale di giustizia (Icj), dove si afferma che gli Stati hanno l'obbligo giuridico di prevenire i danni climatici e proteggere i diritti delle generazioni future.
«Nel loro insieme, queste decisioni segnano una svolta. Non possiamo raggiungere i nostri obiettivi di conservazione con l'attuale politica energetica. La natura non può essere protetta mentre il mondo continua a scavare, perforare e bruciare», concludono dal Wwf.
Dunque, che fare? La risposta è sempre la stessa: per abbandonare rapidamente i combustibili fossili occorre fare spazio all’efficienza energetica (che peraltro ha fatto risparmiare all’Italia qualcosa come 50 miliardi di euro in 23 anni) e alla diffusione degli impianti rinnovabili (gli impianti solari ed eolici di nuova installazione hanno fatto risparmiare in Ue 100 miliardi di euro solo nel 2021-23).
Non è una novità: ormai da tempo il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Ipcc) spiega che non ci sono tecnologie più efficienti delle rinnovabili – in particolare eolico e fotovoltaico – per abbattere rapidamente le emissioni di gas serra. Nonostante questo, comitati Nimby, amministrazioni Nimto, alcune associazioni “ambientaliste” e detrattori della transizione ecologica convergono nel sostenere che gli impianti rinnovabili siano una minaccia per i paesaggi e la biodiversità – chi non ha mai sentito accusare le pale eoliche di essere sterminatrici di uccelli? –, quando invece ormai anche l'Unione internazionale per la conservazione della natura ha ufficialmente messo nel mirino i reali responsabili delle crisi ambientali in corso: i combustibili fossili.
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